l'intervista

"Le regioni virtuose non possono attendere sui Fondi europei. E sul Pnrr bisogna correre". Parla Cirio

Valerio Valentini

Il presidente del Piemonte commenta il nuovo approccio di Fitto sulle risorse per la coesione dell'Ue. "Ben venga una nuova analisi, ma entro luglio dobbiamo avere risultati, sennò le regioni non possono neppure stilare i bilanci"

Non si parla, meglio chiarirlo subito, di Salone del libro e polemiche annesse. E questo un po’ lo conforta. “Anche perché sono stato impegnato nei sopralluoghi delle aree a rischio alluvione tra Cuneo e Torino”. Solo che si parla di Pnrr e fondi europei, e delle tensioni annesse tra governo e governatori. E quindi Alberto Cirio, presidente del Piemonte in quota Forza Italia, non può rilassarsi fino in fondo. “E non perché la mia regione abbia nulla da rimproverarsi, anzi siamo forse i più virtuosi, in materia”. Il punto è che sullo sblocco del Fondo di sviluppo e coesione qualche incognita c’è davvero. “Ma io mi fido del ministro Fitto, e voglio sperare che entro luglio tutto si sia risolto”.

Scadenza non casuale, quella indicata da Cirio. “Sì, perché entro luglio va messo a punto il bilancio regionale, ed è impossibile farlo senza prima sapere nel dettaglio quale sarà la cifra che il governo ci assegna”.

Si tratta, nel complesso, di 48 miliardi da ripartire tra le varie regioni. L’80 per cento va destinato al Mezzogiorno. Al Piemonte spetterebbe, secondo la bozza di un quadro programmatico ancora parziale, un miliardo e mezzo. Tra averlo e non averlo, in bilancio, fa una bella differenza. “Confido che infatti per quella data tutto si sarà risolto. E del resto noi, come Piemonte, abbiamo rispettato con attenzione il calendario, stilando entro aprile scorso, come previsto, il programma di spesa e di investimento”. Programma essenziale ma concreto: 315 milioni in ricerca, innovazione e introduzione di nuove tecnologie; 185 milioni per la digitalizzazione; 292 milioni di sostegno alla crescita delle Pmi. E via elencando. “Sono sicuro che il governo non potrà che apprezzare la nostra serietà”, prosegue Cirio.

Eppure, i tempi non si preannunciano brevi. E il ministro per gli Affari europei Fitto, che tiene le chiavi della cassa, ha annunciato l’avvio di un nuovo metodo: prima di ottenere i soldi, le regioni dovranno sottoporre al vaglio del governo centrale i progetti. “Un approccio che trovo ragionevole, a patto che non produca lungaggini per le regioni virtuose”. Insomma, una messa in discussione delle ragioni dell’autonomia differenziata? “Sono più pragmatico. Questa volontà di Fitto di andare nel dettaglio di ogni singolo piano, a me sta benissimo. Spero solo, e anzi è una cosa che mi sento di chiedere, che mano a mano che ogni regione dimostri di avere le carte in regola si proceda allo sblocco della quota di risorse europee che le spetta”. Che non si aspetti, dunque, l’analisi di tutti i 21 piani regionali e provinciali, prima di assegnare i fondi. “Esatto”.

Fitto, d’altro canto, rivendica la necessità di un cambio di approccio: solo il 34 per cento dei Fondi di coesione europei del periodo 2014-2020 sono stati spesi. Un disastro che impone una scossa. “E sono d’accordo col ministro, su questo: ben venga una svolta nel nome dell’efficienza. Dopodiché, ci tengo a ricordare che il nostro Piemonte sulla vecchia programmazione Ue ha rendicontato il 111 per cento del Fondo sociale e il 103 per cento di Fondo di sviluppo regionale. Siamo andati, cioè, in overbooking, superando le soglie indicate di spesa, perché siamo riusciti a realizzare tutti i progetti. E questo anche Bruxelles ce lo ha riconosciuto. Per questo ora attendiamo nuovi fondi dalla Commissione, che siamo convinti di ottenere, per finanziare le varie opere nella loro completezza”.

Non tutte le regioni, però, possono vantare questi risultati. “Questo non dipende da me, ovviamente. Il Piemonte, d’altro canto, ha una tradizione di lungo corso di virtù e di affidabilità, in tema di impiego di risorse europee. Ce l’aveva ai tempi di Chiamparino, del Pd, e ce l’ha ancor più ora che con la mia giunta abbiamo dato un’ulteriore accelerata, anche grazie alla mia precedente esperienza al Parlamento europeo. Il Fesr piemontese è stato il primo in Italia a essere stato approvato”.

Messaggio ai colleghi del sud: datevi da fare? “Nessuna polemica. Al di là dei meriti dei singoli, io ritengo che questa sia una sfida decisiva: l’Italia è il secondo paese per ricezione di fondi europei, e il primo beneficiario del Recovery. Non possiamo permetterci che passi l’idea che dei soldi che l’Europa ci dà noi non sappiamo che farcene”.

Principio sacrosanto, questo, che si applica appunto anche al Pnrr. O no? Si parla spesso di una rimodulazione al ribasso degli obiettivi, si preconizza la necessità di rinunciare a una parte dei prestiti comunitari. Che fare? “La competenza del dossier è del governo, e io non posso che ribadire, dal mio punto di vista, piena fiducia verso il ministro Fitto. Per quanto mi riguarda, poi, cosa si dovrebbe fare col Pnrr noi lo abbiamo dimostrato coi fatti. Abbiamo già attuato il 66 per cento dei progetti approvati. Sei miliardi stanziati, più di quattro già assegnati. E’ uno degli stati di avanzamento più virtuosi in assoluto, come ci ha riconosciuto lo stesso Fitto il 24 aprile scorso”. Correre, dunque. “E infatti ora, se permettete, devo andare”.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.