immigrazione
Un compromesso realistico in Senato sul decreto anti clandestini
Palazzo Madama approva il dl Cutro. La protezione speciale viene limitata, non abolita, e c'è l'impegno ad agire nel rispetto dei trattati internazionali. Difficile dire chi ha vinto, ma certo il principio di realtà alla fine ha avuto il suo peso
Il decreto sull’immigrazione clandestina approvato al Senato è il risultato di un confronto, persino di uno scontro tra la volontà di accontentare l’elettorato con promesse roboanti quanto inapplicabili e il principio di realtà, che richiede di tener conto dei fatti e non solo delle sensazioni. E’ difficile dire chi ha vinto, ma certo il principio di realtà, trascurato soprattutto dalla Lega, alla fine ha avuto il suo peso. Restano aspetti pasticciati, come il valore “universale” attribuito ai reati degli scafisti per i quali si applicano pene più severe, il che è giusto sempre che si riesca a catturarli e a giudicarli, ma è quasi impossibile da applicare a chi non sbarca sulle coste nazionali. C’è una limitazione, non un’abolizione, dei permessi di protezione speciale, ma c’è l’esplicito impegno ad agire nel rispetto dei trattati internazionali sottoscritti, il che sembrerebbe pleonastico visto che ogni governo li deve rispettare, ma un richiamo esplicito ha un valore politico rilevante nella situazione esistente.
Insomma il decreto, nelle sue parti applicabili, non è quella stretta insuperabile che era stata annunciata dagli esponenti più rissosi della Lega, mentre degli aspetti inapplicabili è persino inutile occuparsi, visto che resteranno solo sulla carta. In questo senso si può dire che l’onere di governare, che ha sempre l’esigenza di confrontarsi con la realtà, ha fatto il suo effetto. Il decreto non provoca danni irreparabili, e questo, viste le premesse da cui si partiva, è già un discreto risultato.
Il problema vero che resta è quello di gestire un processo sostanzialmente inarrestabile, che ha radici profonde e tanto più estese quanto più si allarga l’area di insicurezza, come ci ricordano le recenti vicende del Sudan. Ci si può e ci si deve impegnare perché il problema venga assunto dall’Unione europea come tema comune di intervento, senza dimenticare che in realtà l’Italia non è il paese europeo che deve rispondere a più richieste, ma intanto bisogna trovare il modo di dare risposte sull’immigrazione che, clandestina o no, c’è e se lasciata a se stessa renderà le nostre città sempre più inabitabili. E’ anche giusto cercare di limitare le partenze con una politica africana costruttiva e rispettosa, il cosiddetto piano Mattei, ma non ci si deve illudere che queste iniziative possano dare risposte in breve tempo e che sia semplice evitare che gli aiuti, anziché migliorare le aspettative delle popolazioni africane, finiscano con l’arricchire gruppi di potere locali politici ed economici. Non sono problemi semplici, sarebbe insensato dire che la difficoltà nasce dall’orientamento del governo e non da fattori oggettivi.
Quello che però si può rimproverare all’attuale maggioranza è di faticare a superare gli stereotipi propagandistici per concentrarsi sui problemi reali. Questo vale per tutti quelli che affrontano queste tematiche con slogan invece che con analisi, con dichiarazioni di intenti generiche invece che con proposte concrete e applicabili, e questo in vari casi vale anche per le opposizioni. Comunque il problema resta irrisolto e se qualcuno pensava che con un decreto, con qualsiasi decreto, lo si potesse superare, dovrebbe farsi vedere da uno bravo.
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