il reportage
Il Pd riparte da Matteotti. Cronaca di una mezza giornata con Schlein in trasferta
Il Partito democratico ha molte idee nuove: la prima è puntare sull’antifascismo. Il racconto dalla prima segreteria, convocata a Riano
I quaranta o cinquanta giornalisti arrivati da Roma hanno pressoché tutti un grande e deferente rispetto per la meditazione. Tuttavia il Sole picchia, e benché sia certamente un Sol dell’avvenire si avverte qualche principio di disidratazione e di svenimento. Sicché a un certo punto, dopo quasi quattro ore di attesa, si sviluppa una certa curiosa impazienza davanti a quei fondisti del pensiero, i membri della segreteria del Pd, rinchiusi dalla mattina in una specie di capanno di legno, a Riano, paese di diecimila abitanti alle porte di Roma noto per essere il luogo in cui venne rinvenuto il corpo senza vita di Giacomo Matteotti nel 1924. Dalle finestre del capanno, un circolo ricreativo (“ieri briscola, domani invece si balla il liscio”) si vede un tavolone da ultima cena, con Elly Schlein al centro. Ma non si sente niente. Staranno parlando dell’Ucraina? Delle armi? Della misteriosa fuga di Artem Uss? Su quale argomento di attualità staranno pensando di concentrare la prossima azione politica del Pd? Ecco Peppe Provenzano. “Inauguriamo la nuova segreteria nel nome di Matteotti”, dice. “Una scelta identitaria”, aggiunge. “Ma non del Pd”, precisa. “Dell’Italia intera”, esclama. Insomma, nel capanno, i ventitré membri della segreteria non stanno precisamente parlando di sviluppo e di terziario avanzato.
Come altri hanno una voglia di caffè o di fragola sulla guancia, il “nuovo” Pd sembra avere una voglia di epigrafe nel cervello. E pure i cronisti un po’ si adeguano. Dunque, alle spalle del capanno di legno, quasi accanto al barbecue, inseguono Pierfrancesco Majorino, già candidato alle regionali in Lombardia e adesso responsabile “diritto alla casa”. Majorino è uscito per fare dichiarazioni spontanee sull’“emergenza casa”, e i cronisti ovviamente gli chiedono se c’è anche un’emergenza fascismo. D’altra parte è il 21 aprile, martedì si festeggerà la Liberazione, al governo c’è Giorgia Meloni, Ignazio La Russa si è intestato una missione di contropedagogia sulla Resistenza, e qui a Riano (comune però governato dal Pd assieme a Fratelli d’Italia), in questo circolo ricreativo a metà strada tra il paese e la campagna, ci si proietta volentieri nel passato. Che, bisogna ammetterlo, è sempre più rassicurante dell’incognito futuro: “Ci stiamo confrontando e ci stiamo ascoltando”, dice Schlein in Adidas e pantaloni larghi sulla gamba. Ma su cosa vi state consultando, scusi? Di che state parlando lì dentro? Che farà adesso il Pd? “Questo partito vuole continuare a essere un problema per chi governa e a proporre una diversa idea del paese”. Sì va bene, ma in che senso? Che significa? “Buon lavoro a tutte e a tutti”, dice l’erede di Luigi Longo, Enrico Berlinguer e Alessandro Natta. E mentre lo dice, viene circondata da un gruppo di anziani del luogo. Forse militanti. Comunque assai felici. Le fanno dei complimenti smaccati: lei per noi è un faro, io segretamente la chiamo mamma, senza di lei la vita che sarebbe? La bontà, l’amore, la giustizia dove erano prima che lei nascesse? La donna della svolta! E lei, la donna della svolta, con una sorta di mesta, solenne gravità, scuotendo impercettibilmente la testa: “La svolta la facciamo insieme”.
Ecco. Poi scompare nell’abitacolo dell’automobile di scorta, con sirena e lampeggianti, che deve riportarla a Roma. E’ un’Alfa Giulia metallizzata. La stessa macchina di Giorgia Meloni. Gli altri membri della segreteria vengono riportati a casa con un mini van. Ma che è successo oggi? Che avete fatto? “Abbiamo stabilito un metodo per il futuro”, dice Alessandro Zan. C’è mancato un niente che stabilissero un metodo per il passato.