In affanno sul Pnrr, il governo aggira il Parlamento alle prese con le ferie estive. E Gentiloni mormora
"Coinvolgeremo le Camere", prometteva Meloni. Ma il dossier con le modifiche al Piano non c'è ancora, e la possibilità di discuterli con deputati e senatori è ormai molto remota. Fitto rimanda le audizioni a Montecitorio, a Palazzo Madama il governo prende impegni fumosi. La scadenza del 31 agosto diventa complicata. E il commissario europeo dice che "i ritardi sono evidenti"
Il problema è che l’unico a non andare in vacanza è il tempo che passa. Lavorerà a regimi ridotti la Commissione europea, dalla prossima settimana. Chiuderà i battenti pure il Parlamento, sotto la canicola agostana. E dunque il Pnrr, che pure, maledetto, in ferie non ci va, deve fare i conti col calendario estivo. E deve farceli pure Raffaele Fitto, che con deputati e senatori aveva preso un impegno chiaro: “Ogni passaggio legato al Recovery verrà discusso alle Camere”. Solo che si sa come vanno le cose: gli accidenti, le complicazioni. E insomma nell’imprendibile sviluppo delle trattative tra Palazzo Chigi e Bruxelles intorno al Pnrr una cosa appare certa ormai: che nulla ne sapranno, di quello sviluppo, Camera e Senato. Non, almeno, rispetto alla scadenza più importante: quella del 31 agosto, data entro la quale il governo dovrà vedersi approvata dalla Commissione la proposta di modifica del Piano, insieme al RePowerEu. E a qualcuno, forse, questi cinquanta giorni che ancora mancano parranno tanti: ma il Parlamento sospenderà i lavori tra l’8 e il 10 agosto. Restano tre settimane per ipotizzare un iter di discussione e di ratifica che – come ben sa il ministro Luca Ciriani – allo stato attuale, visto il traffico da smaltire prima delle vacanze, è semplicemente impensabile. Sempre ammesso, peraltro, che per quella data, il dossier con le modifiche al Piano sia pronto. Cosa non scontata, a giudicare dallo zelo con cui Fitto ha rifiutato, riprogrammandola a chissà quando, la sua audizione sul Pnrr alla Camera prevista per giovedì.
“Motivi istituzionali”: formalmente questa è la ragione che, secondo quanto comunicato dal presidente della commissione Bilancio, il forzista Giuseppe Mangialavori, ha spinto il ministro per gli Affari europei a rinviare il suo incontro coi deputati. Ma quale sia il giorno fissato per la nuova audizione, questo Mangialavori non ha saputo dirlo: “Sarà mia cura informarvi appena ne saprò di più”. A Palazzo Madama, invece, il ruolo di chi fa quel che può per prendere tempo – e regalarlo a Fitto – è toccato mercoledì scorso a Giuseppina Castiello. Incalzata dai senatori della commissione Esteri, la sottosegretaria leghista ai Rapporti col Parlamento ha spiegato che il “quadro delle proposte di revisione al Pnrr sarà presentato a breve”. Quanto a breve? “Verosimilmente nel mese di luglio”, ha risposto la sventurata, finendo con l’essere criticata sia da chi, nel Pd, ritiene quell’impegno troppo vago (“Ormai il Pnrr dovremo chiederlo a ‘Chi l’ha visto?’, sbotta Enzo Amendola), sia da chi, nel gabinetto di Fitto, fa notare che “ci prenderemo tutto il tempo necessario, anche per evitare errori dettati dalla fretta, come successo col precedente governo”.
Come che sia, di tempo per avviare una discussione vera in Parlamento, sulle modifiche al Piano da inviare a Bruxelles, pare non essercene. Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, ha ottenuto che la delega fiscale abbia la precedenza: andrà licenziata dalla Camera nei prossimi giorni, poi finirà a Palazzo Madama per una revisione scontata che imporrà una terza lettura. Il tutto, entro la prima settima d’agosto. Prima di quella, però, va convertito il dl Alluvione: ci stanno dentro le norme sulla ricostruzione in Emilia e la nomina del generale Figliuolo come commissario, e scade il 23 luglio. Venerdì verrà posta la fiducia, da votare lunedì prossimo, per poi mandarlo blindato al Senato. Percorso analogo al decreto su Enti locali e rigassificatori, che ha appena sei giorni in più di margine. E sempre prima della pausa estiva il decreto voluto da Fitto per ridurre le procedure d’infrazione europee dovrà fare invece la spola in senso opposto. L’ingorgo è tale che perfino il ddl di Nordio sulla giustizia, a dispetto dei toni dei meloniani che suggerirebbero risolutezza assoluta, verrò rimandato a settembre: rimasto impantanato al Mef per la bollinatura, ora in attesa del vaglio del Quirinale, non avrà tempo per essere approvato prima. Stesso destino incombe sul ddl sulla pirateria online, che pure avrebbe requisiti di urgenza. Come riuscire a infilare, in questo calendario proibitivo, una sessione di dibattito congiunto sul Pnrr, e poi un voto da parte di entrambi le Camere?
Eccolo, dunque, l’affanno che cresce sul Recovery (lo stesso a cui ha alluso anche Paolo Gentiloni, ieri, spiegando al Parlamento europeo che “mentre alcuni paesi sono sulla buona strada, altri affrontano un rischio crescente di ritardi nell’attuazione del pnrr”): con la terza rata ancora sospesa (e sì che Giorgetti, ed era il 30 aprile, giurava che fosse “questione di ore”) e il Mef che borbotta per quei 19 miliardi previsti che non arrivano nelle casse del Tesoro, con la richiesta di pagamento per gli obiettivi di giugno – altri 16 miliardi – ancora congelata, con le incertezze da sciogliere sulRePowerEu e un’incognita generale sui progetti da modificare, sostituire, trasferire sui Fondi di coesione, bloccati pure quelli con gran scorno dei presidenti di regione, del sud e non solo.
“Lei, presidente Draghi, e mi rivolgo anche al Quirinale, crede che sia giusto che si voti un piano di questa portata senza avere avuto neppure il tempo di leggerlo? FdI è un partito serio e non accetta il metodo di un piano volutamente tenuto in un cassetto e poi presentato alle Camere con la formula del prendere o lasciare”. Così parlava, nell’aprile del 2021, Giorgia Meloni, allora leader dell’opposizione. E ci sta che qualcuno, nei prossimi giorni, le ricordi quelle parole.