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La fretta delle opposizioni sul salario minimo è un errore, a tutto vantaggio del governo
Dopo aver finalmente trovato un terreno d'intesa, l’inedita coalizione Pd-M5s-Azione-Avs spreca tutto per la troppa foga. Sarebbe bastato aspettare la legge di bilancio
Assistendo al dibattito in commissione Lavoro pdl delle opposizioni (meno Iv) sul salario minimo viene spontanea una domanda ad Elly Schlein e ai suoi occasionali “compagni di viaggio”: era vostra intenzione conseguire l’obiettivo di istituire lo Smic francese anche in Italia oppure vi bastava dimostrare all’opinione pubblica che la destra brutta e cattiva è sorda al grido di dolore di milioni di italiani sottopagati? Se lo scopo era quest’ultimo non c’era bisogno di darsi tanto daffare. Bastava chiederlo, magari con un’interrogazione a risposta diretta. Il governo avrebbe confermato senza alcun patema d’animo la sua contrarietà; anzi avrebbe ricordato la risoluzione approvata dalla Camera (con l’astensione del Terzo Polo ) nel dicembre scorso in cui questo orientamento stava scritto a chiare lettere: il governo era impegnato a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con il salario minimo, ma attraverso altre iniziative, poiché con la definizione per legge di un salario minimo si sarebbe messa a rischio la contrattazione collettiva, con il serio pericolo di favorire la tendenza alla diminuzione delle ore lavorate, l'aumento del lavoro nero e della disoccupazione. Se invece l’obiettivo era proprio arrivare a istituire un salario minimo legale anche in Italia, bisognerebbe concludere con le parole del prelato interpretato da Nino Manfredi nel film In nome del Papa Re: “Vonno cospirà ma so’ fregnoni!’’.
Ma procediamo con ordine. Reduci dalla sconfitta nelle regionali in Molise, l’inedita coalizione Pd-M5S-Azione-Avs realizza un’operazione importante: l’intesa su di una questione seria, che interessa milioni di lavoratori. A sostegno della proposta arrivano anche la Cgil e la Uil che finalmente trovano qualcosa di comprensibile su cui mobilitarsi, mentre la Confindustria marca visita. i giornali amici e i talk show non ancora in ferie si scatenano con fior di articoli a sostegno dell’operazione, esaltando i benefici che ne deriverebbero. In sostanza, metà del paese si compiace per il fatto che le opposizioni, finora a caccia di foto che ritraggano Meloni da bambina in camicia nera, si siano accordate su di una questione di sostanza, in linea (un po’ forzata) con la Ue. E’ stato tale l’entusiasmo che il rapporto è finito con un’eiaculazione precoce. Poiché i regolamenti parlamentari riconoscono alle minoranze di chiedere la calendarizzazione e l’esame di provvedimenti di loro scelta, i gruppi di opposizione hanno pensato bene di avvalersi di tale opzione. Così, per bruciare i tempi hanno finito anche per bruciare la pdl sul salario minimo, nel frattempo divenuta, in Commissione, il testo base su cui presentare gli emendamenti. La maggioranza ha presentato e voterà un emendamento soppressivo, così si toglierà il pensiero. Non ci voleva molto a capire che, seguendo questo percorso l’opposizione avrebbe offerto il collo alla mannaia della maggioranza, che non si sarebbe di certo ravveduta per garantire un successo politico agli avversari. Alla fine della storia, le opposizioni avevano una sola carta da giocare; è stato un errore sprecarla per troppa fretta, anche perché non riusciranno più a ritrovarsi unite su un progetto più mobilitante di questo.
Non crederanno mica che sotto gli ombrelloni gli italiani commenteranno la protervia della destra che ha rifiutato di assecondare una proposta virtuosa delle opposizioni? Peraltro da qui alle prossime europee, diventerà molto difficile usare quest’argomento contro la maggioranza, anche perché la realtà è spietata nell’archiviare i problemi che fino a poco tempo prima erano al centro di polemiche accanite. Il momento della verità anche per lo Smic, ovvero il salario minimo, sarebbe arrivato con la legge di Bilancio; sarebbe bastata un po’ di pazienza – e di sale in zucca – per guadagnare tempo e far crescere il dibattito.