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il viaggio in Francia

Una Meloni anti lepenista all'Eliseo

Claudio Cerasa

La presidente del Consiglio scopre cosa può fare l’Unione europea per tutelare l’interesse nazionale. Un duetto anti sovranista a Parigi

Sono fatti per non comprendersi. Sono fatti per litigare. Sono la proiezione degli incubi l’uno dell’altro. Ma sono anche destinati a stare insieme, a lavorare fianco a fianco e a diventare una delle coppie più improbabili e più belle d’Europa. Il presidente francese, Emmanuel Macron, e la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ieri si sono incontrati, dopo molto peregrinare e dopo molto litigare, all’Eliseo e improvvisamente si sono capiti.

Per molto tempo, Macron ha rappresentato per il nazionalismo populista l’emblema perfetto di tutto ciò che è necessario odiare. E nell’immaginario sovranista il presidente francese è stato a lungo descritto come un mix tossico di globalismo, di europeismo, di internazionalismo, di elitarismo, di capitalismo e di sorosismo. Nel 2016, nel corso di un’accesa relazione tenuta alla festa di Atreju, Meloni arrivò a definire Macron un “irresponsabile”, un “cinico”, alla guida di un paese “vomitevole che sfrutta l’Africa stampando moneta per quattordici nazioni africane sulle quali applica il signoraggio”. Otto anni dopo, la situazione è decisamente cambiata. E lo stesso Macron, il cui partito (En Marche!) da molti mesi vede l’ascesa di Meloni alla guida dell’Italia come un incubo da esorcizzare, come la prova provata che i lepenisti d’Europa possono conquistare consenso e arrivare al potere, ascoltando la premier italiana all’Eliseo, ieri, deve aver avuto nettamente l’impressione che nella narrazione macroniana, europeista e anti nazionalista, Giorgia Meloni sta diventando l’esatto opposto rispetto a quanto temuto finora: una formidabile testimone di quanto il sovranismo nazionalista sia, per stessa ammissione dei sovranisti, incompatibile con la realtà.

E così nel delizioso duetto all’Eliseo, Giorgia Meloni ha spiegato che l’Italia può lavorare felicemente con la Francia “a difesa dell’interesse nazionale dei propri paesi e della sovranità strategica dell’Europa”, a favore di una solida “difesa europea”, alla ricerca di una comune “riforma de governo dell’Eurozona”, nella consapevolezza che Roma e Parigi debbano lavorare insieme a livello bilaterale e multilaterale per favorire una proiezione internazionale del nostro continente”.

Il passaggio più interessante del discorso anti lepenista di Meloni all’Eliseo è però quello che riguarda l’immigrazione. Meloni rivendica l’accordo trovato anche con la Francia ma non con l’Ungheria all’ultimo Consiglio europeo sul patto sui migranti. Chiede che vengano fatti passi in avanti ulteriori. E indica come modello di cooperazione da seguire “il pieno coinvolgimento” messo in campo dall’Unione europea sulla Tunisia affermando un principio un tempo indigesto ai sovranisti che potremmo brutalmente sintetizzare così: l’immigrazione non può essere fermata alzando muri nazionali ma deve essere governata coinvolgendo i partner europei. E incidentalmente, i partner europei che possono aiutare l’Italia a governare l’immigrazione sono i nemici di un tempo, come il “cinico”, “irresponsabile”, complice del signoraggio Emmanuel Macron, che grazie all’Europa possono aiutare paesi come l’Italia a non restare ostaggio dei ricatti dei vecchi amici dei sovranisti, come Orbán. Una Meloni anti sovranista da Macron. Per gli anti lepenisti d’Europa, uno spettacolo puro.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.