Il caso
Giornalisti assunti come amministrativi. Anche il M5s ha i suoi casi Casi Santanchè
Nella passata legislatura il gruppo parlamentare dei grillini ha assunto cronisti nell’ufficio comunicazione della Camera con contratti di collaborazione di pochi mesi, malpagati, e che soprattutto non inquadravano correttamente le mansioni svolte dai dipendenti
Dipendenti malpagati per le mansioni che svolgevano. Contributi versati nella cassa previdenziale sbagliata. E poi una lunga trattativa con i sindacati appena scattò il licenziamento collettivo. No, non è il riassunto delle acrobazie societarie di Daniela Santanchè, ma una storia che spunta dalla Camera. E in particolare dal mondo del M5s. Il gruppo parlamentare dei grillini nella passata legislatura, quella che li lanciò nel 2018 al 33 per cento, per cinque anni ha assunto giornalisti nell’ufficio comunicazione di Montecitorio con contratti di collaborazione di pochi mesi, rinnovabili di volta in volta, e soprattutto inquadrandoli come amministrativi. E non come giornalisti con contratto Fieg, contributi Inpgi e assistenza Casagit. Nonostante fossero tutti iscritti all’ordine professionale e soprattutto si occupassero di coordinare la comunicazione dei deputati M5s. Tra strategie, uffici stampa, portavoce. Un’anomalia abbastanza lampante che è durata per anni.
Le cose andarono così: dopo il boom elettorale del 2018 gli uffici del gruppo dei deputati iniziarono subito a riempirsi di staff. Una cinquantina di dipendenti in tutto. Tra chi svolgeva realmente compiti d’amministrazione (circa 30) e chi invece doveva occuparsi di gestire la voce e le presenze sui media dei nuovi padroni del Palazzo. Tanti, tantissimi. Peccato che a conti fatti solo una minima parte dei giornalisti venne inquadrato come tale, a tutti gli altri venne proposto di lavorare ma con altri contratti professionali. Una pratica che gli altri partiti da anni non seguono più, ma che ai vertici del M5s – la vicenda iniziò con Luigi Di Maio capo politico, proseguì con Vito Crimi e terminò con Giuseppe Conte – sembrò normale. Fino a quando nel corso dei cambi dei governi le denunce non arrivano agli sportelli di Stampa romana che inizia a vederci chiaro.
La prima svolta avviene con la caduta del governo Conte 2 quando i posti nei ministeri per il M5s diminuiscono e tanti addetti alla comunicazione ritornano a lavorare con il gruppo. Qui avviene il primo tentativo di sanare la vicenda, trasformando i contratti da amministrativi a giornalistici. Tuttavia la vertenza entra nel vivo alla fine della legislatura quando termina l’esperienza di Mario Draghi. A quel punto il sindacato Stampa romana riesce a ottenere per i giornalisti non inquadrati un accordo tutto sommato buono. Loro firmano un “tombale” che li obbliga a non rivendicare gli arretrati in compenso riescono a ottenere quattro mesi (invece di otto per i giornalisti assunti) per il licenziamento senza preavviso. E in più la disoccupazione dell’Inpgi di due anni. Ci hanno rimesso soldi e tanti, ma alla fine hanno ottenuto qualcosa rispetto al trattamento di fine rapporto se fossero passati per normali amministrativi. Tutto succedeva ai tempi in cui il M5s voleva abolire la povertà e promuoveva il Decreto dignità. La storia ritorna oggi come un boomerang con i grillini che chiedono le dimissioni della ministra Santanchè per come gestiva i suoi dipendenti.