La successione del Cav.
Forza Italia reloaded. Sfida la Lega, offre incarichi. Per paradosso è attrattiva
Sottogoverno, candidature più facili, l'ombrello della Meloni che può garantire un futuro ed ex leghisti come Cota e Tosi che cercano leghisti delusi. La nuova vita di Forza Italia
E’ il paradosso Forza Italia: ora che viene data per morta comincia davvero a vivere. In Lombardia, Veneto, Calabria, Campania, è il partito alternativa. In Parlamento, i suoi voti sono irrinunciabili (ieri l’assenza di due senatori di FI ha messo in minoranza il governo). Alle prossime elezioni europee basta portare consensi e si viene candidati. Non è una provocazione. Forza Italia punta a scalare la Lega di Salvini. E lo può fare. E’ confederata con Giorgia Meloni, la premier che riconosce FI stato amico, e che offre futuro riparo. Sono dunque berlusconiani, ancora, ma cambiati. Sono senza il Cavaliere, ma nessuno può chiedergli adesso di sacrificarsi perché “lo chiede il Cavaliere”. La fine è il vero lascito di Berlusconi: la sua cenere è oggi frumento.
Il tesoriere Alfredo Messina si fa da parte e passa il testimone al suo collaboratore, Fabio Roscioli (oggi la nomina durante il consiglio di presidenza). Simone Leoni, responsabile della giovanile, è sempre più presente nella vita di partito. Sta accadendo qualcosa, in Forza Italia, che è simile all’allegria del naufragio. E’ quel qualcosa che, al Senato, il parlamentare Francesco Silvestro, imprenditore campano, spiega con questa frase: “Adesso che è finito tutto, può cominciare tutto”. Dopo il funerale, deputati e senatori di FI si sono arrotolati le maniche. Chiamano i militanti, portano come esempio casi di fedeltà, recentemente premiati. Lo slogan è “Con noi nessuno resta indietro”. E pure questo è vero. Chi non ce l’ha fatta alle elezioni viene recuperato. Roberto Ciccone è stato indicato membro del cda di Rai Way. Guido Milanese, altro forzista, è stato nominato in una società del ministero dell’Ambiente. Maria Chiara Fazio e Giuseppe Moles sono stati nominati in Acquirente unico. E si potrebbe continuare. Al sud si muove, sempre più deciso, il capogruppo al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello, che ha tutte le carte in regola per correre alla presidenza della regione Campania. Al nord, Alessandro Sorte vuole ora dimostrare, ad Antonio Tajani, di avere voti. Si stanno scatenando. In Lombardia, FI sta aprendo le porte a tutti i consiglieri comunali della Lega in sofferenza, vengono pure agganciati i dissidenti del Comitato nord di Umberto Bossi. In queste ultime settimane, sempre Sorte, corteggia il gruppo di Gianni Fava, l’unico che ha osato sfidare Salvini. Altri due ex leghisti, ora in Forza Italia, si stanno mobilitando e cercano nuova luce. In Piemonte, Roberto Cota, l’ex governatore della Lega, si muove per attirare i cacciati del Carroccio, come l’ex deputato Paolo Tiramani, che ha creato una rete di amministratori locali. In Veneto, Flavio Tosi setaccia provincia per provincia. E’ l’ex sindaco di Verona, deputato di FI e ha gioco facile. Il candidato naturale alla guida della Liga veneta, Roberto Marcato, l’assessore più votato di Luca Zaia, ha appena annunciato il suo ritiro e denunciato un “percorso a ostacoli”. Hanno ragione quanti, in Fdi, ripetono che non c’è nessuna voglia, da parte di Meloni, di scalare Forza Italia. Nelle intenzioni di Meloni deve essere Forza Italia, una Forza Italia agguerrita (come può essere una comunità che lotta come non ha mai fatto per sopravvivere) a sfidare la Lega. A Meloni serve anche per regolare gli affari interni di partito. Per restare ancora in Lombardia, la competizione tra Lega e FI, a colpi di piccoli scippi, produce due effetti. Il primo. Costringe la Lega a difendersi in province come Bergamo e Lecco, antichi feudi. La canzone è sempre berlusconiana: “Siamo liberali. Scometti su te stesso”.. Il motto è “candidati e pesati”. In Forza Italia, per ottenere la candidatura, non occorre, al contrario della Lega, dimostrare di avere una militanza. E ora il secondo effetto. In una regione come la Lombardia, FI diventa una spina anche per Ignazio La Russa, che domina incontrastato il partito a Milano; partito che difetta ancora di esperienza amministrativa. Guido Bertolaso, assessore alla Sanità, ha dovuto richiamare l’ex dirigente Carlo Lucchina, già direttore con Formigoni, perché avrebbe spiegato a FdI: “Ho bisogno di competenze, e voi, al momento, non le possedete”. Inutile ricordare che Bertolaso è stato il vanto di Berlusconi. In Calabria, Occhiuto è un presidente così amato che sarebbero i militanti calabresi a chiedergli di candidarsi alle Europee, anche solo per fare il portabandiera. Senza più la provvidenza Berlusconi, i berlusconiani sono come li avrebbe voluti lui, e come era impossibile essere fino a quando c’era lui: libertini, liberali, liberati.