tra Madrid, Bruxelles e Roma

La Spagna mette in luce l'inadeguatezza di Meloni sul Pnrr

Luciano Capone

Il governo Sánchez, in silenzio e senza polemiche, ha fatto tutto ciò di cui l’Italia ha solo parlato per otto mesi: ha ricevuto la terza rata, ha inviato a Bruxelles una proposta di modifica del “Plan de recuperación”  e chiesto i fondi RepowerEu. A Madris sì che erano "Pronti"

“Pronti!”, era lo slogan della campagna elettorale. “Mica tanto”, è la sintesi dell’azione di governo. L’impreparazione di Giorgia Meloni può essere valutata su quello che è il più importante dossier del governo, sia per l’impatto sul pil nei prossimi anni sia per la credibilità del paese in Europa: il Pnrr. Ed emerge soprattutto dal confronto con un paese come la Spagna che, in silenzio e senza molte polemiche, ha fatto tutto ciò di cui l’Italia ha solo parlato da otto mesi. Il governo dimissionario del socialista Pedro Sánchez ha infatti presentato nei giorni scorsi a Bruxelles una richiesta di modifica del “Plan de recuperación” (il Pnrr spagnolo) al quale ha aggiunto anche il capitolo RePowerEu, ovvero il piano europeo per far fronte alla crisi energetica e per rendersi indipendenti dalle forniture della Russia.

 

Con questa istanza la Spagna, che inizialmente aveva richiesto solo 70 miliardi di grant (trasferimenti) e rinunciato alla quota dei loan (prestiti), ha deciso di mobilitare tutte le risorse assegnatele: quindi 84 miliardi di prestiti e 10,3 miliardi di trasferimenti dei fondi del Next Generation Eu e del RePowerEu. Per ottenere le risorse, Madrid ha dovuto aggiungere al suo Piano 25 nuovi investimenti e altre 18 riforme, dettagliatamente descritti in un documento di oltre 190 pagine, con l’obiettivo di rafforzare il contesto imprenditoriale, attrarre lavoratori qualificati, migliorare la sostenibilità dell’agricoltura etc.

 

Con questi 94 miliardi aggiuntivi il piano spagnolo sarà del tutto paragonabile a quello italiano, che è il più grande d’Europa (164 miliardi contro 191 miliardi). Secondo la vicepremier e ministro dell’Economia Nadia Caliviño l’attuazione del piano sta già avendo un impatto positivo sull’economia e l’addendum richiesto a Bruxelles dovrebbe amplificarne gli effetti: “L’esecuzione del piano nel suo complesso consentirà al prodotto interno lordo della Spagna di aumentare fino a tre punti in media fino al 2031”, ha dichiarato. Si tratta di una stima notevole, che quasi raddoppia quella del Banco de España che prima della richiesta di modifica del Plan de recuperación prevedeva un impatto fino all’1,75% annuo. In ogni caso, a prescindere dalle stime sulla crescita, l’aspetto interessante del confronto con l’Italia è che la Spagna è anche l’unico paese ad aver ricevuto la terza rata del Next Generation Eu (6 miliardi di euro) già a fine marzo, ma la luce verde della Commissione europea era già arrivata a metà febbraio.

 

La situazione dell’Italia è molto diversa, costellata da polemiche, ritardi, scambi di accuse e crisi istituzionali come quella con la Corte dei conti sul controllo concomitante. Partiamo dai pagamenti. Sul pagamento della terza rata il governo è fermo da dicembre, in attesa che Bruxelles completi la verifica del raggiungimento degli obiettivi. C’erano diverse cose che non andavano, il governo aveva chiesto una proroga per mettere le cose a posto, la Commissione ha avviato alcuni controlli a campione... fatto sta che siamo arrivati a giugno e i soldi non sono stati sbloccati. Anzi, siamo a ridosso del 30 giugno, che è la scadenza per la quarta rata. Difficile aver raggiunto gli obiettivi della quarta se su quelli della terza non c'è ancora alcuna certezza. Il governo si vede costretto a chiedere un congelamento dei tempi, a rinviare quindi la richiesta e l’arrivo di risorse che sono indispensabili per trasformare il paese e stimolare la crescita in una fase critica dell’economia globale.

 

Della modifica del Pnrr, di cui Meloni e il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto parlano ormai da un anno – prima in campagna elettorale e poi dagli scranni del governo – non si vede neppure l’ombra. Si è inscenato anche una specie di braccio di ferro mediatico con la Commissione sulla possibilità di cambiare il Pnrr, ma a Bruxelles aspettano da mesi queste modifiche che alla fine non sono mai arrivate. Stesso copione per il RePowerEu, che da mesi viene definito dal ministro Fitto come “centrale”: tante parole sul “Piano Mattei” e l’Italia come “hub del gas” e siamo ancora alla fase interlocutoria, senza l’invio di alcuna proposta conclusiva.

 

Ciò che è poi paradossale è il contesto politico. Perché Meloni gode di una maggioranza politica solida e coesa, come in Italia non se ne vedevano dal 2008. Mentre Sánchez era sostenuto da una risicata coalizione “Frankenstein” con sinistra radicale e indipendentisti e ha dovuto affrontare una campagna elettorale per le elezioni amministrative da cui è uscito sconfitto e dimissionario. Ora ci saranno le elezioni politiche anticipate. Nonostante questo, a Madrid hanno raggiunto tutti gli obiettivi del loro Pnrr, hanno ricevuto i soldi della terza rata e richiesto un aggiornamento del piano oltre ai fondi del RePowerEu. Loro sì che erano pronti.

 

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali