Weber esclude alleanze tra Ppe e Conservatori. "Meloni deve rompere con Ecr"

Due passi all'evento di chiusura della convention romana dei Popolari. Tajani gongola e lancia la sfida: "Non appiattirci su FdI in vista delle europee"

Valerio Valentini

L'idea di avvicinare FdI ai Popolari c'è, ma per la premier diventa necessario smantellare il partito europeo di cui è presidente. Il problema polacco: "Il PiS è il nostro nemico politico", dicono dallo staff di Weber. E poi c'è l'incognita spagnola: "Vox per noi è irricevibile"

All’ennesima sollecitazione, i tre europarlamentari tedeschi della Cdu, che addentano un tramezzino mentre ascoltano Manfred Weber, allargano le braccia spazientiti: “Non c’è nessuna possibilità di un accordo tra Ppe ed Ecr. Nessuna. Zero. No way. E scrivetelo, per favore. Questa è semmai una fantasia della signora Meloni, ma non esiste”. Al che il portavoce del presidente del Popolari, olandese dal piglio deciso,  interviene sfoggiando un italiano impeccabile: “Il partito PiS e i suoi dirigenti sono i nostri nemici politici. E infatti in autunno saremo compatti al fianco di Donald Tusk per batterli”. Si capisce insomma che il problema, per Meloni, sono i suoi alleati attuali, polacchi su tutti. L’operazione “spaccare i Conservatori” scatta qui, nell’afa di Via della Conciliazione.

Sul palco dell’Auditorium a due passi da Piazza San Pietro, il cardinale Ravasi continua a parlare. Ha esordito promettendo “un rapido saluto”: da mezz’ora cita Ricoeur, Lévinas, Cartesio. Quando gli sentono dire “e ora veniamo alla seconda tavola del mio dittico”, una buona dozzina di europarlamentari si alza in cerca di un diversivo. “Meloni? Come presidente del Consiglio, in chiave europea, ci sarebbe poco da contestarle, Mes a parte”, ragiona Andreas Schwab, Cdu, a Bruxelles  dal 2004. “E’ come leader di Ecr che insomma…”.

Dunque il problema sta lì: nei compagni di viaggio che Donna Giorgia dovrà abbandonare, se vuole conquistarne di nuovi, e più importanti. Solo che di quel partito guardato con così tanto sospetto, i Conservatori, lei è presidente: lasciarli non sarà facilissimo. Ma certo non dovrà farlo prima delle elezioni europee, che la campagna elettorale esige la sua propaganda, e dunque nessuno si attende un’abiura a stretto giro. Ma dopo? “E dopo sarà Meloni – ci spiega un’europarlamentare francese – a dover scegliere”. Quello che sarà il discrimine della prossima legislatura europea Weber lo indica così: “Costruttivi contro distruttivi”. Dove starà FdI?

Un indizio, qui nell’incontro conclusivo di questa due giorni di popolarismo europeo all’ombra del Cupolone, lo si coglie nella scelta di campo che l’esecutivo italiano ha fatto giovedì a Lussemburgo. “Lo strappo rispetto a Polonia e Ungheria è il segno tangibile di come sia il governo italiano ad avvicinarsi alle posizioni del Ppe, e non viceversa”, nota Weber. Antonio Tajani, che fa gli onori di casa e che pure potrebbe rivendicare la titolarità della mossa, fa invece sfoggio di modestia: “L’esecutivo prende scelte nell’interesse del paese, non pensando ai tatticismi”. Ma è certo che quel solco Tajani vorrà presidiarlo, di qui alle Europee. “Anche perché altrimenti – è il ragionamento condiviso coi suoi confidenti – se diventiamo tutti la fotocopia di FdI, alla fine gli elettori sceglierebbero l’originale”. E questo spiega allora come nella fermezza di Weber verso le varianti sovraniste della destra italiana ci sia anche la voglia di lasciare pieno spazio politico “all’amico Antonio”. Anche per questo l’ipotesi di un incontro tra il leader del Ppe e il presidente della Camera Fontana, responsabile Esteri della Lega, è stato accuratamente scartata da Weber.

E Meloni? Per lei, come per i cechi di Petr Fiala, come per altri componenti meno esagitate di Ecr, potrà esserci spazio. Non a caso vari europarlamentari popolari ricordano del precedente del 2004, quando per accogliere i Tory inglesi aggirando veti e complicazioni politiche, il gruppo del Ppe assunse un nome più esteso: “Ppe e Democratici europei”. Servirà dunque una simile trovata, pare, per consentire a un pezzo dei Conservatori di entrare strutturalmente nell’orbita del Ppe, nella prospettiva però di una riproposizione della maggioranza “Ursula”, sia pure in versione rivista, ma comunque con un’intesa solida tra Popolari, Socialisti e Liberali. Per Meloni significherebbe dover tradire gli amici di sempre, i polacchi del PiS, e quelli mai davvero rinnegati, come Viktor Orbán. Lo farà? Qui al bar dell’Auditorium gli europarlamentari della Cdu dicono che lo si capirà a breve, con le elezioni in Spagna. Perché pure Vox rientra nel novero degli impresentabili. E il voto per la Moncloa è a fine luglio.
 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.