cosa manca alla segretaria
Il paradosso aereo e sulfureo di Schlein, la leader che nessuno ha visto arrivare
Il peso non è il wokismo. Ma è la coincidenza di un’identità di partito con l’essere sociale, con la capacità di rappresentare interessi veri nel momento dell’urgenza e della distretta. Tutte cose non pervenute, cara Elly
Sulla scorta di vecchie conferenze di Italo Calvino, della leggerezza si è fatto un mito politico. L’obamismo ci ha messo il sovraccarico del leading from behind, un mito trascinante e riposante sul quale si sono edificate le principali sconfitte dell’occidente. Ma l’uomo di peso, la donna di peso, il peso in sé, non sono quisquilie e pinzillacchere, sono l’essenza del carattere politico. Biden ha vinto su Trump, erede di Obama, con la prospettazione di un progetto fatto di investimenti, aiuti, e poi sta cercando di resistere alla controffensiva anche con una condotta di guerra in Europa che deve far dimenticare la tragica sconfitta di Kabul, una delle origini della invasione paranoica dell’Ucraina da parte di Putin; non è la priorità astratta e lieve del lavoro come valore o dei criteri e diritti che decide, ma è la preponderanza delle questioni vere quella che fa sperare oggi nell’America sottratta ai deliri di Trump.
Ovunque il wokismo, il politicamente corretto, l’impasto di green e di etica minoritaria, si sono affermati, ultimo è il caso della Spagna, ecco che ha dilagato una leggerezza chiamata strategia dei diritti, coalizione delle minoranze identitarie. E le elezioni, con alterna fortuna ma una tendenza chiara, riflettono il rigetto generale delle leggerezze, degli eufemismi antifamiliari, delle facilonerie in tema di vita, di interessi, di economia e di lavoro, di tasse. Spiace criticare la Schlein nel momento in cui ha preso una bastonata. Ma prima di diventare profeta della leggerezza cromaticamente corretta, Elly era vicepresidente dell’Emilia-Romagna. Si sarebbe dovuto sentire il suo peso di amministratrice, di conoscitrice dei luoghi del disastro, si sarebbe dovuta occupare dell’alluvione trasmettendo non valori ma questioni urgenti di funzionalità di un’economia dissestata, di redditi distrutti, di una circostanza di tremenda afflizione: non pervenuta. Il peso è lì, nella coincidenza di un’identità politica con l’essere sociale, con la capacità di rappresentare interessi veri, interessi particolari e generali, specie nel momento dell’urgenza e della distretta. Tutte cose non pervenute.
Il peso è il problema. Senza peso niente buona politica. I sindaci devono incenerire l’immondizia, costruire gli stadi, decidere del destino delle linee di urbanizzazione, far funzionare i servizi, non ci sono pezze a colori che giustifichino gli sbandieratori di assoluti, tutto è relativo al peso delle scelte, alla corrispondenza delle scelte con la somma delle volontà che poi diventano consenso elettorale consapevole. Lo stesso vale per i parlamentari, che non possono conversare vanamente, Fabio Fazio è stato il capogruppo surrettizio dell’ondata di leggerezza stile Sanremo, stile talk, il fratacchione della levità postpolitica, ma Schlein non è Filippa Lagerbäk, non può permettersi di assomigliarle. Meloni e i destri hanno introdotto un modo di procedere crudo, ma di peso, continuiamo a dirci che non hanno classe dirigente, eppure il problema della classe dirigente, della gavetta, del peso politico è sempre di più il problema del centrosinistra, se mai poi esistesse, e del Pd. La sfida è impervia, se è la sfida tra un curriculum maschile in veste di donna di potere con ambizioni europee e conservatrici e un paradosso aereo e sulfureo, quello della leader che nessuno ha visto arrivare perché non era parte della comunità politica che ora guida, non era del Pd.