l'editoriale dell'elefantino

La maggioranza ombra Meloni-Pd-FI-centristi unita contro Putin

Giuliano Ferrara

Il bipolarismo imperfetto della politica italiana è perfetto quando si tratta di politica estera. A dividere i due fronti è la guerra in Ucraina. Meloni e il Pd stanno insieme, ma non osano dirselo. Strano ma vero

Il sistema politico italiano bipolarizzato nel modo imperfetto che sappiamo si divide in modo perfetto sulla politica estera e di sicurezza, con la guerra alle porte. Si divide su Putin e l’Ucraina. L’Europa come dimensione politica, gli investimenti straordinari del piano dell’Unione, le nomine che contano e la gestione dei grandi apparati in cui lo stato è parte decisiva sono tutte cose che dipendono da questa stella fissa, sono variabili subordinate. Meloni e il Pd di Schlein, con l’aggiunta dell’area centrale del polo Renzi-Calenda e di Forza Italia, sono la base su cui si regge questo pilastro strategico, esteri e difesa. Il resto, i grillini di Conte, la Lega di Salvini, la sinistra movimentista radicale, è appunto un residuo politico a lato della sostanza strategica al governo e all’opposizione. Ci possono essere oscillazioni di toni, sensibilità alla posizione ambivalente della Chiesa di Bergoglio e di settori cattolici più o meno influenti, e le parole di pace in lode della diplomazia non si negano a nessuno, formalmente, ma le forniture militari all’aggredito, le sanzioni all’aggressore, il coordinamento delle decisioni in sede Nato e Unione europea, anche la relazione in via di riscrittura con la Cina della Via della seta, tutto questo è il fondamento di sistema per l’oggi e per un futuro prevedibile, elezioni europee e nuove maggioranze di Strasburgo comprese.

    

Fa un certo effetto che questo elemento di primaria importanza, per di più in un paese che per decenni fu crudamente diviso dal conflitto tra i due poli della Guerra fredda, non sia valutato e considerato come merita nei gruppi dirigenti e nei media. Si chiacchiera del pacchiano caso Santanchè, di egemonia culturale a vanvera, della nomina di un commissario, di sottili distinguo in materia di immigrazione, e si cerca il pelo nell’uovo propagandistico in un conflitto ormai inesistente tra presunti sovranisti e presunti europeisti, quando le forze politiche principali del paese, numero uno e numero due, sono internazionaliste o si definiscono come tali nei fatti.

   
 Ciò che sta sul proscenio, e si vede, la chiacchiera politicista lo relega sullo sfondo o dietro le quinte. Ciò che davvero importa, in un occidente ristrutturato nel fondo della sua identità da un conflitto armato devastante e irriducibile, in un quadro di alleanze ridefinite e rinsaldate nei gangli di stati e Forze armate, intelligence e pensiero politico, passa in secondo piano e non produce effetti significativi di fronte all’ordinaria amministrazione dei contrasti simbolici minimalisti tra governo e opposizione, meglio, tra un’idea di destra che non esiste e non produce un’alleanza per l’Europa e un’idea di sinistra o di centrosinistra che brilla per la sua irresolutezza, per i suoi inciampi e le sue zoppie nella politica delle alleanze, tranne che per la divisione decisiva su Putin, dove si sa chi sta con chi e chi no. Non è grottesco?

  

Quando Berlinguer disse di sentirsi più sicuro nella Nato che altrove (1976) la politica italiana fece un salto di qualità di enorme portata, la politica dei partiti si ridislocò entro nuovi confini strategici, il che alla fine, dopo la sconfitta unitaria del terrorismo e inoltrandosi negli anni Ottanta, non escluse scontri durissimi per il primato nella battaglia del Pci contro Craxi e il pentapartito a direzione socialista. Ma il più era fatto, il problema non era quello del passaggio di un Berlinguer a Mediaset, altro oggetto di chiacchiera palinsestistica, tutti i programmi in palinsesto politico e non televisivo si aggiornarono sulla nuova direttrice. Oggi siamo molto al di là di quella dimensione anni Settanta-Ottanta, con le sue ambiguità ma percepibile come una grande svolta di sistema, oggi siamo a una maggioranza ombra Meloni-Pd-FI-centristi che fa camminare il paese nel cerchio di fuoco della guerra, che lo regge in piedi come media potenza europea e lo definisce come pilastro delle alleanze euroatlantiche. Lasciamo stare le curve dell’inchiesta del Copasir sui rubli convertiti in euro e in dollari, e così abbondantemente circolanti nel giro dell’ambasciata di Mosca a Roma, su queste cose spesso non si cava un ragno dal buco (e, come diceva il contadino Luigi Longo, “a che serve cavare un ragno dal buco?”). La questione è di politica generale, si riflette sulle trame varie e le divisioni nella imminente battaglia per una maggioranza politica a Strasburgo: Meloni e il Pd sono nella stessa maggioranza ombra ma non osano dirselo e dirlo al paese e all’Europa, o se preferiscono alla nazione e all’Unione, il che fa lo stesso. Strano ma vero.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.