Berlusconi nel 2019 (AP Photo/Andrew Medichini) 

l'editoriale del direttore

Il Cav. come argine all'estremismo

Claudio Cerasa

Come Berlusconi è riuscito in un miracolo politico: far coincidere la sua libertà con quella dell’Italia

Competizione, innovazione, semplificazione, concorrenza, fantasia, creatività. E un punto fermo: di là la strategia del rancore, di qua la politica del sogno. Ci sono modi infiniti per provare a sintetizzare in poche righe quello che ha rappresentato Silvio Berlusconi per la storia dell’Italia. Ma il modo forse più efficace è scegliere un’unica chiave di lettura all’interno della quale miscelare i colori. E la cornice di riferimento forse meno raccontata coincide con il volto più sottovalutato del Cav. moderno: il suo essere stato un formidabile argine contro l’estremismo e dunque contro il populismo.

  

La rivoluzione anti populista del Cav. è stata una rivoluzione culturale prima ancora che politica, misurabile cioè più con l’impegno personale di Berlusconi che con l’impegno attivo dei governi che ha guidato, e quella rivoluzione la si può provare a declinare attraverso alcuni spunti di riflessione, che corrispondono alle grandi battaglie portate avanti dal Cav. durante la sua vita. E le battaglie sono queste.

 

Il Cav. ha combattuto gli orrori veicolati da una democrazia fondata sulla cultura del sospetto. Ha combattuto contro i pieni poteri di un circo mediatico-giudiziario desideroso di far prevalere la cultura della gogna sullo stato di diritto. Ha combattuto contro i poteri di una Repubblica statalista incapace di valorizzare la libertà veicolata dal libero mercato. Ha combattuto contro gli istinti di una Repubblica fondata sul complottismo. Ha combattuto contro un sistema politico chiuso, autoreferenziale, incancrenito, innovando il sistema dei partiti, alimentando il bipolarismo, favorendo l’alternanza e creando le condizioni per regalare alla destra quello che per anni in Italia le era stato negato dall’elettorato: il potere.

 

E nel farlo, nel rinnovare la politica, nel dare nuova linfa ai partiti, costringendoli a modernizzarsi, a inventarsi gazebo, a scommettere sulle primarie, ad accettare il nuovo terreno di gioco determinato dalla sua azione politica, Berlusconi ha combattuto anche con forza contro un’altra forma di populismo: il nazionalismo anti europeista. E il Cav., negli ultimi anni, lo ha fatto sempre con il Sole in tasca, arrivando a trollare, anche i suoi alleati: Matteo Salvini e Giorgia Meloni. “Il sovranismo – ci disse qualche tempo fa chiacchierando con il nostro giornale – è una bufala da mettere da parte, è un’idea stupida e stupidi sono quelli che ci credono”. Berlusconi lo ha capito prima che Meloni andasse al governo, Meloni lo ha capito una volta arrivata al governo.

 

Non si può difendere la libertà non difendendo l’Europa. Non si può difendere la libertà difendendo gli anti europeisti. Non si può difendere la libertà difendendo il sovranismo. Non si può difendere la libertà difendendo il nazionalismo.

 

Ci sono modi infiniti per provare a sintetizzare in poche righe quello che ha rappresentato Berlusconi per la storia dell’Italia moderna – e ci sono telefonate infinite che si potrebbero riportare del Cav. simili a quella che abbiamo ricevuto a fine novembre del 2022, quando il Cav. con affetto putiniano, tra una spiegazione e un’altra della sua posizione sull’amico Vladimir, ci disse “di vedere in giro per il mondo troppi partiti e troppi leader che non riescono ad allontanarsi dalle proprie radici prepotenti e autoritarie”, di vedere “troppi leader poco capaci, arroganti, che non assumerei mai in una mia azienda”. Ma alla fine dei conti il Cav., in politica e non, verrà ricordato per essere stato non, come si dice oggi, il precursore del cupo rancore trumpiano, ma la sua esatta antitesi: un argine contro i nuovi e vecchi populismi. Con il suo ottimismo, i suoi colori, il suo Sole in tasca, la sua fantasia miscelate a un’abilità straordinaria: quella con cui è riuscito a far coincidere la sua libertà con quella dell’Italia.
 

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.