l'intervista
“Io al Centro sperimentale di cinema perché vicino a FdI? Ma se sono Pupi Avati!"
Parla il regista: "Una volta alla Scuola di cinema c'era Rossellini, la direttrice di adesso ho dovuto cercarla su Google. Il governo vorrebbe scegliermi perché sono di destra? Non ho alcuna appartenenza: guardate il mio curriculum"
“Io direttore del Centro sperimentale di cinematografia perché sono di destra? Ma se sono Pupi Avati! Ho alle spalle oltre 50 anni di carriera, ho fatto 54 film. Non voglio sembrare presuntuoso, ma vedermi associato a Fratelli d’Italia mi fa ridere”. E quindi a uno dei più longevi e autorevoli registi italiani adesso imputano di essere complice di questo governo di mezzi fascisti, che dopo la Rai vorrebbe “mettere le sue mani sul cinema italiano”. Piazzando ai vertici del Centro sperimentale personalità “di area”. “Eppure le confesso che nessuno mi ha chiamato. E probabilmente nessuno lo farà”, racconta lui tra il serioso e il divertito al Foglio . Perché mai, maestro? “Perché se è vero che non sono mai stato di sinistra, e questo l’ho pagato durante tutta la mia carriera, non è vero che sono di destra. Diciamo che potrebbero pensare a me solo in virtù della mia competenza. Ma lo vediamo come ha funzionato questi anni il Centro sperimentale...”. Ci racconti, siamo digiuni. “Beh, è un’istituzione così prestigiosa che chiunque la guidi ha una responsabilità enorme. Eppure non mi sembra che la qualità in questi anni sia stata eccelsa. Ha contato di più l’appartenenza politica. Un tempo c’erano Roberto Rossellini, Giuseppe Rotunno, Virgilio Tosi. Io la direttrice che c’è adesso ho dovuto cercarla su Google per sapere chi fosse”. Dicono che lei invece sia molto amico di Giorgia Meloni, smentisce? “Con lei mi sento. Ma solo perché ha il grande pregio di rispondere quando le pongo alcune questioni. Un po’ come faceva anche Mario Draghi. Tutti gli altri se ne sono sempre fregati”.
Eppure, maestro Avati, il suo ultimo film l’ha girato su Dante Alighieri, che secondo il ministro della Cultura Sangiuliano sarebbe una grande icona della destra. Sarà per questo che l’accusano di essere un simpatizzante? “Ma il mio film non aveva niente di politico, ne ho anche parlato con il ministro”, risponde il regista abbozzando una risata. “Credo più che altro che mi si faccia pesare la partecipazione alla festa per i dieci anni di Fratelli d’Italia. Ero lì con Pietrangelo Buttafuoco, Alessandro Giuli, in quella fase di grandi illusioni. Avevo fatto delle proposte puntuali per un rinascimento della Rai, del servizio pubblico. Per esempio una terza rete di sola cultura, senza pubblicità. Ma il governo mi ha deluso, non ha avuto abbastanza coraggio e ambizione”. Guardi che se dalla maggioranza leggono quest’intervista potrebbero non richiamarla davvero. “E lei lo scriva: hanno solo spostato delle caselle, delle persone, ma la Rai è rimasta quella di sempre. Mi aspettavo che succedesse qualcosa di epocale. E pensare che avevo anche coinvolto decine di persone sensibili, pronte a dare il loro contributo”.
Torniamo al cinema. Perché è diventato terreno di conquista quasi esclusivo della sinistra? “Perché la destra ha scelto di disinteressarsi alla cultura, ha puntato su altro. Ma adesso sconta un grande ritardo. E lo si vede dalla difficoltà che sta avendo questo governo con le nomine”. Ma se la chiamassero mica farebbe spallucce. E’ stato lei stesso a tirare in ballo il prestigio della Scuola del cinema, della Cineteca. “Istituzioni autorevoli. Ma la mia eventuale nomina dovrebbe avvenire nel modo meno politico possibile”. E cioè? “Da parte del Parlamento, non di un singolo partito. Anche perché con me come presidente si scordassero pure il riconoscimento verso chi mi ha scelto. Sarei utile esclusivamente ai miei studenti. A cui potrei trasmettere le mie competenze per fare film. Ma non devo essere etichettato come la destra o la sinistra che va a occupare il cinema. Sarebbe irrispettoso”.