Il ritratto
M. come Marina Berlusconi, la figlia-madre che ora vuole conservare solo Mondadori
Unico rifugio del Cav. dopo la morte di Mamma Rosa. Rilascia solo un'intervista l'anno. Da giovane è stata commessa a Londra. Rifiuta la politica. Deve gestire il passaggio con gli altri fratelli
Era suo padre. Un’intervista all’anno, al Corriere della Sera. Una visita a settimana, a Mondadori. Un solo vero piccolo segreto. Marina Berlusconi, da giovane, a Londra, ha fatto la commessa. L’aggettivo che ripete è “Sconcertante”. L’aggressione, gli “scippi” finanziari, che ha subìto Silvio Berlusconi, scomparso all’età di 86 anni, per Marina, la prima figlia, sono sempre stati “sconcertanti”. Uno è lo “zio”,’ Fedele Confalonieri, l’uomo che ora dice: “Non possiamo caricare tutto su Marina”. I libri sono la sua sola pace. Per lei, Maurizio Nardin, il Borges di Segrate, spediva i testi di Max Weber, il filosofo della “politica come professione”, quella che Marina ha promesso di non praticare. Prima di morire, sarebbe stato Silvio a chiederle di non provarci perché “non voglio che tu soffra” e lei, avrebbe risposto, che “di Berlusconi ce ne può essere uno”. Erano ciascuno il numero primo dell’altro.
Ancora uno e uno. “Un” confidente che è più di un portavoce, Franco Currò, ex giornalista di Panorama, “un” amministratore delegato con cui, gli ha insegnato il padre, “devi avere lo stesso rapporto esclusivo che ho io con Gianni (Letta)”. Marina Berlusconi è una lettera. E’ la M., che è anche la M. di Mondadori, l’azienda che presiede e che lei vorrebbe conservare. A Milano si parla infatti già della futura vendita di Mediaset, mentre di Forza Italia si dice che sarà ridotta a una piccola pattuglia affidata a Letta e Tajani. E’ una pattuglia che dovrebbe avere un preciso mandato: fare da ronda in attesa di trovare il compratore giusto dell’impero, che poi va spartito. La famiglia Berlusconi è infatti “due”, come i matrimoni di Silvio. Fino a quando l’egemonia di Marina potrà essere accettata dai fratelli “di secondo letto”?
Aveva solo trent’anni quando è stata indicata vicepresidente della Fininvest, la cassaforte di famiglia. Nove anni dopo era presidente. E’ cresciuta con manager come Tatò, Ermolli, Livolsi, Costa, Mauri. Sono burocrati dei numeri e hanno amministrato, in questi anni, la “roba” Berlusconi insieme a Marina, la figlia che voleva studiare arte e che invece ha studiato Giurisprudenza, Scienze Politiche (il voto più basso in diritto pubblico). Tra i registi amati, oltre a Fellini, Luc Besson.
Ha raccontato che senza suo padre “avrebbe forse fatto la dog sitter”. In Provenza, nella sua villa, che è stata la villa che ha scelto Berlusconi durante il Covid, ha posseduto fino a sette cani. Il più amato era Orazio. Nessuno italiano conosce la voce di Marina perché M. ha scelto di farsi raccontare attraverso le fotografie, quelle che per lei seleziona Alfonso Signorini, il direttore di Chi, a cui M. ha cambiato la vita. Un giorno, lo raccontava Signorini, “incontro Marina a Porta Venezia, a Milano, con il passeggino, e scoppia la simpatia. Ero solo un collaboratore di Mondadori, non avevo neppure la scrivania”.
Dopo quell’incontro, Signorini diventa il direttore più invidiato dell’impero, l’unico che si è potuto permettere di pubblicare la foto di Marina-Venere alle Bermuda. Un amore giovanile, un ex barman, poi il matrimonio con Maurizio Vanadia. Per il matrimonio di M., Silvio lesse il Cantico dei Cantici. Due figli, Gabriele e Silvio, a cui, dicono, a Segrate, si “è interamente dedicata”. E’ dal 2000 che si ragiona sulla successione di M. e sono stati effettuati sondaggi su di lei, ma la politica necessità di una qualità che M. non possiede. L’incoscienza. Non parla a braccio. Lei stessa avrebbe detto: “Non credo nelle dinastie politiche”. E’ spontanea solo durante il solstizio d’estate, quando partecipa alla festa sul prato della Mondadori (ufficio al quinto piano, libro sul tavolo Il Cortegiano di Castiglione). E’ la sera in cui le partite iva vanno a fare l’amore, di nascosto, nelle sale riunioni, perché “non ci vede nessuno. Si fanno tutti la foto con Marina”.
Prima di intervenire, anche fosse solo l’assemblea dei soci del suo gruppo, M. chiede schede e documenti. A eccezione delle interviste, di carta, confezionate con cura, economiche, e sempre con il vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca, di Marina ci sono solo i comunicati stampa, ma rigorosamente a borse chiuse. L’altra forma preferita è lettera infuriata, di carta, alla Celiné. Resta celebre quella pubblicata nel 2015 sul Foglio. Era indirizzata a Elisabetta Sgarbi e Umberto Eco, i fondatori della Nave di Teseo, dove M. lamentava: “Arroganza e disprezzo”. L’unico suo ritratto, autentico, è datato 1999 ed è quello di Francesco Merlo, sul Corriere. Uno. Uno solo.
E’ la vera firma a cui ha aperto stanze della sua vita, prima di ingaggiarci una battaglia, anche questa a colpi di lettere. Era il solo che scelse per raccontare le sue passioni musicali da adolescente (Rod Stewart) o di quella volta in cui aveva guidato, sempre in Inghilterra, da sola, un Renault 5, di colore champagne. M. beve solo Perrier con limone. L’altro documento unico è un video, 9 minuti, di Marina rivolto ai dipendenti Mondadori, in occasione del saluto dell’ex ad Mauri. La scenografia è la stessa che aveva scelto il padre nel 1994. Uguale. Ma lei è solo M., la figlia che divenne madre del padre, dopo la scomparsa della vera Mamma Rosa, nel 2008. Solo per loro, per Marina e Silvio, la poesia di Pasolini è intercambiabile: “Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore/ ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore/ dannata/ alla solitudine la vita che mi hai data”.