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Rai, città aperta. Viaggio a Viale Mazzini, tra sogni e rancori della destra

Carmelo Caruso

Il rimpallo tra Fdi e Lega ("è quota vostra, no, è quota vostra). Le nuove lady Lega, i sogni impossibili (Veronica Gentili di Mediaset). Le attese dei giovani Rai, le vendette degli umiliati. Il racconto

Roma. Edizione straordinaria. Viale Mazzini è “Rai, televisione aperta”. Sono sbarcati gli anglo-meloniani. Sono palestrati e sono neri, ma è solo abbronzatura del Tevere-Mississippi. Roberto Sergio, il prossimo ad Rai, il designato, è il loro generale Patton: “Hello, Rai. Hey Ggiorgia”. Ha già cambiato foto del profilo Facebook  e Leonardo Metalli, inviato del Tg1, è stato il primo a congratularsi: “Daje”. Promozione in vista?  Usano le sigle come in guerra. Giampaolo Rossi, futuro direttore generale Rai, viene infatti chiamato “Gp”. Scriviamo dal Caffè Achilli, ex Settembrini, quartiere Prati, caffè riferimento di Rai Pd, liberato  dai “quadristi” di sinistra. Il giornalista patriota di FdI, oppresso dal regime Usigrai, offre cappuccini anche agli stranieri: “Ah stracciaculi del Pd. Ce divertimo. Mo’ ve sfonno, ve sfonno”.


Urlano: “Abbiamo vinto”. Si fotografano sotto il cavallo della Rai con la “v” in segno di vittoria. Abbiamo le prove. Nel portafogli tengono la figurina del loro beniamino di FdI, Francesco Lollobrigida, “il nostro numero nove”. Direttore, ma non è che abbiamo confuso la Rai, con lo scudetto del Napoli calcio? Il giornalista, quota “Gp”, vale a dire Rossi, ci assicura che è tutto autentico, “la Rai siamo noi”, e che ora “quel pischello del Pd, me lo magno come un maritozzo. Ho quarantotto anni, redattore ordinario, e lui, di soli trentacinque, caposervizio. U-m-i-l-i-a-z-i-o-n-e”. Il pischello sarebbe un giornalista della scuola Rai di Perugia, che furbo, anvedi, è già caporedattore ad personam, “in quanto galoppino de Bettini, Vettroni, e mortacci sua. Pagnottisti. Hai visto, che ieri, Elly Schlein la sua prima intervista a un tg l’ha fatta con il Tg3 di Orfeo? L’hanno mandata in onda proprio quando stava per incontrare la premier. E’ già Rai Cuba. Vergogna”.

 

Il fenomeno non è ancora registrato dai giornali del blocco rosso, quel blocco Gedi con note complicità “cecoslovacche”. Il grido dei patrioti, al Caffè Vanni, di piazza Mazzini, è questo: “Chi non salta Marco Damilano, è, è”. Sarebbe l’ex direttore dell’Espresso e conduce, su Rai3, La Torre il Cavallo. A Via della Scrofa, sede del comitato di liberazione meloniana, si studiano profili sostitutivi: “Io vedrei bene, al posto di Damilano, Veronica Gentili o Giordano Bruno Guerri. Nicola Porro? Ma non lo sai che supera il milione di euro? Non ce lo possiamo permettere. Anche Poletti, il biografo di Salvini, a Mediaset, ha un contrattone. Dobbiamo invece recuperare Marco Ventura, il portavoce di Berlusconi e autore Rai”. Sembra di assistere alla fondazione del nuovo Corriere della Sera. Indro Montanelli, si fa per scherzare. Un patriota Rai, al telefono, fa due nomi sconosciuti, dal sicuro avvenire: “Uno è Francesco Palese di Rai News e un’altra è Francesca Oliva di Unomattina. Salgono, salgono”. Chi ha creduto in FdI non verrà lasciato indietro. Intorno a questo edificio, Palazzo Venezia dell’informazione, si distribuiscono tavolette di cioccolato rigorosamente italiano. Niente promesse sintetiche. I parrucchieri sono stati precettati. Lavorano senza sosta dall’annuncio delle dimissioni di Fuortes. In Rai si stanno tingendo tutti. Flaconi di coloranti nei cestini. Le giornaliste pretendono il “biondo conservatore”. La richiesta: “Caro, me fai bionda Ggiorgia?”.

