l'intervista
“Contro le alluvioni più opere e meno ideologia”. Parla il sindaco di Ravenna
"La politica deve chiedersi qual è la sua priorità: salvare vite umane o gli alberi e le nutrie nei fiumi?". Parla Michele De Pascale, primo cittadino della città sotto emergenza: "I cambiamenti climatici? Abbiamo bisogno di più opere e meno ideologia"
“Questa tragedia ci insegna che la politica deve darsi delle priorità: è più importante salvare vite umane o preoccuparsi di questioni come la nidificazione nei fiumi o la difesa di alberi e nutrie?”. Michele De Pascale è il sindaco di Ravenna. Da diverse ore vive quelle che ha definito “le giornate più brutte della nostra provincia”. Eppure è tutt’altro che fatalista, guardando ai danni che ha inflitto l’alluvione alla sua comunità, nel secondo comune d’Italia per estensione territoriale. “In queste ore sento nelle trasmissioni televisive che la soluzione sarebbe rinaturalizzare i fiumi, tornare a un glorioso e incontaminato passato. Ma per noi tornare al passato significherebbe tornare alle paludi, alla malaria”, racconta al Foglio. “Dicono che era un evento inevitabile. Ma da noi quella che sarebbe stata una vera e propria catastrofe la si è evitata. E non grazie a un lavoro di ieri, bensì alla deviazione dei fiumi Ronco e Montone, al grande progetto ingegneristico dei Fiumi Uniti, che risale al 1600. Ecco cosa rispondo a chi ci chiede di tornare indietro: basterebbe essere all’altezza del proprio passato”. E’ lo stesso De Pascale a riconoscere che “nel giro di due settimane abbiamo avuto precipitazioni da record, come mai si erano registrate prima”. Quindi, vade retro negazionisti. “I cambiamenti climatici sono un dato di fatto. Solo che mentre prima i comunisti come mio nonno abbracciavano l’innovazione per bonificare, spaccandosi la schiena, adesso gli ambientalisti vorrebbero bloccare tutto”.
Lo ha detto anche il geologo Massimiliano Fazzini ieri al Foglio: quel che si sarebbe potuto fare non s’è fatto, anche per i veti di un certo ostruzionismo green. E se non si agisce da adesso in poi, i danni saranno ancor più grandi. “Quel che manca è un cambio di attitudine”, racconta il sindaco De Pascale. “Si tende a pensare che quelli per mettere in sicurezza il territorio siano dei costi e non degli investimenti. E così ci si ritrova nella condizione di spendere, dopo queste tragedie, molto di più di quanto si sarebbe speso per prevenire”. L’esempio è l’alluvione nelle Marche del settembre 2022, dove solo per far fronte all’emergenza più immediata lo stato ha dovuto mettere mano a 400 milioni di euro. “Siamo un paese che vive un paradosso: abbiamo un problema di siccità ma allo stesso tempo non riusciamo a gestire i flussi d’acqua improvvisi. Se avessimo la capacità di immagazzinare le precipitazioni, per esempio, avremmo una soluzione duplice”. Eccoli, quindi, gli investimenti, spiegati in breve. E sì che il tipico atteggiamento anti innovazione dei comitati in difesa delle nutrie o delle specie più o meno protette ha fatto il suo, ma anche un’atavica mancanza di risorse ha finito con l’aggravare il quadro. “Siamo la provincia più esposta alle inondazioni, ma in questi anni abbiamo ricevuto risorse come se fossimo un territorio qualsiasi”, racconta ancora il primo cittadino. Che subito, però, porta il discorso su un altro grande tema italiano: l’eccesso di burocrazia. “Perché io capisco che a livello di grossi ragionamenti ideali sui cambiamenti climatici si possa discutere, dividersi, condividere o meno le strategie di fondo. Ma poi i sindaci, per dare risposte ai propri cittadini, per salvare la vita delle persone, hanno bisogno di poter alzare gli argini dei fiumi, costruire dighe, micro o macro invasi, casse di espansione”.
Il governo sul dissesto idrogeologico non ha ancora chiarito fino in fondo il proprio orientamento. E amministratori pragmatici come il sindaco di Ravenna, che ci tiene a specificare di non avere alcun pregiudizio positivo nei confronti del governo, riconoscono come “non si sono fatti passi indietro ma nemmeno in avanti”. E’ stata in parte ripristinata la struttura nata all’epoca del governo Renzi (Italiasicura), ma in tono minore, accorpata al dipartimento della Protezione civile. Sulla siccità è anche stato appena nominato un commissario, ma “un commissario nazionale non ha molto senso”, ragione De Pascale. “Perché il problema, se c’è una sovrastruttura centralizzata è sciogliere i grovigli a livello locale. Per questo il modello dovrebbe essere quello del commissario con poteri straordinari, sull’esempio del rigassificatore qui da noi: 120 giorni per scegliere i progetti e far partire i lavori: l’unico modo per essere tempestivi”.
Il Pnrr potrebbe essere un paniere importante di risorse ma troppo spesso “diventa il cesto da cui pescare soldi, che riguardino la sanità o il dissesto idrogeologico. Il punto è pensare non solo ai prossimi 200 anni, ma anche alla prossima alluvione. Perché noi sindaci abbiamo l’obbligo di preoccuparci anche di questo orizzonte temporale”. E le parole di questo sindaco romagnolo sembrano quasi un manifesto su come si possa piegare l’ideologia alle ricadute pratiche. Lui che è stato tra i più strenui sostenitori della nave rigassificatrice a largo di Ravenna (di cui è commissario straordinario): “Capisco molte delle ansie per l’uso dei fossili. Rispetto a una certa vulgata ambientalista condivido gli obiettivi ma non le strategie per arrivarci. Perché l’innovazione va usata per servire i cittadini, che in queste ore guardano ai dibattiti tutti astratti e non capiscono. Ripeto, più che tornare alle paludi e alla malaria, basterebbe essere all’altezza del proprio passato, dei nostri nonni. In cui le cose si facevano, anche e soprattutto per salvare vite”.