Sui balneari un colpo alla maggioranza e un assist per Meloni
Dopo la sentenza della Corte di giustizia, la premier può costringere le forze politiche più riottose ad accettare le gare, pur valorizzando l’apporto dei concessionari
Meno di due mesi fa, malgrado la controversa decisione della maggioranza di utilizzare il decreto milleproroghe per rinviare ulteriormente le gare per le concessioni balneari, il presidente della Repubblica ha promulgato la legge di conversione, ma ha espresso riserve sull’incompatibilità di quella scelta con il diritto europeo. La fondatezza delle sue riserve è confermata dall’attesa sentenza della Corte di giustizia, che respinge tutti gli argomenti di quanti si oppongono alle gare.
La vicenda, che trae spunto dalla controversia riguardante un ente locale, è istruttiva per più di un motivo. Anzitutto, alla base vi è il contrasto tra il comune di Ginosa e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il primo convinto che le norme nazionali consentissero di prorogare le concessioni balneari, la seconda impegnata nella promozione delle procedure ad evidenza pubblica, ai sensi della direttiva Ue sui servizi nel mercato interno, ossia la direttiva Bolkestein. In secondo luogo, il Tar leccese, chiamato a dirimere la controversia, non si è limitato a chiedere l’intervento della Corte di giustizia in via pregiudiziale. Ha anche espresso il proprio dissenso rispetto alla decisione con cui il Consiglio di stato, pur ritenendo che la direttiva fosse direttamente applicabile, ha differito gli effetti della propria pronuncia fino alla fine del 2013, per dare tempo al governo e al Parlamento di legiferare. In terzo luogo, nel giudizio instaurato davanti alla Corte di giustizia sono intervenute le tre istituzioni politiche dell’Ue – Commissione, Consiglio e Parlamento europeo – e altri due stati, Finlandia e Paesi Bassi. Ciò mostra che l’importanza delle questioni in gioco va ben al di là dell’ambito locale. Infatti, la Corte di giustizia ha colto l’occasione per fare chiarezza sulla validità e sugli effetti della direttiva. Ha ribadito che la direttiva Bolkestein è legittima, pur se adottata a maggioranza, non all’unanimità; che è direttamente applicabile; che si applica non soltanto ai servizi, ma a tutti gli usi del demanio marittimo, incluse le concessioni a fini turistici e ricreativi. Le conseguenze che ne discendono sono assai rilevanti. Le norme nazionali che prorogano le concessioni sono, quindi, illegittime e devono essere disapplicate non solo dai giudici, ma anche dalle pubbliche amministrazioni, inclusi gli enti locali, che devono basare le proprie determinazioni su “parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”.
Le conclusioni cui la Corte di giustizia è pervenuta hanno, altresì, conseguenze politiche. All’interno della Commissione europea, rafforzano la tesi che, poiché il nostro paese non ha adempiuto alla direttiva e non ha fornito adeguate giustificazioni, sia giunto il momento di passare alla fase successiva della procedura d’infrazione, formulando un parere vincolante. All’interno dell’assetto istituzionale italiano, riceve un’ulteriore conferma la richiesta del presidente della Repubblica di “ulteriori iniziative di governo e Parlamento”. All’interno della maggioranza, viene rinsaldata la posizione di quanti, prima del decreto milleproroghe, si erano sforzati di evitare una decisione incompatibile con il diritto europeo. Giorgia Meloni può, quindi, trarne vantaggio, costringendo le forze politiche più riottose ad accettare le gare, pur valorizzando l’apporto dei concessionari. L’auspicio è che sia valorizzato anche l’interesse al miglioramento della qualità dei servizi e, così, il benessere di tutti.