L'intervento
Premierato, perché sì. Marcello Pera risponde a Luciano Violante
Per cambiare occorre uscire dalle ipocrisie sul potere del premier. Il senatore di Fratelli d'Italia risponde all'ex presidente della Camera sulla riforme costituzionali
Per confrontarsi seriamente, il presidente Luciano Violante è un interlocutore adatto. E di ciò che egli ha detto ad Annalisa Chirico dico subito che apprezzo il modo di argomentare ma sono piuttosto deluso dalle conclusioni. Il ragionamento del presidente Violante è costituito da una serie di no conclusa con una proposta. La si potrebbe definire un neo-parlamentarismo razionalizzato, ma è meglio lasciar perdere le formule, perché diventano gabbie che generano solo dispute nominalistiche. Guardiamo piuttosto alla sostanza. No al sistema presidenziale americano, dice il presidente Violante, perché funziona bene solo in una “società pacificata”. E oggi non lo è più neppure quella degli Stati Uniti.
Capisco, ma osservo che la società americana era assai poco pacificata anche al tempo della crisi della presidenza Nixon, eppure allora, fatto fuori un presidente e un vicepresidente (Spiro Agnew), la presidenza passò a un terzo (Gerald Ford) e il sistema resse, pacificamente. Osservo inoltre che non è buona norma logica e di argomentazione obiettare che un sistema non funziona in sé, come tale, perché in questa o quella circostanza ha incontrato difficoltà. Il presidente Violante dice no anche al sistema semipresidenziale della Francia, per due ragioni, perché lì gli ultimi presidenti sono stati eletti da minoranze, e perché in Italia l’introduzione di quel sistema sconvolgerebbe troppo la Costituzione vigente. Anche in questo caso, mi sembra, si trasforma un fatto politico contingente in una obiezione di principio. In più si misura la bontà o meno di un sistema con un metro improprio.
Chi vuol cambiare sistema ha ben chiaro che modifica profondamente la Costituzione, ma il problema non sono gli articoli coinvolti, bensì se il sistema proposto funzioni o no. E, di nuovo, questa o quella difficoltà politica del presidente Macron non costituisce obiezione di principio costituzionale. Se la si intendesse così, proverebbe troppo, perché nessun sistema, mai, elimina la lotta politica o mantiene la “società pacificata” (il vecchio sogno di Platone). Infine, prosegue il ragionamento del presidente Violante, no al premierato nel senso di elezione diretta del primo ministro. E sia. Ma l’argomento che questo sistema “innescherebbe una serie di squilibri fino alla violazione della separazione dei poteri (e) solleva profili di incostituzionalità” non è provato. Un presidente del consiglio eletto nominerebbe forse i giudici della Corte costituzionale? Sceglierebbe i giudici ordinari e i procuratori? Di per sé, non è così e nessuno l’ha mai detto. Quanto all’obiezione di incostituzionalità, suona bizzarra. Perché se un parlamento sovrano, magari confortato con un referendum di un popolo sovrano, decidesse che, da domani, vige una nuova Costituzione, come si potrebbe dire che agisce in modo incostituzionale? Qualunque riforma costituzionale è incostituzionale rispetto alla Costituzione vigente!
E così veniamo alla conclusione. Dice il presidente Violante: “Fiducia al solo presidente del Consiglio che successivamente forma il governo; possibilità del presidente del Consiglio di proporre al presidente della Repubblica la nomina e anche la revoca dei ministri; sfiducia costruttiva; voto del parlamento in seduta comune per fiducia, sfiducia costruttiva, legge di bilancio, ricorso all’indebitamento”. Presidente Violante, così non cambia nulla! Chi scioglie il Parlamento in caso di crisi grave? Il presidente della Repubblica. Chi sceglie i ministri? Il presidente della Repubblica. Chi risolve le crisi? Il presidente della Repubblica. E così via. Precisamente come ora.
Si immagini la scenetta. Il presidente Violante vince le elezioni, il presidente della Repubblica gli dà il mandato di presentarsi alle camere, quello si presenta, ottiene la fiducia e torna indietro. “Presidente, ora posso governare: oltre a quella del popolo ho anche la fiducia del Parlamento!”. “No, figliolo, non ci siamo ancora”. “E perché mai, signor presidente?”. “Perché lei ha messo Marcello Pera ministro a difesa della cristianità, e questo proprio non va: quello è un ipocrita, bacia le pile, ma non ci crede per niente”. “E dunque chi mi suggerisce?”. “Io le direi di cancellare del tutto quel ministero”. “Ma l’ho promesso agli elettori!”. “E che c’entra? Valgono più le sue promesse o la mia moral suasion?”. “Ha ragione, presidente, mi scusi, rischiavo profili di incostituzionalità”.
Vede, presidente Violante, più che un sistema nuovo razionalizzato, il Suo mi sembra il sistema vecchio sclerotizzato. Possiamo continuare a discuterne?
Marcello Pera, ex presidente del Senato, senatore di Fratelli d’Italia