(foto EPA)

Welcome Mr. president

Perché accogliendo Zelensky si può essere orgogliosi del sostegno italiano all'Ucraina

Claudio Cerasa

Un premier che sfida l’opinione pubblica. Un capo dello stato che striglia i cattolici. Un’opposizione anti resa. Un’economia emancipata dalla Russia. Nel weekend della visita del presidente ucraino a Roma, possiamo essere fieri del nostro impegno per la difesa di Kyiv (nonostante Salvini)

Non è il caso di essere modesti e per una volta, forse, si può persino fare sfoggio di orgoglio e anche di un pizzico di presunzione. La questione è semplice e riguarda il viaggio in Italia del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un viaggio importante dal punto di vista diplomatico, naturalmente, ma un viaggio importante anche per ciò che rappresenta il paese in cui arriverà nelle prossime ore il presidente ucraino: l’Italia. E allora sì, forse vale la pena di non essere modesti e di dire le cose come stanno. L’Italia, tra i paesi europei che hanno scelto di sostenere la resistenza ucraina, non è un paese come gli altri: è un paese speciale. E’ speciale per quello che ha fatto la maggioranza uscente, quella guidata da Mario Draghi tra il 2021 e il 2022. Quella maggioranza che riuscì a far allontanare dal putinismo un’intera classe dirigente politica, compresa quella più compromessa con il putinismo. E’ quella maggioranza che riuscì a convincere i grandi partner europei sulla necessità di accelerare le pratiche per far avvicinare l’Ucraina all’Unione europea. Ed è speciale però, l’Italia, anche per quello che sta facendo oggi, per alcuni motivi che vale la pena elencare.

 

Motivo numero uno: quale altro paese in Europa è guidato da un premier che ha scelto di sfidare il suo passato sovranista al punto da aver messo la difesa dell’atlantismo su un piedistallo più alto rispetto alla difesa dei follower putiniani? Motivo numero due: quale altro paese in Europa è guidato da un capo dello stato fortissimamente cattolico che ha deciso di non assecondare il pacifismo cattolico, compreso quello del Papa, per ricordare quanto sia pericoloso far coincidere la ricerca della pace con la ricerca della resa? E quale altro paese, motivo numero tre, ha come l’Italia un capo dello stato che, da difensore più genuino della Carta costituzionale, ha scelto di sfidare le vestali della Costituzione, ricordando che la nostra Carta prevede il dovere di sostenere, quando vi è la necessità, un paese aggredito, anche a costo di aiutarlo inviandogli le armi? E quale altro paese in Europa, tema numero quattro, ha un’opposizione come quella italiana, un’opposizione come quella del Pd, che ha deciso di allentare i rapporti con un suo alleato, il M5s, quando ha cominciato a registrare un’ambiguità di quel partito nel sostenere la difesa di un popolo aggredito? E quale altro paese in Europa, tema numero cinque, ha un partito populista così legato al putinismo  – come la Lega, che formalmente ha ancora un rapporto di cooperazione con il partito di Putin, ragione per cui probabilmente Salvini si presta ad alcune pagliacciate non rare nei confronti di Zelensky, pagliacciate come quelle offerte in queste ore, come il tentativo di essere uno dei pochi leader a fare a gara per non incontrare Zelensky in Italia – che ha scelto nonostante tutto di votare mesi fa al Parlamento europeo una mozione per considerare quel paese una realtà che compie “atti terroristici”?.

 

E infine: quale altro paese è riuscito a compiere con così tanta disinvoltura il miracolo economico dell’Italia, riuscendo nel giro di pochi mesi a  passare dall’essere uno dei paesi più dipendenti energeticamente dalla Russia (il secondo, dopo la Germania) all’essere uno dei paesi più veloci nel portare avanti un percorso di indipendenza dall’energia russa, al punto da avere un prezzo del gas che si trova ormai ai minimi dal luglio del 2021, un numero di scorte ai massimi, un numero di importazioni di gas liquefatto da record e una crescita che continua a essere tra le migliori delle economie europee? E quale paese in Europa è riuscito a mantenere, come si dice, la barra dritta, drittissima, nei confronti dell’Ucraina, a livello politico, pur avendo un contesto che tra quelli in Europa favorevoli all’invio delle armi in Ucraina risulta essere uno dei meno desiderosi di inviare armi agli ucraini per difendersi (ultimo sondaggio Ipsos sull’invio delle armi agli ucraini: il 45 per cento è contrario e il 34 per cento è favorevole)? Nelle prossime ore, naturalmente, il presidente Zelensky, si avventurerà in Italia più per avvicinarsi a Papa Francesco che per avvicinarsi ai vertici delle istituzioni che in questi mesi hanno mostrato fermezza contro il macellaio russo.

 

Ma la presenza di Zelensky nel nostro paese  è lì a ricordarci che l’Italia che difende la libertà è diversa da quella che imbarazzata non ha saputo trovare un modo per far parlare Zelensky a Sanremo. E’ un’Italia speciale, un’Italia che esiste, un’Italia che conta e che trasversalmente, anche se con qualche mugugno, dovendo scegliere tra i propri follower e la difesa della libertà almeno su questo terreno ha fatto la scelta giusta, offrendo buone ragioni per rendere orgogliosi gli italiani che sanno che prendere le misure a un dittatore sanguinario è più importante che farsi dettare l’agenda dai sondaggi. Welcome, Mr. President. Welcome, Mr. Zelensky.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.