la conferenza per la ricostruzione
Salvini disconosce Putin e fa il filo-ucraino. Meloni tira un sospiro e cerca Macron
Nove minuti e cinquantotto secondi da stropicciarsi gli occhi: alla conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina il leader leghista fa un discorso in cui rinnega Mosca e abbraccia la causa di Kyiv. La premier pronta per l’Eliseo
Nove minuti e cinquantotto secondi da stropicciarsi gli occhi. Matteo Salvini interviene alla conferenza, diventata bilaterale, sulla ricostruzione dell’Ucraina e dimentica – supera o forse chissà domani sarà un altro giorno – quattordici mesi di ambiguità a un passo dal filoputinismo sul conflitto. Insomma, te lo ricordi Vladimir? Al Palazzo dei Congressi dell’Eur il leader della Lega, nonché vicepremier e ministro delle Infrastrutture, “ribadisce la vicinanza di tutta l’Italia al popolo ucraino”. Ma soprattutto, forse per la prima volta, Salvini cita i “danni prodotti dall’aggressione russa: pesantissimi”. Oplà. L’uomo che voleva andare a Mosca per sussurrare buone pratiche a Putin, con i biglietti aerei pagati dall’ambasciata russa e le dritte di Antonio Capuano, adesso sta qui, sul palco, garante “del valore aggiunto italiano” nella ricostruzione. A battersi il petto “in difesa dei valori della pace e della libertà che non sono negoziabili”. La timidezza fino a quasi la ritrosia nell’invio delle armi a Kyiv, l’atlantismo ponderato, i sospetti e i grattacapi di Giorgia Meloni per un attimo – bello lungo: nove minuti e cinquantotto secondi – svaniscono. Salvini legge. E ripete: “A livello europeo il mio impegno è assicurare il completamento delle reti Ten-t, in particolare il corridoio adriatico-baltico e quello mediterraneo, che hanno nell’Ucraina il terminale orientale”. Ferrovie, logistica, tecnologie. I timori dell’omologo del governo Zelensky, Oleksandr Kubrakov, per una mattina svaniscono.
Il discorso di Salvini era quello più atteso dal punto di vista politico, per il resto l’appuntamento si è acceso quando il presidente ucraino ha raggiunto la platea in videocollegamento. “Ti aspetto presto in Italia”, gli ha detto la premier, nel giorno della telefonata con Xi Jinping. “Invitiamo le aziende italiane a costruire il nostro futuro: grazie per il vostro sostegno instancabile”, è stato l’appello di Zelensky accolto come una star dalla platea della Nuvola. Quando Meloni ha annunciato una conferenza internazionale per la ricostruzione nel 2025, il presidente di Kyiv ha ripreso la parola, in videocollegamento, auspicando che si inizi a rimettere in piedi il suo paese “prima di quella data”. La premier teneva molto a questo appuntamento, prima pietra di un percorso lungo ed ennesima dimostrazione di una collocazione internazionale che non ha colpi di tosse nel nome di “un nuovo miracolo ucraino”. Al punto di spingere sull’integrazione nella Ue, di rimarcare la contrarietà alla resa di un paese aggredito. “Il nostro sostegno va avanti e non verrà meno, sul piano politico, militare e finanziario, perché Roma mantiene la parola data”. I mille del Palazzo dei Congressi – in gran parte imprenditori e manager dei due paesi – hanno gradito questo parole. A margine dei lavori, Meloni ha incontrato il primo ministro Denys Shmyhal, che ha ringraziato l’Italia per il sostegno offerto in questi mesi, a partire dai generatori di energia che hanno consentito al popolo ucraino “di non essere piegato dal freddo e dal buio”. Ma la guerra incalza e nel corso della giornata il premier di Kyiv ha avuto modo di ribadire al presidente Sergio Mattarella l’esigenza di avere “il prima possibile” il sistema di difesa missilistico Samp/T. L’atlantica Meloni è soddisfatta e anche in questa ottica oggi volerà a Londra, Downing street, per un bilaterale con il primo ministro Rishi Sunak. E poi, finalmente, ha fissato in agenda il viaggio per l’Eliseo. A giungo, da Macron.