Meloni parla di "logica di pacchetto" in Ue. Ma rischia il pacco

Luciano Capone e Valerio Valentini

La conferma di un italiano nel comitato esecutivo della Bce, dopo la nomina di Panetta in Banca d'Italia, non è scontata (chiedere alla Spagna). Quella di Franco alla Bei ancora più in dubbio. Poi c'è la Vigilanza di Francoforte. E infine il Pnrr. Ecco perché, più che la campagna elettorale, la premier dovrà curare la campagna nelle istituzioni. E col Mes offre il pretesto a chi vuole porre veti all'Italia

Ai deputati forzisti curiosi, Antonio Tajani offre rassicurazioni. “La scelta di  Panetta è stata meditata,  con lui ci siamo confrontati anche sulla sua sostituzione nel board della Bce. Siamo ottimisti”. Chi invece deve darla  assai meno per scontata, la cosa, è Giancarlo Giorgetti, il quale sul fatto che con troppa facilità nel governo si considerino  acquisite le prossime conquiste europee si confida coi suoi collaboratori. E forse si spiega così la sua reticenza, il suo essere schivo coi colleghi di maggioranza, il suo evitare  i banchi del governo durante l’intervento di Giorgia Meloni alla Camera, per mimetizzarsi negli scranni della Lega. “La premier parla di logica di pacchetto, ma il ministro dell’Economia sa che si rischia il pacco”, dice Enzo Amendola. 

Rischio reale, in effetti, se a segnalarlo non è solo il deputato del Pd, ma anche Mario Monti. “La premier dice che il suo rifiuto di ratificare il Mes si giustifica alla luce delle trattative sull’unione bancaria. Ma a parte che proprio il Mes è  uno strumento indispensabile per l’unione bancaria, segnalo che nei prossimi mesi a questo pacchetto si aggiungerà un’altra incognita: quella del comitato esecutivo della Bce”, spiega l’ex premier, in un intervento che deve colpire non poco Meloni, se è vero che lei subito si fa portare carta e penna, nell’Aula del Senato, e gli invia un bigliettino.

La storia dice che l’Italia ha sempre avuto un suo rappresentante nell’organo di vertice di Francoforte. E tutelare questo precedente converrà anche a Francia e Germania, cioè gli altri due paesi che finora hanno goduto dello stesso privilegio. In più, Piero Cipollone,  il candidato su cui il governo sembra puntare, è all’altezza del ruolo: vice direttore generale della Banca d’Italia, gestisce a Palazzo Koch le stesse deleghe sui pagamenti che Panetta detiene a Francoforte, compresa quella importante per l’Eurotower  sull’euro digitale. E però il percorso per la sua nomina sarà lungo: spetterà al Consiglio europeo  indicare il successore di Panetta, al termine di un iter che coinvolgerà anche il Parlamento europeo e  il Consiglio direttivo della Bce. Un ostacolo potrebbe essere la questione di genere (si preferirebbe una donna), già sollevata ai tempi della nomina di Panetta, ma non è certo insormontabile. In ogni caso, incappare in un veto non è impossibile, anche per i paesi più grandi. Come sa la Spagna, che ha già dovuto saltare un giro, tra non poche polemiche.

Ed ecco, allora, i timori di Giorgetti. “Perché con questa faccenda del Mes – dice un anonimo ministro di FI – si offre  a chiunque voglia complicarci la vita a Bruxelles un pretesto perfetto: e questo, a dispetto di quanto dice Meloni, non risponde agli interessi della nazione”. E sarà pure, come obietta Tommaso Foti, capogruppo di FdI alla Camera, che “la gente ricorda ancora cosa fu il Mis, ma non sa cos’è il Mes”. Ma pare evidente che sempre più, nella lunga cavalcata verso le europee, Meloni dovrà  valutare se conviene alimentare la propaganda o costruire la diplomazia. “Più che alla campagna elettorale, bisognerebbe guardare alla campagna per le istituzioni europee”, prosegue Amendola. E in effetti, se una bocciatura del candidato italiano alla Bce sarebbe clamorosa, uno sgarro al paese più che al governo, assai più scivolosa è la partita per la Banca europea degli investimenti (Bei). Daniele Franco, scelta su cui  Giorgetti anche in virtù di un rapporto personale di stima ha messo la faccia, è un nome autorevole; ma la candidatura alternativa di Margrethe Vestager, attuale vicepresidente della Commissione Ue non è da meno. E in quel caso sì che i nordici potrebbero far pesare l’ostruzionismo di Roma sul Mes.  Considerando l’uscita di Andrea Enria, che a fine anno lascia la presidenza della Vigilanza della Bce, senza la scelta di Franco alla Bei l’Italia uscirebbe dal giro di nomine europee con una poltrona di rilievo in meno.  Insomma “Meloni continua ad alternare i toni da talk show e quelli da Consiglio europeo, ma prima o poi dovrà decidere quale dei due registri usare”, osserva Matteo Renzi. E in questa frecciata c’è tutta l’indecisione di una premier che da un lato vagheggia con gli alleati una strategia per avvicinarsi al Ppe, dall’altro pensa bene di aprire un conflitto con Paolo Gentiloni dicendo, nell’Aula del Senato, che “mi fa specie che il Commissario se la prenda con l’attuale governo sapendo che il Pnrr non lo abbiamo scritto noi”. Sdoganare una polemica sul Pnrr con la Commissione che dovrà giudicare i risultati dell’Italia sul Pnrr: anche questo fa parte della raffinata strategia “di pacchetto”. Che può rivelarsi di contropaccotto.
 

Di più su questi argomenti: