Matteo Piantedosi e Giorgia Meloni (Ansa)

L'editoriale del direttore

“Più Europa sui migranti”. La linea del governo a Bruxelles spiegata da Piantedosi

Claudio Cerasa

Più Europa per controllare i confini, aumentare i rimpatri e redistribuire chi arriva. In vista dell’incontro di domani con gli omologhi europei, il ministro dell’Interno spiega perché la posizione dell’Italia sui flussi è più europeista che orbaniana

“È ora di dirlo con forza: all’Italia, anche sui migranti, serve più Europa, non meno Europa”. I ministri dell’Interno dell’Unione europea si incontreranno domani mattina in Lussemburgo per cercare un accordo sulla posizione da tenere nei negoziati con il Parlamento europeo sul nuovo Patto su migrazione e asilo. Per l’Italia, si tratta di un appuntamento importante dal punto di vista simbolico perché l’attenzione di molti osservatori sarà rivolta alla posizione che assumerà in questa partita il governo Meloni. Gli schieramenti in campo non sono ancora definiti ma ci sono buone possibilità che l’Italia possa essere decisiva, al Consiglio europeo della prossima settimana, nel caso in cui la presidenza svedese dovesse rinunciare a trovare l’unanimità dei ventisette paesi dell’Ue, su questo dossier, e dovesse così avventurarsi verso un voto a maggioranza qualificata. Ai nastri di partenza, la situazione è questa. I paesi del sud chiedono più solidarietà. I paesi del nord vogliono rafforzare la responsabilità dei paesi di primo ingresso. E l’accordo a cui si sta lavorando, di cui parla in modo diffuso il nostro David Carretta, prevede un principio che potremmo brutalmente sintetizzare così: più responsabilità per i paesi di primo ingresso in cambio di più solidarietà. A questo punto del ragionamento la domanda, anche se maliziosa, è inevitabile: ma il governo Meloni, su questo fronte, avrà il coraggio o no di emanciparsi dall’agenda Orbán?

 

Le decisioni che assumerà l’Italia sul Patto su migrazione e asilo non sono ancora note (e d’altronde non lo sono neppure quelle di Germania e Francia). Ma l’idea che sull’immigrazione Meloni possa avere una posizione simmetrica a quella di Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia (dicono “no” non solo ai ricollocamenti, ma anche ai contributi finanziari sostanziali) questa volta potrebbe essere errata. Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, ha finora scelto il riserbo assoluto su questa partita. Ma chi ha avuto modo di parlare del dossier con il ministro, in queste ore, ha potuto ascoltare una posizione interessante, lontana dalla stagione dei blocchi navali. E la posizione scelta dall’Italia per andare a confrontarsi sul dossier immigrazione, in Europa, è stata sintetizzata così dal ministro dell’Interno: “È ora di dirlo con forza: all’Italia, anche sui migranti, serve più Europa, non meno Europa”. Svolgimento del ragionamento: “L’Italia vuole imporre a livello europeo un tema necessario da affrontare. È un tema difficile ma è un tema urgente: smetterla con il principio della volontarietà nella redistribuzione e iniziare a creare le basi per ragionare sull’obbligatorietà della redistribuzione”.

 

Il pensiero del ministro Piantedosi, condiviso dal presidente del Consiglio, ieri in viaggio in Tunisia per ribadire il tentativo dell’Italia di agevolare il difficile accordo fra la Tunisia e il Fondo monetario internazionale, è che una vera svolta sull’immigrazione in Europa vi sarà solo quando tutti i paesi dell’Unione – sia gli alleati storici dell’Italia, come Francia e Germania, sia gli alleati della maggioranza di centrodestra, il fronte di Visegrád – decideranno di fare un passo in avanti in questa direzione. “Per governare l’immigrazione – è il succo del ragionamento affidato dal ministro ai suoi collaboratori – serve più Europa. Serve più Europa per bloccare le partenze degli immigrati irregolari e per aiutare i paesi  a mantenere sul proprio territorio gli irregolari che non dovrebbero partire. Serve più Europa per lavorare a un meccanismo di rimpatri non solo nazionale che permetta a un paese come l’Italia di muoversi non da solo su questo fronte. Serve più Europa anche per sostenere finanziariamente i paesi come la Tunisia e come la Libia, che possono diventare strategici nella lotta contro l’immigrazione irregolare. E serve unire tutto questo con politiche pragmatiche fatte di tre punti punti: più corridoi umanitari per i rifugiati, nuovi decreti flussi per scegliere gli immigrati che possono apportare un beneficio alla manodopera del nostro paese e fine della retorica dell’ineluttabilità del fenomeno. E un paese con la testa sulle spalle ha il dovere di lavorare per questo: più fermezza contro l’illegalità, più aiuti ai rifugiati, più tutela dei confini, più strumenti per integrare i migranti che si trovano in Italia, più solidarietà in Europa”.

 

Difficile dire se l’approccio suggerito in queste ore dal ministro Piantedosi risulterà essere vincente (è dura). Difficile negare però che sarebbe un fatto positivo se il governo Meloni dovesse affrontare la discussione in Europa sul dossier immigrazione chiedendo ai paesi europei maggiore solidarietà. Formalmente, il risultato potrebbe essere quello di non far passare il Patto sull’immigrazione e asilo (patto che nel migliore dei casi concederebbe un po’ più di solidarietà a paesi come l’Italia esigendo però molta più responsabilità per bloccare movimenti secondari, che sono a oggi la vera valvola di sfogo dell’immigrazione che arriva in Italia). Sostanzialmente, però, sarebbe la prima occasione vera in cui almeno a parole il governo Meloni potrebbe fare un passo in avanti verso una nuova direzione: dimostrare che quando si parla di immigrazione i nemici dell’Italia sono anche i vecchi amici della destra. Le parole ci sono. Per i fatti vedremo.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.