Il caso
L'affondo di Salvini su Santanchè per indebolire Meloni. Che scompare per 36 ore
La Lega e un pezzo di FI chiedono alla ministra di riferire in Aula. Il leader punta alle dimissioni. La premier teme nuove rivelazioni sui bilanci di Visibilia e il ruolo di La Russa
L’ordine viene eseguito intorno a mezzogiorno. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera: “Aspettiamo che Santanchè riferisca in Aula”. Passano cinque ore e tocca a Massimiliano Romeo, capogruppo del Carroccio in Senato, confermare la linea sulla ministra del Turismo: “Se viene potrebbe chiarire”. E’ una dinamica già vista con Conte e con Draghi: è la modalità Salvini. Il vicepremier punta a far dimettere Santanchè per indebolire Giorgia Meloni. Un missile a doppia gittata: su Palazzo Chigi, ma anche su Milano.
Santanchè è la dama di Fratelli d’Italia a Milano e in Lombardia. Ha portato voti e relazioni, finanziamenti ed eventi (da ultimo l’assemblea programmatica nell’aprile del 2022) a Giorgia Meloni. E lo ha fatto sempre in tandem con Ignazio La Russa, seconda carica dello stato.
Tra politiche e regionali la coppia ha scalzato Salvini dal podio. Ora la ministra del Turismo è nei guai per la sua attività di imprenditrice. A Palazzo Chigi temono le mosse della Procura. La relazione dei periti dei pm avrebbe acceso un faro sui bilanci della società editoriale Visibilia, certificati nel collegio sindacale dallo studio La Russa.
L’inchiesta è prossima alla chiusura. La trasmissione “Report” di Sigfrido Ranucci non è detto che vi non faccia un ritorno. In quanto la situazione è “in evoluzione”. Tutti elementi che rimbalzano nella testa della premier: avvistata giovedì alle 17.30 mentre usciva da Palazzo Chigi dopo aver fatto saltare il Consiglio dei ministri sulle norme stradali tante care a Salvini. Oggi la premier è scomparsa dai radar.
Non si è fatta vedere nemmeno per partecipare al concerto dell’Accademia di Santa Cecilia per i dipendenti del Palazzo. “Dov’è Giorgia?”. Questa mattina è attesa – la sua presenza è confermata – in Austria, all’abbazia di Gottweig per il Forum europeo di Wachau. Finora non ha mai parlato della ministra e amica Santanchè. Nessuna difesa ufficiale. Neanche i big di Fratelli d’Italia (da Donzelli a Lollobrigida fino a Fitto e Crosetto) hanno speso una parola. Solo i capigruppi, Foti e Malan, hanno gonfiato il petto.
Nel governo non si capisce dove e quando si fermeranno le inchieste. Della magistratura e di “Report”. Intanto continuano a fioccare le testimonianze in chiaro – nome e cognome – di chi ha lavorato nel colosso dell’alimentazione biologica, Ki Group, e deve ancora ricevere decine di migliaia di euro dalla ministra. Salvini ha trovato il cuneo dove infilarsi. E Meloni si ritrova sola con l’appoggio di quel magma incandescente che si chiama Forza Italia senza Berlusconi. Antonio Tajani sulla vicenda sembra una appendice degli alleati di stanza in Via della Scrofa: “Su Daniela è tutto a posto, il governo durerà cinque anni”.
Che è anche la linea di Tullio Ferrante, sottosegretario azzurro amico di Marta Fascina: “Il fango della sinistra e quello della stampa non potrà che fortificare la ministra”. Diversa la posizione di Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera già miccia delle dimissioni dell’ex sottosegretaria Augusta Montaruli dopo la condanna in Cassazione. Sul caso ministra del Turismo l’ex giornalista dice: “E’ giusto che lei spieghi i contorni della vicenda affinché non ci siano dubbi, è giusto che la chiarisca, in Parlamento o in tv, contribuendo a eliminare qualunque possibile velo di incertezza”. Una posizione più vicina alla Lega che a Tajani. Mulè aggiunge: “Quando ho pensato che “Report” violentasse la verità contro di me sul caso Montante ho risposto con altrettanta violenza: sono andato in Antimafia, mi sono rivolto ai tribunali e all’Agcom per far valere, come poi è successo, le mie ragioni perché non avevo nulla di cui temere”. Potrà fare altrettanto Santanchè? La ministra, che domani sarà a Ischia per un vertice di Ecr, dice agli amici “che non ha paura di niente e che vuole andare avanti”. Le dimissioni? “Solo se me le chiedesse Giorgia”. Tuttavia Meloni prende tempo, aspetta e parla di “fiducia a tempo” sperando che la cronaca non la colga di sorpresa. Le opposizioni per la prima volta sono compatte: da Fratoianni e Bonelli fino a Renzi e Calenda, passando per Pd e M5s. E’ un problema contingente, quello della ministra del Turismo. Che si specchia con l’altro macigno che pende su Palazzo Chigi: la ratifica del Mes. Su cui è tornata a battere anche Roberta Metsola, l’ultima ad aver visto Meloni prima di queste trentasei ore di buio. Dov’è Giorgia? E cosa pensa?