 

Gli uomini prediligono invece il pizzo sale e pepe alla “Gp”. Tutti i glabri della Rai urlano ai poveri barbieri: “Appiccica qualche peluzzo, fammi sembrare Dino Grandi. Come chi è Grandi? Studia, ignorante”. Il libro fondamentale di questo tempo è “Gli squadristi” di Manlio Cancogni. Si sta ovviamente progettando una grande assemblea costituente Rai (altro che riforme con Casellati!) ma come nel 1945 nessuno sa più chi è chi, e chi è cosa. Sempre in un salone, uno di quelli che frequenta Laura Tecce, conduttrice del nuovo programma Underdog (parola chiave della Meloni-Treccani) e volto della Rai di destra, si scopre, da una signora (che stravede per Pierluigi Diaco) che Tecce non è leghista. Ah, no? “Ovvio che no. Innanzitutto comincia a lavorare nella comunicazione di Claudio Scajola, poi in Rai con Amadeus, successivamente, diventa opinionista di centrodestra. Ed ecco la rottura”. La rottura? “Ma certo, fino al 2019 è leghista, ma poi ha sbandate per Renzi, pure per i 5s, ora è quota Rossi”. La quota Rossi è già sopra il 55 per cento. Di fatto è già presidenzialismo alla francese. Alla Rai c’è carenza di carri (armati) da occupare. Quello di FdI è saturo: “Mi dispiace, siamo pieni”. Chi chiede di salire rivendica: “Scrivevo al Secolo d’Italia, sono amica di Pino Insegno”. Niente, non funziona.

 

Direttore, non è satira. Va così. E’ il 25 aprile, ma alla rovescia. Oltre alla quota Rossi, si contano altre tre quote, tendenza FdI. Esiste quella del ministro Sangiuliano, quella di Chiocci, predestinato direttore del Tg1. Il chigista dell’ammiraglia, che è entrato in quota Pd, passato con i 5s, ora FdI,  vanta le ferite sul campo: “Non posso essere rimosso. Ho la fiducia del governo”. A Kiev, per difendere Meloni, ha derubricato il diverbio Zelensky-Berlusconi a una curiosità. Medaglia. Una nuova quota, la terza, inedita, (viaggia sotto il tre per cento, ma in Rai può crescere) è quella di Francesco Filini, deputato FdI che siede in Vigilanza Rai, ma soprattutto ufficiale di collegamento del sottosegretario Fazzolari. Anche Serena Bortone, di area Pd, giornalista e conduttrice, sogna di incontrare Fazzolari per non perdere il pomeriggio di Rai1. “Ecco perché torna centrale Salvini. La verità è che FdI è sold out” spiega la talpa d’Italia, che possiede la mappa. I posti da occupare in Rai sono 25, si tratta delle grandi direzioni. 25 posti, gnam, gnam. Lo schema è questo: “17 direzioni nostre. Rai Sport la usiamo come merce di scambio, la si può dare alla sinistra. Ma ripeto, la più infida è la Lega”. I leghisti usano infatti la tecnica San Pietro. Il metodo è rinnegare, rinnegare, in modo da chiedere, chiedere. Marcello Ciannamea, l’ad ombra di Salvini, dice in Rai: “Leghista quello? E da quando? Mai sentito”. E’ tattica, rimpallo.

 

Grazia Graziadei, vicedirettrice del Tg1, era quota Lega, ma ora la Lega dice che è quota FdI, ma FdI ricorda che era quota Lega. Per i leghisti, il bollino verde, ce l’ha solo la conduttrice Monica Setta, che si sa è amica del Capitano, mentre Hoara Borselli, che scrive pure su Libero, e che saliva sul palco con Salvini, “è adesso in quota FdI”. Igor De Biasio, membro del cda Rai per il Carroccio, prende le distanze perfino da Elisa Isoardi, ex fidanzata di Salvini, che “non è stata la Lega a volerla, nuovamente, in Rai, ma la sinistra”. Durante una lozione di verde Salvini, “più verde, più verde”, scopriamo le nuove leghiste in ascesa. “Signora, se a destra oggi non ti occupi di ambiente e diritti umani, non hai futuro. Il modello è quello di Claudia Conte che a Isoradio, la radio padana Rai, è tanto brava”. FdI, con Angelo Mellone, l’Angelo Guglielmi con il pantalone attillato, ha pure lui la sua meglio gioventù da valorizzare. I nomi sono quelli di Greta Mauro, Bianca Luna Santoro e Carolina Rey. La talpa d’Italia racconta: “Stanno puntando Mellone perché è la vera testa pensante della nuova Rai. Si è inventato la trasmissione “Top, tutto quanto fa tendenza”, e sai la battuta che gira: ‘Fa tendenza, ma non ascolti, e giù risate”. Sono bricconcelli di sinistra, sicuro. Ma cosa importa?

 

Ora la destra può contare su Sergio, il generale Patton, su Rossi, il comandante “Gp”, e c’è pure il ministro Sangiuliano, Sanjust. E’ grazie alla sua attività legislativa se è stato possibile spezzare le reni a Fuortes. Questo significa che Maria Antonietta Spadorcia, vicedirettrice del Tg2, staffetta di Saintjust, può ambire a una direzione, anche perché  ha il doppio bollino: Sangiuliano+Salvini = ascesa. Ancora la talpa. “Ma tu lo sai che su 2.000 giornalisti iscritti all’Usigrai, 1.800 sono del Pd, imbucati dal Pd?”. Ci sono poi i giovani, molti senza padrini, che davvero la Rai la vorrebbero ricostruire come dopo la guerra. “Ma secondo te ci promuovono, finalmente? Ci daranno spazio?”. Sono i timidi e in questa festa si confondono nella folla di Rai, televisione aperta. Da lontano, ancora l’eco del giornalista di destra umiliato: “Quello lo sfonno, lo sfonno”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio