L'editoriale dell'elefantino
Gli antifascisti illiberali stanno dalla parte delle leggi eccezionali
L’imprevisto 25 aprile giudiziario. La bizzarra Italia dove un Cln di fascisti liberali viene in soccorso della Repubblica tradita, mobilitando un ministro magistrato diverso dalla disciplina e dalla politica di chi si intruppò nei vari pool
Con la riforma Nordio nasce un paradossale antifascismo giudiziario, e a tagliare il nastro di questo inimmaginabile 25 aprile c’è un governo alla cui testa è una ex missina. Negli ultimi tempi il garantismo è stato un po’ in pericolo, insidiato da loschi figuri dell’ultimissima ora che ne fanno una coda di pavone e un birignao insopportabile, questo è vero. Ma la crociata di Renzi pro domo sua, letteralmente e legittimamente, riscattava con il suo successo e i suoi argomenti inoppugnabili anche coloro che cercano e trovano un posticino al sole fra i talkanti che non sanno quello che dicono e quindi straparlano. Ora i fascisti liberali della Ducia corrono in soccorso della Repubblica tradita per tre decenni dalle procure manettare onnipotenti, devastata da una forma acuta di corruzione morale e culturale, piegata ai bassi istinti festaioli dei vari popoli dei fax, delle sfilate con le torce in mano sotto le finestre del basito Borrelli (perfino per lui a tutto c’era un limite: protestò la sua estraneità), delle monetine ad personam al comizio di Occhetto, delle soffiate mediatiche generatrici di pentimento sincero tanti anni dopo, delle aggressioni personali, dei linciaggi, delle gogne, delle sentenze scritte da magistrati collaboratori del Fatto, delle retate della Buoncostume fuori tempo massimo, dei complottismi antimafia che hanno portato alla sbarra chi prese Riina e poi Provenzano.
Siamo un paese stupefacente. Uno si aspetterebbe, con le bagatelle che circolano sui giornali d’ordinanza conformista e la saggezza convenzionale attribuita a un popolo di presunti forcaioli, che sulla scia della guerra ai rave e altre belinate il governo avrebbe fatto il suo, giustificando l’allarme di Prodi sull’ombra autoritaria che si allunga sull’Italia. Uno si aspetterebbe la stretta, il giro di vite di Meloni e La Russa sulle libertà civili. Succede il contrario. Gli antifa, che pannellianamente sono i veri fascisti di regime, invocano nuovi codicilli del codice Rocco rinominato codice Davigo (gli innocenti sono colpevoli non ancora scoperti, disse l’imputato-giudice), chiedono di inasprire le procedure, vogliono l’esemplarità, la deriva punitiva, il colpo alla Pubblica amministrazione dell’abuso sistematico, la galera per i loro stessi sindaci con fascia tricolore, predicano le manette universali che scattano istantanee, fulminee e sopra tutto automatiche, in nome dell’automatismo dell’azione penale (così lo chiamano), denunciano la collegialità che la riforma richiede per la restrizione della libertà personale come un trucco, irridono le assoluzioni senza impugnazione del pm come se il giusto processo in Costituzione non avesse stabilito che bisogna condannare al di là di ogni ragionevole dubbio.
L’ombra dello stato di polizia è viva e vegeta, la versione sudamericana della giustizia è il manifesto illiberale del giornalismo d’assalto sopravvissuto perfino ai funerali di Berlusconi, considera vendicativo legiferare con un occhio aperto e vigile in difesa dei diritti dell’accusato quarant’anni dopo l’arresto di Enzo Tortora. Il rovesciamento delle irresponsabilità è completo. Il gip di Mani pulite Italo Ghitti a un certo punto confessò che ai bei tempi delle retate firmava gli arresti senza nemmeno leggere le motivazioni, c’era da sbattere dentro la Repubblica dei partiti e si procedeva a carr’armato, si riammanettava con provvedimenti a grappolo anche il detenuto, e chissenefrega se si metteva in testa un cappuccio di nylon per soffocarsi in carcere durante le vacanze del suo aguzzino. Gli antifascisti illiberali stanno dalla parte delle leggi eccezionali, delle procedure che garantiscono la supplenza ai poteri democratici, lo svuotamento delle prerogative del potere legislativo, la tutela dell’intentona, della pretesa eversiva di sostituire agli eletti il potere della casta codina dei vincitori di concorso; per fortuna c’è uno strano e imprevedibile Cln di fascisti liberali che ha mobilitato un ministro magistrato diverso da chi si intruppò nei vari pool, con la loro linea politica e la loro disciplina. E’ la bizzarra Italia con il suo stellone della fortuna.