Il retroscena
Meloni e il reset dopo il voto: rimpasto e addio Fiamma. I pensieri su La Russa
La premier telefona a Marina Berlusconi e chiude il caso. Dopo le Europee, congresso e conferenza programmatica, intanto rinvia Atreju. Dice che è pronta "a non immolarsi" per Santanchè e sul presidente del Senato è preoccupata per gli sviluppi del processo e potrebbe consigliargli le dimissioni
Il caso, che gratta gratta tale non è, si chiude con una telefonata di prima mattina: Giorgia Meloni chiama Marina Berlusconi. Antefatto: la dichiarazione a Palermo sulla figlia del Cav. “che non è un soggetto politico”. Frase su cui inzuppare il biscotto della polemica. Le due ci scherzano sopra e d’accordo, come raccontano a Mediaset, decidono che sia la primogenita dell’ex leader di Forza Italia a uscire con una nota nel “nome del massimo rispetto e della massima stima” per la premier. Secchiate di acqua gelida sulle interpretazioni della lettera inviata da Marina Berlusconi al Giornale contro “chi perseguita il padre da defunto” e in particolare sui magistrati della Procura di Firenze che indagano sulle stragi del ‘93. Per alcuni un modo per invocare un intervento del governo (l’invio degli ispettori). Cosa non accaduta. E pure questa è chiusa. Anche se Meloni con una battuta delle sue commenta che non “è lei ad avere un problema con Marina, ma forse è Forza Italia ad avere un problema” (vedi Tajani e Ronzulli). Bazzecole, o quasi.
Le vere faccende sono più profonde. La leader si sente poco sostenuta dal suo partito (in preda, specie alla Camera, a piccole ripicche dei capicorrente). Poi ci sono i ministri, che quando parlano le fanno drizzare i capelli. E infine c’è la vicenda di Ignazio La Russa, della quale ha parlato anche con il Capo dello stato. Rientra sotto il titolo: grane giudiziarie e affini. Se per il sottosegretario Andrea Delmastro la difesa è totale, su Daniela Santanchè la premier ha rassicurato il Quirinale che “non si immolerà per lei”, in attesa certo che spuntino novità sostanziali dalla procura. Diverso il destino della seconda carica dello stato. Per il momento è stato “imbavagliato”, dicono con rudezza in Via della Scrofa, ma l’idea che possa essere testimone di un processo per violenza sessuale non fa star tranquilli. Né a Palazzo Chigi, dove si guarda al consenso, né sul Colle, dove si custodisce l’architettura istituzionale. Ecco perché, complici le europee, Meloni sogna e progetta “un grande reset”: nel partito, ma anche nel governo. Non c’è solo la voglia di candidarsi di Francesco Lollobrigida, rivelata dal Foglio, c’è molto di più.
Innanzitutto Atreju, la festa del partito, è stata rinviata: da settembre, doveva tenersi al Galoppatoio di Villa Borghese, slitterà a dicembre. Se ne riparlerà invece dopo le europee del congresso di Fratelli d’Italia (l’ultimo si celebrò a Trieste nel 2017) e della conferenza programmatica. Sarà l’incrocio di questi due appuntamenti a sancire una svolta che ormai non è più un tabù. Anzi, se ne discute quasi pubblicamente: la “musealizzazione” della Fiamma che uscirà dal simbolo, “ma rimarrà sempre nei cuori dei patrioti”. E sarà questa svolta, una sorta di Fiuggi bis, il viatico per lanciare il grande partito dei Conservatori italiani che spesso accarezza la premier, già leader di quello europeo, d’altronde. Meloni oscilla tra cattivi pensieri e un’agenda fittissima di appuntamenti internazionali rispetto ai quali “vuole stare sempre sul pezzo”. Ma sono le beghe interne a farle scuotere la testa, a consumare sigarette come caramelle, a spingerla a esclamare che a volte si sente come chi “scava a mani nude la roccia”. Non è soddisfatta della gestione dei gruppi parlamentari e anche del partito (ieri per esempio per un’incomprensione fra Via della Scrofa e Palazzo Chigi è saltato il suo videomessaggio all’iniziativa di Fratelli d’Italia a Palermo contro la mafia: era stato annunciato, non è stato registrato, e nessuno ha avvisato, se non alla fine del convegno). Soprattutto Meloni pensa a un grande reset se l’andazzo non dovesse cambiare.
Non si tratta solo di sostituire semmai Lollobrigida (inviato a Bruxelles a gestire una nuova fase e magari un appoggio esterno a un’Ursula bis in cambio di un posto da commissario) e nemmeno di cambiare la pedina del Turismo, dopo l’uscita di Santanchè che viene data da tutti come acquisita (questione di pochi mesi). La premier con l’occasione del voto di giugno ha in mente una scossa alla sua squadra di governo con un rimpasto importante o addirittura un Meloni bis, se gli alleati, vedi la Lega, dovessero mettersi di traverso dopo i risultati deludenti delle urne. E’ una tentazione che chi la conosce da sempre non esclude (nella lista dei ministri nel mirino ci sono anche Gilberto Pichetto Fratin di FI e la leghista Alessandra Locatelli). Poi c’è tutto il capitolo La Russa, quello più delicato, visto che il presidente del Senato con il suo “Centrodestra nazionale” fu un innesto fondamentale nella creazione di Fratelli d’Italia, tanto che la sigla comparve nel simbolo nel 2013, alle prime elezioni politiche del partito meloniano. La seconda carica dello stato è stata silenziata: fortuna per lui che la cerimonia del Ventaglio con la stampa parlamentare, nel giorno della sfiducia a Santanchè, da protocollo non prevederà domande, ma solo un intervento del padrone di casa.
E però, chi è vicinissimo a Meloni sa che potrebbe perfino consigliare, magari senza fortuna, un passo indietro al fratello maggiore Ignazio se la situazione processuale del figlio dovesse trascinarlo nei tribunali. Pensieri e strategie che hanno spinto la premier a staccare per tre giorni. Tornerà domani per la conferenza internazionale su sviluppo e immigrazione. Ma ben altri problemi torneranno a cercarla.