L'intreccio
Gianmarco Mazzi, il sottosegretario ai "fatti suoi"
Ha la delega alla musica, sta per scrivere la nuova legge sugli spettacoli dal vivo e si muove ancora come fosse un agente. Le mani sull'Arena di Verona, l'ascesa grazie a La Russa. Un ritratto
Da quando tutto questo è “normale”? E’ sottosegretario alla Cultura, ma si muove da agente di Massimo Giletti. Si occupa di spettacoli dal vivo e sta per scrivere la nuova legge sugli spettacoli dal vivo. Tratta l’Arena di Verona come se fosse la sua villa di campagna, siede (ancora) nel cda della Fondazione Casa dei cantautori e si aggira al Festival Sanremo come fosse (ancora) direttore artistico. E’ normale? Quando si fa il nome di Gianmarco Mazzi la risposta immediata è: Mazzi, chi?
Ha la delega alla musica, ed è il sottosegretario “assolo”, il patriota, il deputato di FdI, delegato ai fatti suoi. Prima ancora di essere eletto, aveva chiesto di ricevere questa carica esclusiva, forte della sua competenza e delle sue relazioni con agenti come Lucio Presta, Ferdinando Salzano, protagonisti del settore, e in passato, compagni d’armi, soci, di Mazzi. E’ normale? E’ da inizio legislatura che Mazzi sta infrattato. Il ministro Gennaro Sangiuliano e il sottosegretario Vittorio Sgarbi, con le loro personalità, attirano tutte le attenzioni e gli hanno costruito lo schermo perfetto. Come un sottosegretario alla Cultura possa rappresentare un artista come Giletti, tanto da essere convocato dalla procura di Firenze, notizia data dalla Stampa, per chiarire meglio alcuni dettagli della vicenda Baiardo, sfugge a qualsiasi uomo di equilibrio. Da sottosegretario, Mazzi, ha continuato ad avere un contratto da agente che La7 ha definito “superato”, dopo la sua nomina. Non per lui.
Mazzi voleva ancora essere pagato da La7 e ha chiesto pure pareri. La verità è che Mazzi non ha mai voluto rinunciare a quella che resta la sua principale attività: l’impresario. Blindato nel collegio di Padova, eletto con FdI, la sua città natale è Verona. In questa città si è mosso come un podestà grazie al controllo, unico, che ha avuto di quel monumento che è l’Arena. Dal 2007 al 2012 è direttore artistico dell’Arena, ma l’ex sindaco, Flavio Tosi, ne argina il potere. Quello vero, il potere, lo riceve a partire dal 2017, con il sindaco Federico Sboarina, ed è durato, formalmente, fino allo scorso settembre. Di fatto, prosegue ancora. In quegli anni Mazzi è stato amministratore unico di Arena di Verona srl, la partecipata della Fondazione Arena di Verona (al suo posto è stata nominata una figura di sua fiducia e già alle sue dirette dipendenze). Mazzi aveva la potestà di decidere quali artisti far esibire e per quante serate. L’anno scorso, a Ferdinando Salzano, produttore della FP Group (insieme a Mazzi, in passato, ha allestito Giulietta e Romeo di Riccardo Cocciante) sono andate ben 36 serate su 56. E’ normale? Mazzi era destinato a fare l’allenatore di calcio se non avesse, attraverso il calcio, conosciuto cantanti come Baccini e Pupo. Nel 1981, entra a far parte della famiglia della Nazionale cantanti (invenzione di Gianluca Pecchini) e da allora comincia a frequentare il mondo della musica italiana fino a scalarlo. E’ un giovane del Fuan, ed è amato da Ignazio La Russa, vero direttore generale della destra. Nel giro di dieci anni, Mazzi aggancia Mogol, Morandi, Barbarossa, passando per Adriano Celentano, fino al salto definitivo nel 2004. Diventa direttore artistico di Sanremo nell’edizione condotta da Paolo Bonolis, artista rappresentato da Lucio Presta, agente che con la sua società Arcobaleno Tre contende il mondo dello spettacolo televisivo a Beppe Caschetto. Mazzi, per sei anni, immagina e impagina Sanremo. Prende per mano politici, li accompagna personalmente a sedere. E’ un metodo. Il 25 marzo 2023, Checco Zalone debutta, con il suo spettacolo, al Teatro Brancaccio di Roma, e in prima fila arriva Giorgia Meloni. A scortarla è Mazzi che lo spettacolo di Zalone lo ha prodotto insieme a Lucio Presta.
Quanto detto lo si trova facilmente in articoli locandina: “Lo spettacolo di Zalone è prodotto da Arcobaleno Tre e MZL, con l’organizzazione generale di Lucio, Niccolò Presta insieme a Gianmarco Mazzi”. La lunga attività di Mazzi è a sua volta un corridoio di società che negli anni ha aperto, chiuso, liquidato. Le ultime visure camerali, già pepite per le trasmissioni di inchiesta, trasmissioni che non vedono l’ora di replicare il dossier Santanchè, ne attestano otto. Nel 2015, Open Mind (società costituita nel 2012 e che aveva come soci Presta e Mazzi) viene cancellata. Si possono cancellare anche le relazioni? Da sottosegretario alla Cultura, poche settimane fa, Mazzi si è battuto per la riconferma della soprintendente della Fondazione Arena di Verona, Cecilia Gasdia, soprano, e candidata, nel 2017, come capolista di FdI. La nomina è passata sopra la testa del sindaco di Verona, Damiano Tommasi, che siede in cda, come presidente della Fondazione Arena di Verona, e che ha parlato “di operazione sprezzante da parte del governo”. La Fondazione controlla, a sua volta, la società Arena di Verona, la sedia a dondolo di Mazzi. Non la abbandona. Il resto è cronaca recente. Gasdia, senza avvisare il sindaco, procede infatti al rinnovo dei vertici di Arena di Verona Srl e scatena quella che è già una battaglia giuridica con Tommasi. E’ normale? Il sindaco ha annunciato che ricorrerà in tribunale contro le nomine di Gasdia. Mazzi, con la sua delega alla musica, si accinge invece a legiferare sugli spettacoli dal vivo, lui che vive di “assoli”. Come opera è evidente, come ha operato, adesso, è noto, come dice, un produttore musicale, da anni costretto ad accettare l’egemonia Mazzi, “con lui ogni limite era già stato superato”.