In Ungheria
Giubilei, Sofo e gli altri. Chi sono gli italiani alla corte di Orbán (e Trump)
Insieme al consigliere del ministro Sangiuliano e all'eurodeputato di FdI, hanno partecipato alla conferenza organizzata a Budapest dai conservatori americani anche i leghisti Pilli e l'ex sottosegretario Picchi, oltre al presidente del centro studi sovranista Machiavelli
Si sono mobilitati per “difendere la libertà contro la tirannia delle minoranze”, mentre “l’Occidente deve riscoprire il buon senso”. Francesco Giubilei ha riassunto così il senso del suo intervento. Parlava a Budapest, all’edizione europea del CPAC - Conservative Political Action Conference – la conferenza che riunisce annualmente, è andata in scena la settimana scorsa, tutto il meglio ( o il peggio) dell’internazionale sovranista.
Il mantra dell’evento – per quella che si definisce “la più antica organizzazione di base conservatrice degli Stati Uniti” e cerca sponde e appoggi al di qua dell'oceano – può essere riassunto così: no ai migranti, no al gender e no alla guerra. Quella che Orban, nel corso dello stesso meeting ha definito “la cura contro il virus liberal-progressista”. Un mondo verso cui la fascinazione da parte di alcuni pezzi della destra italiana non è mai venuta meno. Semmai è sfumata nei toni.
Negli scorsi anni, all'evento internazionaleaveva partecipato anche Giorgia Meloni. Questa volta, e si capisce bene il perché, se n’è tenuta alla larga, evitando imbarazzi e polemiche. Per dire, non era raro incontrare alla convention posizioni molto critiche sul sostegno all’Ucraina, quello che per la premier rappresenta un punto fermo della sua politica estera e la chiave principale del rapporto con Washington.
E però, lì a Budapest, tra trumpisti di primo piano, caccia alla cultura woke e ai diritti Lgbt, l’Italia in qualche modo c’era. C’era appunto, con tanto di stand, Francesco Giubilei: editore, oltre che presidente di Fondazione Tatarella e Nazione Futura. Ma soprattutto espressione, seppure minore, del governo, in quanto consigliere del ministro della Cultura San Giuliano.
Spesso in televisione a difendere l’operato del governo, ha ribadito la necessità di difendere la normalità e il senso comune dal presunto assalto progressista.
Non era il solo italiano dentro la “No woke zone”. Con lui c’era anche Vincenzo Sofo, europarlamentare di FdI e marito di Marion Marechal Le Pen, la nipote di Marine - con cui per la verità non sempre si sono trovate d’accordo -, esponente della nuova generazione della destra francese. Orban li ha ringraziati pubblicamente entrambi (e non solo loro), per quella che rappresenta una tappa intermedia verso la costruzione di una coalizione europea in vista delle elezioni del prossimo anno.
Segnali e indicazioni di quello che potrebbe essere. D’altra parte non è una novità che Giorgia Meloni e il suo partito vogliano un’Europa retta da equilibri diversi da quelli franco-tedeschi. Interesse condiviso da una parte dei conservatori americani, quella che per lo più fa riferimento a Trump e che cerca sbocchi in Europa.
E chissà se qualche risposta del genere possa arrivare dalla Lega - sezione Toscana -, visto che alla corte ungherese si è presentato anche Simone Billi, deputato del Carroccio in carica, fiorentino ma eletto nella circoscrizione Esteri. Ingegnere con un passato da manager in una multinazionale, esperto di diritto europeo e una passione da sommelier. Orban ha ringraziato anche lui, mentre il "Center for Fundamental Rights", di stanza in Ungheria e tra gli organizzatori della kermesse lo presentava come rappresentante della Lega alla manifestazione.
Insieme a lui, a formare la mini delegazione salviniana, Guglielmo Picchi: nato a Firenze, parlamentare nella scorsa legislatura, è stato anche sottosegretario agli Esteri nel governo gialloverde. Ci tiene a sottolineare (se l'è presa con Repubblica per la definizione) di non essere amico di Putin: "Credo di essere il più ucraino e filo Zelensky di tutta la Lega", ha scritto su Twitter. E a sentire certi interventi del Carroccio, per esempio quelli di Massimiliano Romeo in Senato- più volte ha messo in dubbio la strategia occidentale - non è difficile credergli. E' stato inoltre autore per il Centro studi Machiavelli, un think tank italiano, il cui scopo è: "Diamo idee all'Italia Sovrana".
Un filo rosso che lega Picchi a Daniele Scalea, che del pensatoio conservatore italiano - un'associaizone di Firenze (un'altra volta) senza affiliazioni partitiche, come si legge sul loro sito - è presidente. Alla Cpac era presente con il team del centro studi a seguito, intervenendo per ribadire le differenze sull'approccio economico conservatore, rispetto a quello liberale: "I liberali vogliono che le persone servano le ideologie", il sunto delle sue parole riprese da alcuni media ungheresi.
Non è del tutto chiaro in che veste la truppa italiana abbia partecipato alla kermesse. Un interrogativo che vale meno per Scalea, ma resta preminente per gli altri avventori. Giubilei soprattutto - in quota governo e vicino al ministro Sangiuliano - e per gli altri esponenti di Lega e Fratelli d'Italia. "Sono sicuro che se ci fosse stato Trump alla Casa Bianca, non ci sarebbe stata la guerra in Ucraina e in Europa", ha detto tra le oltre cose il premier ungherese Orbán, rispondendo al messaggio mandato dall'ex presidente degli Stati Uniti. Chissà se la pensano così anche Meloni e in Salvini.