Un incontro tra Giorgia Meloni e una delegazione del Pd per parlare delle riforme costituzionali, a maggio del 2023 (ANSA/Filippo Attili) 

Il lavoro, l'Aula, i partiti

Le opposizioni, Meloni e il salario minimo. Unità e differenze

Marianna Rizzini

Pd, M5s e Azione prendono al balzo l'apertura della premier sul salario minimo: "Allora chieda ai suoi di ritirare l'emendamento soppressivo, la proposta vada in aula il 27 luglio"

“Le forze che hanno sottoscritto il dl sul salario minimo chiedono alla maggioranza il ritiro dell’emendamento soppressivo e confermano la volontà di andare in Parlamento già il 27 luglio a discutere nel merito della proposta”. La nota arriva nel pomeriggio di ieri, dopo la riunione tra i capigruppo alla Camera (e nella Commissione Lavoro) di Pd, M5s, Azione e Avs, presenti anche Riccardo Magi, segretario di +Europa, e Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro dem, e senza l’accordo di Italia viva (che non aveva firmato la proposta presentata dalle altre opposizioni in nome della non sovrapposizione del problema dei bassi salari al tema del salario minimo).

 

E in qualche modo è già successo tutto anche se non è ancora successo niente. Ci si guarda, dai due fronti, spostando pedine e aspettando di vedere l’effetto che fa, in attesa della ripresa della discussione in Commissione Lavoro, stasera, dopo la mossa della premier Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi ha lasciato trapelare un’apertura al dialogo sull’argomento – apertura fatta dal vertice di un centrodestra che però insiste sulla contrarietà al salario minimo e che parla di proposte alternative per combattere “il lavoro povero” (il presidente della Commissione Lavoro Walter Rizzetto, da FdI, ha più volte ripetuto il concetto, rivolto alle opposizioni: accettate il rinvio a settembre). E se è vero che Meloni ha buttato un sassolino oltre il perimetro della sua maggioranza, è anche vero che, per una premier a capo di un partito di “destra sociale”, resta l’esigenza (in parte comune alla Lega) di non lasciare la bandiera della lotta alla povertà totalmente alle opposizioni.

 

Opposizioni che, davanti all’apertura di Meloni, prima della nota di ieri, avevano mostrato diverse sfumature di apprezzamento, diverse sfumature che potrebbe tornare utili alla stessa premier. Carlo Calenda, da Azione, si era detto infatti pronto a “ragionare insieme: se la destra presenta un buon provvedimento, come quello dell’abuso d’ufficio, noi lo voteremo”. Elly Schlein aveva invece rilanciato: “Sono felice di leggere che ci sarebbe un’apertura della presidente del Consiglio a un confronto nel merito… allora la maggioranza ritiri l’emendamento soppressivo”, posizione ribadita ieri da Arturo Scotto, capogruppo dem in commissione Lavoro: “Meloni la smetta di giocare con la vita di tre milioni e mezzo di lavoratori poveri, sottopagati e sfruttati. La destra ritiri l’emendamento che cancella la nostra legge sul salario minimo, dopodiché ne discuteremo in Parlamento e nel paese”.

“Meloni dimostri che la sua apertura non è finta”, aveva detto intanto, dalla segreteria Pd, la deputata Chiara Gribaudo. Dai Cinque Stelle giungevano distinguo. Riccardo Ricciardi, vicepresidente M5s, aveva così commentato le parole di Schlein: “Noi abbiamo un altro approccio. Non è una questione tra Meloni, Conte, Schlein. Non si può risolvere con una telefonata. Non giudico quello che fa la Schlein, ognuno si comporta come meglio crede rispetto a dei retroscena. Noi rifiutiamo la fuffa utile solo a sollevare un polverone”.

“Non accettiamo rinvii, bluff o meline, per noi contano le proposte concrete”, ripeteva ieri, non a caso, il leader M5s Giuseppe Conte, mentre Schlein, di fronte ai risultati del voto spagnolo, alludeva al salario minimo come a uno degli elementi utili a fermare “l’onda nera”. La parola passa ora al centrodestra (che prevede di  riunirsi oggi, prima dell’inizio dei lavori in Commissione). 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.