riforme da soli
Fare le riforme da soli? "Sì, se serve. E' nell'interesse del paese". Parla Malan (FdI)
"Siamo pronti ad ascoltare suggerimenti dalle opposizioni", dice il capogruppo meloniano al Senato. "Ma abbiamo vinto le elezioni con un un programma in cui era previsto un percorso di riforma dell'architettura istituzionale"
La strada verso le riforme, e il premierato che si staglia all’orizzonte come possibilità, per la premier Giorgia Meloni, di non restare impantanata nelle sabbie mobili in cui altri, prima di lei, hanno lasciato progetti ambiziosi e ruolo di governo, primo tra tutti l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi – che oggi, come il leader di Azione Carlo Calenda, sulle riforme, e sul premierato in particolare, ha mostrato disponibilità. Una disponibilità che però Meloni – un mese dopo le consultazioni con le opposizioni sul tema – non sembra di fatto considerare essenziale, vuoi per quella che appare come una mancanza di fiducia (della serie: del Terzo polo non mi fido – la frase che riportano i suoi fedelissimi dopo l’ultima riunione sull’argomento), vuoi per la convinzione, a questo punto, che sia più percorribile la strada dell’elezione diretta del premier rispetto a quella del presidenzialismo (anche con referendum finale, visti i numeri che — ora — premiano Fratelli d’Italia).
Procedere a tutti i costi, dunque? “Sì, ma non solo e non tanto nel nostro interesse”, dice il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia Lucio Malan, “quanto nell’interesse di un paese che ha bisogno di stabilità e in quello delle maggioranze che verranno, di qualsiasi colore siano”. Meloni è pronta ad andare da sola. “Noi abbiamo vinto le elezioni con un programma in cui era previsto un percorso di riforma dell’architettura istituzionale del paese”, dice Malan, “un’esigenza oggettiva per l’Italia, oltre che un impegno preso con i nostri elettori. In questo senso vogliamo portare a termine il compito che ci è stato affidato. Abbiamo il vantaggio di avere una maggioranza parlamentare solida, possiamo procedere quindi anche nel caso in cui non ci sia collaborazione dall’opposizione, ma ovviamente la auspichiamo, la collaborazione. Ripeto: andiamo avanti nell’interesse del governo seguente, da chiunque possa essere guidato”. La convergenza reale “su determinate formule”, per esempio sull’investitura diretta del premier, dice Malan, “potrà presto essere verificata. Siamo pronti ad ascoltare suggerimenti”.
L’obiettivo è “evitare che si possano verificare nuovamente situazioni di instabilità e non chiarezza: come nel 2011, nel 2018, nel 2019, nel 2021, per non dire in anni più lontani. Sappiamo che la stabilità aiuta la crescita, ce lo dicono i parametri economici e, per esempio, la notizia di cui ha scritto ieri il vostro giornale: il fondo Blackstone che scommette sull’Italia. Gli operatori economici sono attratti da situazioni chiare e non mutevoli”. Quanto ai tempi, dice Malan, dopo aver parlato con il ministro per le Riforme istituzionali e la Semplificazione Maria Elisabetta Alberti Casellati, “si pensa a una bozza da predisporre per fine giugno-luglio. Non siamo partiti subito perché c’erano altre urgenze, ma ora i tempi sono maturi. Anche se non vogliamo procedere con eccessiva fretta, vista la necessità di riflettere bene su ogni aspetto, per poter rendere al paese il miglior servizio possibile, anche confrontandoci in Parlamento, sapendo che spesso il dettaglio conta più del titolo generale. L’idea, comunque, è che la riforma possa essere applicata alle prossime elezioni”.
Altro punto-chiave segnato sulla road-map, dice Malan, “la necessità di concentrarsi su un numero limitato di articoli della Costituzione, evitando di puntare demagogicamente su istanze che potrebbero complicare il percorso”. Si pensa già al referendum. Malan lo definisce “a questo punto anche desiderabile, e anche in caso di raggiungimento della maggioranza dei due terzi”.