un appello personale
Felice di contribuire ma stanca di essere spremuta. Lettera a Meloni sul fisco
Cara Giorgia, una parola sulle tasse. Perché non si riesce a farle pagare a tutti, e a pagare tutti un po’ meno?
Cara Giorgia, mi rivolgo così a te, senza formalità nonostante il tuo ruolo, mi rivolgo così da donna a donna, anche se non sono madre, e mi sa neanche tanto cristiana, ma spero mi ascolterai lo stesso. E’ il momento più caldo dell’anno, cara Giorgia, è non è solo per gli effetti del cambiamento climatico, al quale non credi tanto come sappiamo – è che questo è il momento delle tasse, tutte insieme, da adesso e per i prossimi mesi la vita dei liberi professionisti è tutta un pagamento, un susseguirsi di conteggi e telefonate con i commercialisti, una lunga agonia di esborso e uscite. I mesi in cui si pensa alle vacanze sono per noi i mesi in cui, indipendentemente da quanto si guadagni, sotto sotto ci si sente un po’ più poveri, e non si spende, e si rimanda, questi sono i mesi che ogni spesa extra è una spesa di troppo – altro che rilancio dell’economia, questi sono i famosi mesi in cui si ha la sensazione di lavorare, allo stremo delle forze e con quaranta gradi all’ombra, solo per dare allo stato (che non restituisce, che ignora che i magistrati non hanno l’aria condizionata, che per una tac ci vogliono sei mesi e lo sa Dio quant’e che non uso un servizio pubblico, che non risolve il problema della liberalizzazione dei taxi, delle residenze universitarie.
Uno stato che beati quelli che se ne sono andati all’estero subito dopo la laurea, ma anche prima, beati quelli che sono andati via da questo paese e tornano in vacanza a trovare chi è rimasto, le belle tavolate estive sotto ai pergolati con i vecchi amici, beati quelli che prendono di questo paese solo il meglio è solo il bello). Sono una donna benestante. Non ricca, benestante. Non lo sono sempre stata però, il mio benessere non è derivato, non è di famiglia. Mio padre è stato un impiegato e mia madre una casalinga, e hanno fatto immensi sacrifici per me – che saranno comunque meno di quelli che farò io per i figli che avrò avuto più tardi, lavorando di più, guadagnando di meno nonostante il salto generazionale. Il mio benessere economico è arrivato dopo anni di studio matto e disperato, di amici che partivano mentre io restavo, di weekend ed estati sui libri prima e al lavoro poi, di giorni e notti a fare la cosiddetta gavetta, di desiderio e volontà di miglioramento personale e professionale – le lingue, il dottorato, l’impegno civico. Il mio benessere di oggi, cara Giorgia, si costruisce sulla fatica immensa che ho fatto e continuo a fare.
Ho avuto, nel corso della mia vita, una gestione leggera del mio rapporto con il fisco. Sono andata via di casa appena ho iniziato a guadagnare 1.200 euro lordi, e per anni il lordo è stato ciò che ha finanziato il mio affrancamento famigliare, qualche piccolo lusso che non ho paura di ammettere, le vacanze d’estate, e in un modo o nell’altro sono riuscita a non pesare mai sulla mia famiglia di origine – che nel frattempo viveva sulla pensione di mio padre. Ci ho messo anni per stabilizzarmi con un commercialista e per prendere sul serio il momento delle tasse. E’ tutta colpa mia, e questa colpa la sto ripagando adesso fino all’ultimo centesimo – al fisco non è sfuggito nulla di quello che non ho pagato, non è sfuggito un euro, neanche un decimale, e io sto restituendo tutto, compresa la fetta di interessi punitivi e abnormi e spese e altri oneri che mi vengono chiesti, sto ridando tutto, sto ripagando il finanziamento che ho preso negli anni della gioventù di cui, in un paese normale, non avrei avuto nessun bisogno.
La mia non è una storia triste, la mia è una storia di successo, una storia felice. Faccio un bel lavoro, vivo in una bella casa, coltivo la mia passione per le scarpe, ed è a causa di questo mio successo che io, come tutte le persone della mia età e fascia di reddito, vengo spremuta fino all’ultimo centesimo. Ci sono storie molto più serie della mia, nella mia generazione sfortunata e sfiancata dalla disoccupazione e dalla depressione di questo paese tutto ristagnante sul passato, col suo parlamento polveroso e stantio, pieno di gente che la sua vita l’ha fatta, spesso dentro una bolla, spesso senza avere la minima percezione di cosa succeda fuori.
Noi vi lasciamo fare nella speranza di non essere troppo disturbati, senza sperare ormai in alcun aiuto e in alcun miglioramento – la migliore delle ipotesi per gli elettori è diventata non precipitare nell’orrore, ché la politica ci rovini la vita il meno possibile.
La mia è una storia bella, e io sono una persona per bene e di sinistra, sono cresciuta credendo nel principio di proporzionalità e progressività, credendo fermamente nella giustizia sostanziale e credendo fermamente che chi ha di più debba contribuire al benessere della collettività. Per me è una gioia pensare che, se anche io uso poco le strutture ospedaliere pubbliche, queste strutture le usi qualcun altro. Sono felice se con i miei soldi si ripareranno scuole pubbliche fatiscenti, anche se mio figlio andrà in una bella scuola del centro storico di una grande città. Felice se con i miei soldi si sovvenziona la ricerca scientifica, felice se si costruiscono residenze per gli studenti universitari, felice se grazie ai miei soldi anche solo una persona in più potrà studiare, felice se si preserva la bellezza del nostro territorio e delle enormi risorse culturali che abbiamo la fortuna di avere (fortuna che nessuno di noi ha meritato). Sono felice, anche, se i miei soldi vengono usati per dare accoglienza ai profughi che scappano da una morte certa, se con la mia Irpef di quest’anno verrà acquistata una partita di coperte termiche per bambini in ipotermia dopo ore di naufragio in mare.
Non sono felice, invece, che i miei soldi tra le altre cose servano a coprire i buchi immensi di tutta quella gente che, per il fisco, semplicemente non esiste, di cui il fisco non ha traccia né mai l’ha avuta – per il fisco è meglio essere inesistente, trasparente, meglio è non esser mai stati. Se, a causa di tutte quelle persone la divisione delle erogazioni di chi paga è iniqua e sproporzionata. Non sono felice quando percepisco, e come me tanti altri, che il fatto di essere onesta sia poi alla fine solo una sventura. Noi, popolo di coglioni che protegge e alimenta il popolo di furbetti, popolo spremuto da un fisco implacabile che è implacabile solo con chi meno lo merita.
Allora Giorgia, tutta questa lunga letterina per dire: le riforme, fatele per chi paga le tasse, è a loro che dovete pensare. Fatela per chi fatica a dare tutto quello che deve dare in cinque mesi – ma perché non dodici? – aiutate e agevolate queste persone. E’ questa la pace fiscale di cui abbiamo bisogno, un fisco più facile, che vada incontro a chi fa sacrifici per essere un cittadino onesto, a chi contribuisce. Tutti gli altri, i fantasmi, i furbi, santoddio Giorgia, trovateli. La scienza ha scoperto il Bosone di Higgs, la microscopia crioelettronica, il telescopio Webb, il vaccino per il Covid, ChatGPT. Giorgia, non è possibile che non si trovi un modo per far contribuire tutti, e far contribuire un pochino di meno.