Nomine
Un picaro a Parigi. L'improponibile nuovo direttore dell'istituto di cultura (scelto dal governo)
Artisti inventati, teatri distrutti, il ministero sceglie di farci raccontare da Antonio Calbi, ex direttore dell'Inda, la cui storia sempre un romanzo da avventurieri
Si è inventato un finto artista (era lui) spacciandolo per grande, ha guastato teatri, ostacolato spettacoli, litigato con il mondo: l’Italia lo premia. Giorgia Meloni sa che il suo governo ha appena scelto questo picaro, questo Lazzarillo, come direttore dell’Istituto italiano di Cultura a Parigi? E’ l’istituto guidato in passato da ciclopi del teatro come Giorgio Ferrara e Guido Davico Bonino. L’artista selezionato, perché di fatto lo è, si chiama Antonio Calbi e, su indicazione del ministro degli Esteri, si impegna a promuovere la cultura italiana, una cultura da avventurieri. Era da mesi che si ragionava intorno a questa nomina e che venivano avanzate candidature. Tra i nomi in lizza, la giornalista Maria Latella, Marco Delogu, direttore del Palaexpo di Roma, il costumista Gianluca Falaschi. Alla fine sono stati selezionati tre profili. Uno è Calbi, il prescelto, il secondo era quello di Grazia Quaroni, direttrice della Fondation Cartier, il terzo, era quello del compositore Nicola Sani. Come si è arrivati a Calbi è un’altra puntata della sua strepitosa opera. La paternità è dubbia.
Formalmente la nomina è di Antonio Tajani, ma al governo c’è chi parla di suggerimento da parte di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura. Chi è Calbi? Si è laureato al Dams, collaborato con la rivista di Franco Quadri, storico del teatro. Ha lavorato pure a Repubblica. La vera fortuna la fa al Teatro Eliseo di Roma grazie a Filippo Patroni Griffi tanto da essere nominato vicedirettore e poi direttore artistico. Si trasferisce a Milano, chiamato da Letizia Moratti sindaco. Nel 2014, ritorna nella capitale come direttore del Teatro di Roma grazie al M5s. Qui Calbi eccelle. Organizza conferenze stampa durante le quali fa inondare la sala di petali di rose. Non bada a spese. I conti sballano. I dipendenti li riceve in pantofole coperte di piume: “Prego, avanti”. E’ da anni che Calbi porta in scena la sua vita, la sua eccentricità da birbante di talento. E’ uno spettacolo che ha già replicato in tre città. Abbiamo detto che debutta a Roma, replica a Milano, ma va in tournée anche in Sicilia, a Siracusa. Era il 3 settembre del 2018, quando il ministro Alberto Bonisoli, decide di nominarlo sovrintendente dell’Istituto nazionale Dramma Antico.
E’ una nomina, quella di Calbi all’Inda, favorita dal governo gialloverde, dai 5s, che a sua volta lo avevano voluto anche alla guida del Teatro di Roma. Calbi si presenta infatti come un manager culturale dei 5s. Ma è solo un effetto di scena. Chi ci ha lavorato insieme dice: “Calbi, in politica, è stato tutto e dunque nessuno”. A Milano, e torniamo indietro al 2007, la sindaca Moratti lo indica direttore del settore spettacolo. Come vanta Calbi nel suo cv, da quell’ufficio gestisce ben 23 milioni di euro. A Calbi devono così fare riferimento tutti i teatri della città, tra questi Scala e Piccolo, teatro, quest’ultimo, dove cercherà in tutti i modi, ma invano, di farsi nominare direttore. Aiutato dai membri in cda della regione, e da Angelo Crespi, anche lui consigliere del Piccolo, “sequestra” di fatto il teatro. Per settimane non si arriva alla nomina del nuovo direttore perché i due delegati, pro Calbi, area centrodestra, non si presentano. Fanno saltare costantemente il numero legale. Per sbloccare la situazione si decide, stremati, di allargare il cda. Un inedito.
Dovevano averne le scatole piene perfino i due membri che sponsorizzavano Calbi, dato che, al momento del voto, il loro voto non è per Calbi. L’eroe lascia Milano carico di relazioni e sale al comando del Teatro Argentina, a Roma. Per lui viene alzato lo stipendio da direttore a 150 mila euro. Lavoratori a tempo indeterminato si licenziano. Chi maneggiava i conti, senza successo, ha provato a spiegargli che “il bello per il bello, senza badare ai conti, non è bello”. Nulla. Senza freni anche uno come Calbi si convince di essere Strehler. Quando comprende che non è aria riesce a lasciare Roma e farsi nominare sovrintendente dell’Istituto nazionale Dramma Antico. A Siracusa, al teatro antico, dove ogni anno si mettono in scena le tragedie greche, Calbi in pochi mesi ne fa “fuori” uno. Un consigliere, Francesco Pinelli, lascia. Un altro membro, Mariarita Sgarlata, professoressa dell’Università di Catania, che è venuta a mancare, si scontra con Calbi, e si racconta di litigi furiosi. Ostacola spettacoli di cui poi Calbi si vanta, come nel caso dell’Edipo Re di Robert Carsen. Clamorosa resta una sua decisione: a tre giorni da una prima manda in ferie forzate la segretaria dell’organizzazione giustificandosi che era per non accumulare ferie remunerate. Il capolavoro è tuttavia un altro. Nel giugno del 2022, da sovrintendente, si fa pure curatore della mostra “Edipo, lo sguardo su di sé” a Palazzo Bellomo, sempre a Siracusa. Ci sono opere di Paladino, Isgrò, Pomodoro e di un artista non identificato. Si chiama Leo Kalbinski. Vengono chiamati accademici per comporre le schede scientifiche e pur con tutta la sapienza non riescono a comprendere chi sia questo Kalbinski. Lo chiedono a Calbi che risponde serenamente: “Ma Kalbinski sono io!”. Da curatore si è in pratica imbucato nella grande arte come il marionettista Craig Schwartz, nel film Essere John Malkovich, si imbucava nelle mente dell’attore. Quando all’inizio si diceva che l’Italia lo premia, si voleva dire che mandare Calbi a Parigi non è un premio adeguato. “Essere Calbi” vale più del Dito medio di Maurizio Cattelan. Esportiamo croste. E’ la patacca, in tutti i sensi, la nostra vera bandiera.