(foto EPA)

l'editoriale del direttore

Dal caso Zaki all'Ucraina. Lo stato di grazia di Giorgia Meloni

Claudio Cerasa

Non solo il risultato ottenuto dall'Egitto. Ora anche le due rate del Pnrr sono a un passo dallo sbloccarsi definitivamente. Perché un paese che litiga sul nulla è un paese sano. Che va d’accordo sulle cose che contano. Una rassegna (con notizie)

Si discute solo di fuffa. Ma siamo sicuri che sia davvero un dramma? Sono giorni che il dibattito pubblico nel nostro paese sembra essersi incardinato su temi che semplicemente non esistono. Si discute di concorso esterno, ma nessuno ha davvero proposto di abolirlo. Si discute di assedio giudiziario, ma nessuna procura ha messo in atto azioni ad personam contro membri del governo. Si discute di tensioni con il Quirinale sulla revisione dell’abuso d’ufficio, ma poi il Quirinale nel giro di pochi giorni firma serenamente la legge. Si discute su come vietare la carne sintetica, ma la carne sintetica non è mai stata autorizzata da nessuno. Si discute di nuova pace fiscale, ma nel frattempo il governo scrive atti nomativi per pignorare automaticamente i conti correnti degli evasori. Si discute di quanto sia cattiva la Bce ad alzare i tassi, ma poi ci si rallegra quando l’inflazione comincia a scendere. Si discute ovviamente di profondo disinteresse del governo in relazione all’arresto di Patrick Zaki, ma il giorno dopo la condanna dell’attivista egiziano la diplomazia italiana – è successo ieri – ottiene la grazia per Zaki dal presidente al Sisi. E poi, sì, certo, si discute e si litiga anche su altro. Si discute a lungo per una performance al premio Strega del ministro Sangiuliano. Si discute a lungo per una qualche uscita di Ignazio La Russa. Si discute a lungo per un articolo di Filippo Facci. Ma alla fine dei conti l’impressione è sempre la stessa: da mesi, in Italia, ci si scanna di più su ciò che si dice che su ciò che si fa. E la ragione è fin troppo evidente. Su quel che si dice, all’interno del governo, ci sono molte ragioni per scannarsi – e spesso le ragioni per scannarsi le offrono gli stessi esponenti della maggioranza, che tendono a comunicare ai propri elettori l’opposto di quello che fanno mentre governano. Su quel che si fa, all’interno dell’azione di governo, ci sono invece poche ragioni per prendersi seriamente a sportellate – e non è un caso che buona parte dei litigi tra maggioranza e opposizione nasca più da ciò che si dice a parole che da ciò che si realizza nei fatti. A prima vista, mettendo in fila questi puntini, ci si potrebbe deprimere e pensare, signora mia, che mai come in questa stagione storica la politica è caduta così in basso.

 

A parlare del nulla. A confrontarsi sul nulla. A litigare sul nulla. A prima vista, si potrebbe pensare questo. Ma se ci si riflette un istante si avrà un’impressione molto diversa. Forse persino opposta. E si penserà, senza troppa fatica, che un paese che sente il disperato bisogno di dividersi sul nulla è un paese che si comporta così perché sui fondamentali, in verità, non riesce a dividersi. E dunque, sì. Si discute di fuffa, e si litiga ferocemente sul nulla, perché sui grandi temi – politica estera, politica economica, attenzione sul debito, delega fiscale – il governo continua a muoversi nella direzione corretta, anche se a volte sono gli stessi esponenti del governo a voler comunicare l’opposto rispetto a quello che fanno. E si discute di fuffa, e si litiga ferocemente sul nulla, perché nella storia recente del nostro paese non si ricordano governi provvisti di un’agenda riformatrice così magnificamente modesta come quella del governo attuale. Qualcuno ha notizie della riforma costituzionale?  Qualcuno ha notizie dell’autonomia differenziata? Qualcuno ha notizie della flat tax? La questione è dunque chiara. Le riforme da fare sono poche. Quelle messe in cantiere non decollano. Parte consistente dei provvedimenti portati in Parlamento somiglia maledettamente ad alcuni provvedimenti messi in cantiere dal precedente governo. Alcune azioni del governo vengono elogiate persino dall’opposizione, come capita spesso quando si tratta di Ucraina (M5s a parte) e come è capitato anche ieri con il caso Zaki, che oltre a essere una formidabile operazione diplomatica è anche un notevole e involontario trollaggio fatto da Meloni alla sinistra (la sinistra da anni accusa Meloni di essere insensibile sul caso Zaki e ora si ritrova costretta a ringraziare Meloni per il successo diplomatico ottenuto sul caso Zaki). Si litiga sulla fuffa, perché sulle cose concrete non ci si riesce a scannarsi. Ed è verosimile che anche sull’altra partita su cui maggioranza e opposizione in queste settimane si sono confrontate con maggiore vivacità, ovvero il Pnrr, alla fine si possa arrivare a un risultato capace di rallegrare tanto il governo quanto i suoi avversari. A quanto risulta al Foglio, entro pochi giorni la terza rata del Pnrr – quella attesa da marzo, quella che settimane fa la Commissione europea ha proposto al governo di versare in modo parziale – verrà interamente erogata (sono 19 miliardi di euro). E anche le pratiche per accaparrarsi la quarta rata (sono 16 miliardi) dovrebbero sbloccarsi rapidamente. L’Italia avrebbe dovuto raggiungere 27 obiettivi entro il 30 giugno.

Al momento, gli obiettivi raggiunti per la quarta rata sono solo dieci. Il ministro Raffaele Fitto, con delega al Pnrr, ha chiesto alla Commissione europea di modificare 10 dei 27 obiettivi relativi alla quarta rata. Ed entro la prossima settimana secondo informazioni raccolte dal Foglio, la Commissione annuncerà di aver trovato un accordo con il governo italiano, sbloccando dunque anche questa rata. Sulla fuffa si litiga molto. Ma quando un paese litiga prevalentemente solo sulla fuffa, più che farsi travolgere da un irresistibile sentimento di tristezza varrebbe la pena chiedersi se un paese che si divide sul nulla e si unisce sulle cose importanti è o no un paese tutto sommato in salute. La fragilità del governo è evidente. Lo stato di grazia di Meloni pure.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.