Il cda e la striscia su Rai2
Marinella Soldi, la presidente Rai con chiara “policy” sul caso Facci
L'onda delle polemiche sul La Russa junior, le nomine, la donna che da Londra è arrivata in Viale Mazzini con il governo Draghi
Sul caso del Filippo Facci (presunto) sessista per un articolo su Leonardo Apache La Russa e la ragazza che l’ha accusato di stupro, l’ad Rai Roberto Sergio ha preso tempo, ieri in cda, rimandando la decisione sulla striscia che il giornalista dovrebbe condurre in autunno su Rai 2 e che da molti parti si vorrebbe bloccare. Ma la presidente della tv di Stato Marinella Soldi, con il supporto delle consigliere Francesca Bria (Pd) e Simona Agnes (FI), aveva già tracciato una linea di contrarietà, in nome dell’inaccettabilità, questo era il concetto, delle parole di Facci (inaccettabilità e intollerabilità), nel quadro della “policy” di genere aziendale, pallino di Marinella Soldi più volte fatto pesare in questi mesi (specie al momento delle nomine meloniane per le testate giornalistiche, un mese fa).
Fatto sta che la presidente Rai, già dirigente Mtv, Vodafone e Discovery, con nascita a Figline Valdarno, curriculum internazionale e studi economici a Londra e in Francia, giunta al vertice del cda Rai sotto il governo Draghi, sul caso Facci non è rimasta chiusa nell’aplomb silenzioso che aveva caratterizzato le prime fasi del mandato, quando c’era chi, al settimo piano, si domandava che cosa pensasse (e facesse) la presidente che ci si aspettava ribaltasse cassetti e conti, su ispirazione del (o in connessione con) il precedente governo tecnico.
Ascrivibile al campo dei renziani tiepidi negli anni delle varie Leopolde, quando, a un certo punto, si credette a una nomina di Soldi e non di Antonio Campo Dall’Orto al vertice della tv pubblica, ma anche al campo dei post renziani algidi per via di una questione Discovery-Renzi sul documentario firmato dal medesimo (ma Soldi era già fuori dall’azienda al momento della negoziazione sui diritti), la presidente Rai che preferisce non commentare le scelte di chi va via (Lucia Annunziata e Fabio Fazio), in ossequio, forse, all’anglosassone regola del “never complain, never explain”, sul tema del “merito”, in particolare femminile, esterna invece volentieri. Il “merito”, infatti, è il principio ispiratore sempre da lei citato, dicono in Viale Mazzini, almeno quanto il modello Bbc.
Quando è stata chiamata in Rai, nel 2021, ha avuto la tentazione di dire no, raccontava a chi le chiedesse se fosse viale Mazzini l’approdo ideale, anche se poi Soldi si era sentita orgogliosa di “restituire” al paese quanto ricevuto, diceva al Corriere della Sera. L’anno successivo, nell’estate tumultuosa 2022, e nel preludio della caduta di Draghi, la presidente Rai rassicurava sulla non-presenza di guerre interne alla tv pubblica, nonostante il palesarsi di una certa tensione a proposito del cambiamento di alcuni direttori di genere, e usava metafore calcistiche sul “rumore di fondo” che circonda chi, come Giorgio Chiellini prima della finale degli Europei, se ne sta tranquillo sotto i “buuh” a cantare l’inno nazionale. Solo che in Rai il rumore di fondo non si spegne al fischio dell’arbitro (anzi), e le guerre interne, negate da Soldi nel 2022, si sono ripresentate con gli interessi nel 2023.
La presidente intanto però pensava alle decisioni da prendere, così diceva, per evitare il calo di contatti per la tv tradizionale. Se non cambia la Rai non ha senso dire che il mondo è cambiato, era il motto. Poi è sceso il silenzio. Fino a questo mese di nomine e polemiche sui nuovi arrivati, “absolute beginners” delle dinamiche di Viale Mazzini, per citare il David Bowie che la presidente Rai ama quanto le massime “mai dire non posso” e “vado dove mi porta il cuore” (e si ritorna al via: policy di genere).