Pd al bivio
Dopo Berlusconi: cosa deve fare la sinistra per non lasciare spazio alla destra?
Di fronte a un centrodestra in necessaria mutazione, il principale partito d’opposizione dovrà decidere come porsi in vista delle prossime consultazioni elettorali. Parlano Alfieri, Gribaudo e Orfini
È il giorno dei funerali di Silvio Berlusconi, e la segretaria del Pd Elly Schlein, come i leader di Azione e Italia Viva Carlo Calenda e Matteo Renzi, e a differenza del leader m5s Giuseppe Conte, sarà presente a Milano con i capigruppo dem alla Camera e al Senato, Chiara Braga e Francesco Boccia, e il segretario regionale Vinicio Peluffo. Per il Pd, dopo le esequie e i giorni di sospensione dell’attività parlamentare, arriverà presto il momento di chiedersi che cosa fare di fronte a un centrodestra in necessaria mutazione. A seconda di quello che succederà, ma anche a prescindere, il principale partito d’opposizione dovrà decidere come porsi (verso la premier e non solo), nella prospettiva delle prossime consultazioni elettorali e oltre. La posta è alta.
“Il tema più importante su cui riflettere è la partita che si gioca in Europa”, dice Alessandro Alfieri, responsabile Riforme e Pnrr nella segreteria Pd: “La situazione attuale, con Ursula von der Leyen sostenuta da un’intesa tra socialdemocratici, liberali e Ppe, potrebbe essere stravolta se si verificasse la ventilata intesa tra Ppe e Conservatori europei, un gruppo che ha al suo interno partiti che presentano venature euroscettiche. L’asse si sposterebbe in direzione di un’Europa à la carte, dove si usa e si prende quello che conviene”. Quanto al piano interno, dice Alfieri, “dovremo tenere a mente, nel prossimo futuro, che il Pd è un soggetto plurale nato e cresciuto con una forte cultura di governo e l’aspirazione di raggiungere una vasta fetta della società italiana. A questo pensavano i padri fondatori del partito. Ci si può anche dividere su alcuni temi senza venire meno ai principi cui il Pd si ispira. E ho l’impressione che si stia riaffermando una logica bipolare con alternanza centrodestra-centrosinistra, motivo per cui anche il Terzo Polo dovrebbe decidere da che parte stare, di fronte a una Meloni che cerca di intercettare il voto moderato in Europa, in direzione di un centrodestra più largo. Ecco, non lascerei troppo spazio”.
Per la vicepresidente del Pd Chiara Gribaudo, “l’erede di Berlusconi non esiste, ovvero Meloni sta provando a sostituirlo come leader e federatrice, per recuperare a FdI quello che resta dell’elettorato di FI. E non solo. Meloni però deve abbandonare gli antichi lidi nazionali e sovranisti per riuscire a garantire in Italia un rapporto con le cancellerie europee e con il Ppe. E non sono sicura che sarà una passeggiata, per comunanza e abitudine politica. Per il Pd è la grande occasione per chiudere un bipolarismo personale e un modo di fare politica che non ha portato da nessuna parte. Berlusconi è sempre stato immoderato. Non si tratta di essere meno moderati o più radicali. Semmai tornare ad essere popolari”.
“Il Pd faccia il Pd”, dice Matteo Orfini: “Il Pd, cioè, deve tornare a essere un partito che punta a conquistare un pezzo ampio del paese e non si accontenta di galleggiare attorno al venti per cento. Ecco, penso si debba recuperare una capacità attrattiva in questo senso. E non credo, come ha scritto Marco Damilano, che chi non è d’accordo con la linea Schlein debba andarsene dal Pd: vorrebbe dire condannarsi a una deriva minoritaria e fare un regalo alla destra. Ho pensato questo di tutte le scissioni pd, che si trattasse di D’Alema, Bersani e Speranza o di Calenda e Renzi. E basta anche con il racconto tossico in negativo di che cos’è il Pd: il Pd è un grande partito che va diretto – ed è complicato dirigerlo. Punto”.