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Viale Mazzini

Rai arcitaliana. La battaglia per avere la nuova "storia" nella tv pubblica

Carmelo Caruso

"I programmi di storia in Rai li posso fare io, serve una neovulgata. E poi Bottai, Malaparte, ma anche Fidel Castro. Non chiamateci però storici di destra". Parla Giordano Bruno Guerri

Giordano Bruno Guerri, l’eretico, il biografo di D’Annunzio, Malaparte e Marinetti, l’ex direttore editoriale della Mondadori, lei, nella nuova Rai di destra, ci sarà? “Se mi verrà chiesto, io ci sarò”. E le è stato chiesto? “Non mi è stato chiesto, ma non mi nascondo. Io vorrei un programma sulla Rai. Lo vorrei perché la Rai è un mezzo straordinario. E’ un arcimezzo.  Lo vorrei, e non perché sono uno storico di destra, ma perché mi sento  solo uno storico”. Siete, voi, lei, Giampaolo Rossi, Angelo Mellone,  i barbari che faranno della Rai, l’Arcirai, la tv arcitaliana? “Dino Buzzati, nel suo romanzo, ha atteso i barbari, una vita intera. I barbari non erano poi così terribili”. Ecco un “barbaro” che dovrebbe saccheggiare “la storia” della Rai, il cassetto speciale  che è stato di Giovanni Minoli, Augias e oggi di Paolo Mieli


Giordano Bruno Guerri, se dovessero darle un programma Rai, se ne servirà per fare revisionismo storico, il concetto trappola della destra? “Odio la parola revisionismo”. E perché? “Perché tutte le attività scientifiche sono di fatto una revisione continua. Revisionismo è una parola che abolirei”. Scelga una parola per sostituire “revisionismo”. Quale? “Parlerei di neovulgata”. Non è sempre revisionismo? “Significa raccontare un episodio, un protagonista con altri occhi. Significa raccontare italiani irregolari. Uomini come Bottai, Malaparte, uomini dai destini incrociati con i destini di altri intellettuali”. Oggi il cda Rai dovrebbe approvare, con l’astensione della presidente Marinella Soldi (lamenta la presenza di poche donne ai vertici) i nuovi direttori di testata. Il sistema di voto verrà deciso da Soldi. Sarà lei a scegliere se far votare il singolo nome o votare il “pacchetto”. Gian Marco Chiocci è indicato al Tg1, Antonio Preziosi al Tg2, Mario Orfeo al Tg3.  A Rai Cultura resterà invece Silvia Calandrelli, la direttrice che ha lavorato con l’ex ad Carlo Fuortes, e che viene targata come quota Pd. Dipendono da Rai Cultura tutti i programmi di storia, quei programmi che, insieme alla fiction, secondo gli uomini di Giorgia Meloni che si occupano di televisione, consentono di modificare l’ immaginario.

 

Sono programmi che negli anni hanno visto avvicendarsi  Minoli, Augias, Vianello, Bernardini. La fascia di storia più popolare è oggi quella di Rai 3 delle 13.15. Si chiama “Passato e presente”, ed è condotta da Paolo Mieli. Ha preso il posto de “Il Tempo e la Storia”, striscia voluta dall’ex ad Gubitosi e affidata, in passato, a Bernardini. “Passato e presente” è il salotto della divulgazione storica, dove da tempo si siede, ad esempio, un’eccellenza come Francesco Perfetti, allievo di Renzo De Felice e Franco Valsecchi. Vive a Como e, anche lui, come Bruno Guerri, detesta la parola “revisionismo”. Perfetti, lei è uno storico di destra? Le hanno offerto qualche programma? “Io già collaboro in Rai, e bene. Potrei però mettere giù il telefono per la frase  ‘storico di destra’. Io sono uno storico e basta. Sono uno storico che ha sempre cercato di ricostruire i fatti, indipendentemente da una valutazione di carattere morale”. De Felice, il suo maestro, che ha cambiato il modo di raccontare il fascismo, non è stato definito un revisionista storico? “Ed è infatti un concetto della cultura marxista”. Quindi preferisce la parola “vulgata”, come Bruno Guerri? “Anche la vulgata non racconta bene il mio mestiere. Vulgata restituisce una visione della storia, di parte. Non a caso esiste la vulgata resistenziale”.

 

Dove era rimasta questa “destra storica”? Oltre a Perfetti dialoga con Mieli pure Franco Cardini, il medievista che spaventa la sinistra, ma dalla penna incantata. E c’è pure Mauro Canali, altro autore di saggi felici. Alessandro Campi, che ha partecipato all’ultimo convegno sul nuovo immaginario di destra, quello organizzato da Francesco Giubilei, consulente del ministro Sangiuliano, da marzo, è invece presidente dell’Istituto per il Risorgimento ed è una firma imprescindibile del Messaggero. C’è tutta una complessità, una libreria di saggi scritti da ciascuno di loro, anni passati sui libri, che, per paradosso, la parola “destra” macchia. Bruno Guerri è senza dubbio il più riconoscibile, di questo cartello, ma solo perché, come dice Perfetti, è un narratore storico, autore della biografia ben scritta, quella che  si sposa con il linguaggio della televisione. A misurare la destra Rai sarà infatti la sua capacità di fare ascolto e divulgazione popolare e a quel punto davvero potrà riscoprire storie irregolari. Se è vero che la destra allargherà, ci dovrebbe essere spazio per storie come quelle raccontate da Virman Cusenza nel suo “Giocatori d’azzardo”, storia dell’antifascista Enzo Paroli, che salva il fascista Telesio Interlandi o, ancora, quelle di Monica Galfré, docente che nei suoi saggi ha raccontato il terrorismo rosso dei figli dei ministri della Dc. Sono storie “di destra” o solamente storie che possono essere raccontate anche da storici di sinistra?  Bruno Guerri, se potesse, a quale storico di sinistra affiderebbe un programma Rai? “A Giovanni De Luna”. Il personaggio di sinistra da riscoprire con occhi di destra? “Fidel Castro”. Avremo il Castro di Bruno Guerri? “Mi piacerebbe”. Dopo Tele Kabul, su Rai 3, ci sarà Tele Fiume? “Ci sarà solo uno spoils system necessario. Farà bene alla sinistra, perché la rivitalizzerà, ma nello stesso tempo ci mostrerà davvero di cosa sia capace la destra. Un competente di sinistra si sostituisce, non con un amico, ma solo con uno più competente del competente di sinistra”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio