Superbonus e progetti dei sindaci. I dossier che il governo non invia. Quel che non torna alla Commissione sul Pnrr

Valerio Valentini

La visita degli ispettori di Bruxelles a Roma illumina i ritardi di Meloni sulle modifiche al Piano e sul RePowerEu. I toni si fanno aspri. Il cortorcircuito tra Palazzo Chigi e i sindaci. Documenti a confronto. E poi i 14 miliardi di bonus edilizi che rischiano di diventare una grana per il Tesoro

Se il clima è quel che è, non è certo questione di dettagli. Martedì, a ora di pranzo, i toni si sono inasprirti semmai sulla faccenda sostanziale: perché a sentirsi dire che un po’ del ritardo nella definizione delle modifiche del Pnrr la si dovrebbe anche alle complessità sfuggente delle norme che quelle modifiche dovrebbero regolare, la delegazione dei funzionari della Commissione ci ha tenuto a precisare che no, che in nessun caso i tentennamenti amletici del governo italiano possono essere scaricati su Bruxelles. Che anzi pure sul RePowerEu si attendono parole di chiarezza, e documenti ufficiali, da Roma. E che, per di più, nelle poche carte fatte pervenire ai collaboratori di Paolo Gentiloni e Ursula von der Leyen il 24 maggio scorso ci siano dei riferimenti ai soli cambiamenti relativi ai target di giugno, quelli da cui dipenderebbe la quarta rata da 16 miliardi: come che insomma l’idea di Giorgia meloni e Raffaele Fitto sia di mettere una toppa sulle scadenze imminenti, e il resto si vedrà. E insomma si capisce l’imbarazzo di chi c’era, lì nella sala polifunzionale della presidenza del Consiglio, e che parla di “un’arietta friccicarella”.

E insomma se pure bastava il quadro generale, a intossicare l’aria, poi pure sui dettagli si è discusso. Perché gli obiettivi da ridefinire tra i 27 fissati per fine mese, pur non essendo troppo numerosi, toccano comunque temi che la Commissione ritiene sensibili rispetto alle missioni strategiche del NextGenerationEu. Per questo, siccome il tema mette in discussione il traguardo finale della riduzione dei divari territoriali, in questi giorni di colloqui e di verifiche è stata inserita in programma perfino una riunione specifica sugli asili nido. Per questo martedì pomeriggio ci si è accaniti per più di un’ora intorno al Superbonus e alle richieste del governo di eliminare dal novero degli interventi ammissibili al finanziamento europeo quelli legati al Sismabonus e alla sostituzione di caldaie a gas che non comportino l’adozione di impianti alimentati da energia pulita. Senza contare poi, ma qui davvero si arriva agli aspetti marginali, che Palazzo Chigi stimava in 15 miliardi i fondi del Pnrr a rischio del Superbonus, mentre il Mef, nella revisione della Relazione semestrale sul Piano, ha ridotto la stima a 13,9 miliardi: soldi che, se la Commissione dovesse rifiutare la ricalibratura del target chiesta dal ministero dell’Ambiente, potrebbero ricadere, in tutto o in parte, sul bilancio statale.

E così, di problema in problema, perfino quello dei portali governativi è stato sollevato: il ReGis, il cervellone della Ragioneria generale che monitora sull’attuazione dei progetti, e le lamentele di funzionari ministeriali e amministratori locali circa il suo difficile utilizzo; e InPa, il sistema con cui il governo punta a facilitare l’arruolamento dei professionisti necessari alla realizzazione delle opere. Quello, cioè, da cui dovrebbero essere reclutati i famosi mille esperti pensati dall’allora ministro Renato Brunetta, e sul cui destino, e il cui effettivo impiego, gli ispettori della Commissione hanno interrogato in modo assai capzioso anche la delegazione dell’Anci.

E qui, sui sindaci, i funzionari di Bruxelles hanno registrato un’altra anomalia. Perché una delle complicazioni additate dal governo per spiegare la lentezza nel varo di alcuni progetti stava nella “frammentazione degli interventi”, un pulviscolo di 29 mila piccoli cantieri dal valore non superiore al milione di euro. Insomma, l’affanno del Pnrr nascerebbe in gran parte, come si legge anche nella Relazione semestrale, nella fatica dei comuni. Se non fosse, però, che i collaboratori di Antonio Decaro ieri pomeriggio hanno consegnato ai delegati della Commissione un dossier che, citando dati di Anac e Corte dei conti, attesta il discreto stato di avanzamento dei lavori in capo ai comuni, e che quelle 29 mila micro opere, pure indispensabili se si vuole una ricaduta del Pnrr nelle aree interne e più svantaggiate, costituiscono solo 6 dei 40 miliardi affidati agli amministratori locali, e di quei 6 miliardi già 2,5 sono stati spesi. Che insomma quantomeno non resti in mano ai sindaci, il cerino.

 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.