Il discorso
Meloni: "Nazione e Patria non sono idee retrograde: oggi sono centrali nel dibattito"
"Sogno un'Italia nella quale tutti possano definirsi e agire da patrioti", ha detto la premier intervenendo a un convegno organizzato da Marcello Pera in Senato. Al centro del dibattito a cui partecipano tra gli altri Orsina, Campi e La Russa, i valori conservatori
Nella sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva si svolge oggi un convegno organizzato da Marcello Pera, presidente della Commissione Biblioteca e Archivio storico del Senato, che ha come focus i concetti di nazione e patria. Al dibattito ha inviato un videomessaggio anche la premier Giorgia Meloni (di cui pubblichiamo il testo completo dell'intervento). Nel pomeriggio interverrà anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Tra i relatori del dibattito ci sono Francesco Perfetti, già professore ordinario di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze politiche della Luiss, Giovanni Orsina, direttore della School of Government della Luiss, e il politologo Alessandro Campi, docente dell’università di Perugia.
Buongiorno a tutti.
Saluto e ringrazio il Presidente Pera per aver promosso e organizzato il convegno di oggi e lo ringrazio per aver voluto riunire intorno al tavolo alcuni tra i più autorevoli storici, politologi e giuristi italiani per un confronto su due idee che mi stanno particolarmente a cuore: il concetto di Nazione e quello di Patria. Concetti fondamentali della filosofia politica e della storia delle idee che hanno prodotto una letteratura sterminata e sui quali ci sarebbe moltissimo da dire. Di certo non voglio e non posso competere con gli studiosi che hanno raccolto l’invito di un altro grande intellettuale come il Presidente Pera, ma non voglio rinunciare a fornire qualche spunto di riflessione.
Il primo elemento può sembrare quasi banale, ma a mio avviso non lo è. Non è un fatto scontato che oggi, nella sede della Biblioteca del Senato, si discuta di Nazione e Patria. Non è irrilevante che oggi queste idee siano diventate centrali nel dibattito politico, in quello storico, filosofico e giuridico e siano uscite da una marginalità nella quale per decenni erano state relegate. Perché considerate, a torto, idee retrograde, reazionarie, obsolete se non addirittura pericolose a tratti. Io invece ho sempre pensato che tanto la Nazione quanto la Patria fossero società naturali, cioè qualcosa che è naturalmente nel cuore degli uomini e dei popoli e prescinde da ogni convenzione. Esattamente com’è una società naturale la famiglia, che non a caso uno dei padri del Risorgimento come Mazzini ha definito la “Patria del cuore”. Così come non è un fatto irrilevante che definirsi patrioti non sia più oggi considerato un appellativo dispregiativo o comunque obsoleto ma un elemento condiviso e rivendicato praticamente da tutte le forze politiche, incluse quelle che in passato lo ritenevano quasi un’infamia. È una grande vittoria e sono orgogliosa del contributo che anche noi abbiamo dato in questa direzione. Perché il mio sogno è vivere in un’Italia nella quale, pur nelle differenze, tutti possano definirsi e agire da patrioti, ovvero da persone che antepongono l’interesse della Nazione all’interesse di parte o di partito.
Io non ho mai creduto alla tesi della morte della Patria. Certo, è senza dubbio che l’idea di Patria sia stata in crisi per anni e che sia stata spinta nel cono d’ombra della storia. Ma non è vero che quell’idea era dissolta, non lo è mai stata e ha invece continuato a fluire nella coscienza del popolo anche inconsapevolmente e adesso è riemersa in superficie con tutta la sua forza, è tornata a manifestarsi alla luce del sole. Spetta a noi, però, il compito di alimentare quella coscienza. Esserne in qualche maniera sorgente di valorizzazione.
E arrivo così al secondo spunto di riflessione che vorrei consegnarvi. Come sapete, io sono molto affezionata alla splendida definizione di Nazione che ha dato Ernest Renan. Lui diceva che la Nazione è “una grande solidarietà, costituita dal sentimento dei sacrifici compiuti e da quelli che si è ancora disposti a compiere insieme. Presuppone un passato, ma si riassume nel presente attraverso un fatto tangibile: il consenso, il desiderio chiaramente espresso di continuare a vivere insieme. L'esistenza di una Nazione – diceva Renan - è un plebiscito di tutti i giorni”.
Per Renan era fondamentale la comunità politica, ovvero l’insieme dei valori che uniscono un popolo, ma è altrettanto fondamentale che quei valori siano rinnovati continuamente. Una scelta, che siano voluti. Non basta riconoscere ciò che ci tiene uniti, è necessario che quel senso di appartenenza ad un comune destino sia alimentato ogni giorno. Che sia testato nei fatti, che sia provato nelle scelte che ognuno di noi fa nel suo quotidiano. Perché i legami non sono catene e riconoscerci parte di qualcosa di più grande non ci rende più deboli. Anzi, è l’esatto contrario: quei legami ci rendono più forti, ci rendono più solidali, ci rendono più aperti l’uno all’altro. Solo sulla forza di quei legami una Nazione può rimanere viva e vitale, può rigenerarsi, resistere agli inganni dello sradicamento, dell’omologazione e della disumanizzazione.
Solo sulla solidità di quelle radici, e vado verso la conclusione, una Nazione può trarre la forza, l’entusiasmo, il coraggio per essere protagonista del suo tempo. Troppe volte noi dimentichiamo il contributo che l’Italia ha dato alla storia dell’umanità. Non ce ne rendiamo mai pienamente conto, probabilmente perché siamo, per paradosso, assuefatti dalla bellezza e dalla cultura nelle quali siamo immersi. Quando si va all’estero – e a me capita molto in questo periodo particolarmente - il punto di vista cambia immediatamente e ci si accorge subito di quanto la nostra Nazione sia considerata un faro di civiltà, di quanto essere italiani sia sinonimo di bello, di prezioso, di innovativo, di geniale. E di quanta domanda ci sia d’Italia.
Per anni, forse per decenni, noi abbiamo dimenticato di cosa siamo stati capaci, di cosa siamo capaci. Di quanto l’Italia sia capace di stupire, di innovare, di essere avanguardia, di insegnare. Di quanto la nostra identità, la nostra Nazione, la nostra Patria siano ammirate e stimate. Ma non possiamo far innamorare gli altri di noi se non amiamo per primi noi stessi e se non riscopriamo ciò che ci lega e ci rende una comunità di destino.
Credere in ciò che siamo è la benzina più potente che possiamo mettere nel motore della Nazione. È il carburante di cui abbiamo bisogno per tracciare nuove rotte e tornare protagonisti in Italia e nel mondo.
E dunque grazie per il contributo che date a questa discussione, grazie per dare profondità a quello che cerchiamo di fare ogni giorno. Buon lavoro!
La prossima Commissione