L'intervista

Rachele Silvestri: "Il figlio con Lollobrigida? Veleni dei parlamentari FdI. Meloni non ha visto il test del dna"

Simone Canettieri

Parla la deputata di Fratelli d'Italia: "Il partito sapeva di questa storia un mese prima che uscisse la mia lettera. La voce messa in giro dal senatore Castelli? Non ci metterei la mano sul fuoco, ma..."

  “Ora va meglio, il peggio è passato. Ma rifarei tutto. Il test del Dna? E’ stata una decisione che ho preso  per il mio compagno, ma Giorgia non mi ha mai chiesto di farglielo vedere”. La deputata di Fratelli d'Italia Rachele Silvestri sorride e si muove con destrezza in Transatlantico: parla con i vertici del partito, mima una telefonata con il governatore delle Marche Francesco Acquaroli che passa di sfuggita.  E’ il giorno in cui  per la prima volta un neonato è stato allattato in Aula: è il piccolo Federico, figlio dei deputati M5s Gilda Sportiello e Riccardo Ricciardi. C’è aria di bebè a Montecitorio e spunta lei, la deputata di Fratelli d’Italia. Finita, suo malgrado, in una storia torbida e per la sua famiglia inaccettabile. Non è una faccenda da cronaca rosa, ma è politica. 


Lo scorso 5 aprile la deputata di Fratelli d’Italia scrisse una lettera indirizzata al Corriere della Sera per svelare “di essere stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio” perché  era di un politico di FdI. I boatos (mai confermati e anzi sempre smentiti) indicavano Francesco Lollobrigida, ministro e compagno di Arianna Meloni. “Una cattiveria per colpire la mia famiglia", disse poi al Foglio la sorella della presidente del Consiglio.


Ora Silvestri, 36 anni e due legislature alle spalle (la prima delle quali iniziata con il M5s)  ripercorre quei momenti. Con la massima serenità: il peggio, fa capire, è ormai alle spalle. Ma c’è un problema politico che va ben oltre il gossip: FdI è il primo partito d'Italia e le parole della deputata fanno intuire un clima non proprio armonioso, fatto di dossier e corvi per colpire i colleghi, in questo caso una donna, colpevoli solo di essere stati candidati in Parlamento. Dunque questo è il cuore della faccenda.


Scusi onorevole Silvestri ma perché decise di aprire un caso inviando una lettera a un giornale? “Perché ormai ero perseguitata da voi giornalisti. Non solo quelli della carta stampata, ma anche le televisioni: mi cercavano per invitarmi in trasmissione a parlare di una cosa falsa, vergognosa e incredibile. E dunque insieme al partito, già un mese prima della pubblicazione della lettera, decidemmo una strategia che poi si è concretizzata”.

Lei però diede la colpa a una voce messa in giro dentro Fratelli d’Italia. Ce l’aveva con il senatore Guido Castelli: è stato lui? “Diciamo che non posso metterci la mano sul fuoco, ma forse altro sì”. Ride con estrema leggerezza. E poi riprende a parlare e si fa seria: “Quella è stata una chiacchiera iniziata nel mio territorio, nelle Marche. Che poi non si è più fermata. Io abito in un piccolo paese, la mia vita era diventata insopportabile: non potevo uscire di casa, e non solo io”.


La premier Meloni è stata contenta della lettera? “Sì, credo che l’abbia apprezzata”. Le ha chiesto di vedere il test del Dna di suo figlio? “No, ma che dice!”. 
Ma insistiamo: perché ha voluto sollevare lei il caso? Così facendo ha trasformato una chiacchiera da redazione e da buvette in un fatto pubblico e dunque politico. “In prima battuta l’ho fatto per mio figlio, che era appena nato. Ma anche per il mio compagno Fabio che è un imprenditore e ovunque andasse era inseguito da frasi del tipo: guarda che il padre del tuo bambino non sei tu. Insomma, era diventata una situazione intollerabile”.


Meloni, che è presidente del suo partito, non ha mai detto una parola sul caso. Lei l’aveva avvisata? “Certo, come detto, già un mese prima della lettera dentro Fratelli d'Italia è iniziata una riflessione per trovare il modo di fare un’uscita pubblica su questo caso vergognoso. Vede, di me si può dire tutto, non mi importa, ho le spalle larghe e mi scivola tutto addosso. Ma mio figlio e il mio compagno hanno diritto a essere tutelati”.  


Rachele Silvestri, addetta alle vendite del supermercato Penny di Ascoli Piceno, è stata eletta in Parlamento per la prima volta con il M5s nel 2018. A marzo del 2021 aderisce a Fratelli d’Italia. Quando cade il governo Draghi e si va a elezioni anticipate viene paracadutata in Abruzzo, seconda nel listino plurinominale. Posizione blindata che il partito di Meloni le garantisce, spostandola di regione. Ultima domanda, onorevole: adesso teme che questa storia possa pregiudicare la sua eventuale ricandidatura quando sarà? “E perché? Mancano ancora quattro anni: la legislatura è appena iniziata, no?”.  

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.