Il caso

Riforme: c'è la crostata, ma manca il patto. Meloni ce l'ha con la Lega: io vado avanti

Simone Canettieri

La premier consulta le opposizioni, divise. Idea bicamerale di Conte, Schlein chiede una moratoria sulle altre riforme. Il governo diviso, Salvini si smarca sul premierato 

Si parla di bicamerale? E al secondo piano di Montecitorio, nella sala della biblioteca del presidente, spunta la crostata alle visciole. E’ lo spuntino, accompagnato da paninetti salati, fornito alla premier Giorgia Meloni e al resto del governo nella lunga giornata delle consultazioni. La crostata, divisa in quadratini, non l’ha preparata la signora Letta, moglie di Gianni come ai tempi del patto. La leccornia arriva dalla mensa della Camera, c’è anche quella con la marmellata chiara, e ridà il senso di una giornata abbastanza appiccicosa. Con le opposizioni in competizioni tra loro e la premier alle prese con il siluro della Lega che dà il buongiorno a tutta la compagnia: “Abbiamo vinto le elezioni sul presidenzialismo”. Lo dice il capogruppo Riccardo Molinari a nome di Matteo Salvini. Mani nella marmellata: la Lega teme che la bicamerale corra in parallelo con l’autonomia, rallentando la vera riforma che interessa al Carroccio. 

La giornata di consultazioni si apre con Giuseppe Conte che arriva all’appuntamento saltellando di corsa sullo scalone di Montecitorio per seminare i cronisti. Presidente,  è pronto a ritornare centrale? Risata. Per essere qui di persona ha fatto cambiare il calendario delle consultazioni (la scusa è buona oggi è atteso a Brescia per l’inchiesta sul Covid). E alla fine anche la proposta del capo del M5s funziona (si rivede Rocco Casalino che vorrebbe fare l’europarlamentare, ma “a Bruxelles piove sempre”, scherza). Dice Conte che si può ragionare di riforme magari in una commissione speciale o meglio in una bicamerale. Ma di fatto boccia tutte le proposte sul tavolo: presidenzialismo, semi e sindaco d’Italia. “Non c’è condivisione”. 

Tuttavia basta la parola magica – bicamerale – per accendere le fantasie di tutti. E subito la giornata prende un’altra piega. Quella di Elisabetta Casellani, in completo verde smeraldo, va di traverso: questo strumento le toglierebbe centralità, in quanto ministra delle riforme. E però da questo momento in poi si discute solo di questo. La Lega fa sapere, con tutti i suoi colonnelli, che lo strumento non le interessa. Salvini entrerà in conclave nel primo pomeriggio di ritorno dall’Abruzzo. La linea di Meloni è un’altra: non importa lo strumento, ma andare a dama. “Questa è la madre di tutte le riforme”, dice la premier. Ed è un avviso più alla Lega che ai tatticismi delle opposizioni. Via Conte, ecco il buffet: paninetti e fatal crostata, appunto. Dopo i grillini, ecco il Terzo polo. E dunque c’è Carlo Calenda. Ma anche Maria Elena Boschi, che delle riforme fu ministra. Il leader di Azione, con l’agendina rossa per gli appunti, durante l’incontro parlerà anche della riforma della giustizia (la divisione delle carriere dei magistrati) vedendosi un po’ bloccare dalla premier e anche della sfiducia costruttiva che però cozza con il sindaco d’Italia che piace a Italia Viva. Morale della favola a fine serata Boschi dirà che loro, i renziani, “non si coordineranno con le opposizioni”. In poche parole smentisce quanto detto da Calenda. 

D’altronde anche il fronte rossogiallo si era abbastanza frantumato quando Elly Schlein viene sapere della proposta di Conte sulla bicamerale. La segretaria del Pd voleva giocare da regista delle opposizioni e si è trovata spiazzata in questa guerra di parole e formule. “No alla bicamerale, giù le mani dalla Costituzione”, dice la coppia rossoverde Bonelli&Fratoianni, appena terminato l’incontro con il governo (siparietto durante l’incontro: Tajani vorrebbe offrire ostriche a Bonelli, che è di Ostia, ma Meloni suggerisce delle romanissime telline). La serata alla fine gira su Schlein, di rosso lampone vestita, che dopo un’ora e passa d’incontro con Meloni ribadisce: c’è ben altro, le emergenze sono altre. Ma nel merito dice: no al presidenzialismo e al sindaco d’Italia, ma possiamo suggerire qualche correttivo. “Mettiamo mani alla legge elettorale contro i listini bloccati e guardiamo al modello tedesco per ls sfiducia costruttiva”. La leader del Pd chiede una moratorie sulle altre riforme, a partire dall’autonomia differenziata, e sulla storia della bicamerale, con un guizzo, si smarca da Conte: “Non è importante lo strumento, l’importante è che il tavolo sia libero”.

Meloni intanto ha un problema con la Lega. Salvini sembra poco interessato a questi incontri, con lo sguardo sempre fisso sul cellulare. Per lui hanno parlato Molinari e anche Edoardo Rixi. Tutti sulla stessa linea, che proprio non va giù a Meloni che chiede con forza una nota ufficiale del Carroccio (Roberto Calderoli, ministro delle Regioni, non è stato invitato e non l’ha prese benissimo). A fine serata ecco Meloni: non è importante lo strumento, basta che non si perda tempo.  
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.