Fronte del ciak
La battaglia sul Centro sperimentale di cinema, le parole d'ordine del Pd e quelle mancanti
"Giù le mani dai luoghi della cultura. Non solo vediamo sete di potere e di posti, ma si aggiunge un disegno che è quello del controllo sui luoghi di immagini e immaginari che noi non possiamo accettare”, dice la segretaria. I dem hanno organizzato una conferenza stampa per denunciare le scelte del ministro Sangiuliano
“Lottizzazione”. “Occupazione”. “Fast-propaganda”. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e quelle usate sul tema del cambio di governance e vertici al Centro sperimentale di cinematografia dai segretari dei partiti di centrosinistra e da registi, autori, scrittori, vanno tutte nella stessa direzione. “Giù le mani dai luoghi della cultura”, è la frase della segretaria Pd Elly Schlein: “Siamo al fianco delle studentesse e degli studenti che ringraziamo per questa battaglia fatta per le prossime generazioni che hanno diritto a luoghi di cultura liberi e indipendenti”, ha detto Schlein. “Non solo vediamo sete di potere e di posti, ma si aggiunge un disegno che è quello del controllo sui luoghi di immagini e immaginari che noi non possiamo accettare”.
“Abbiamo voluto denunciare l’ennesima forzatura; l’errore strategico, politico e di metodo”, dice la deputata Pd Simona Bonafè, capogruppo Pd in commissione Affari Costituzionali che, con Schlein e con il capogruppo pd in Commissione Lavoro Arturo Scotto, esce dalla conferenza stampa sul Centro Sperimentale chiedendo al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano di ripensarci. “Un margine c’è”, dice Bonafè, mentre Scotto denuncia “l’approvazione dell’emendamento” al decreto Pa “che elimina qualsiasi forma di autonomia al Centro: con questo testo, come per Inps e Inail, si commissaria, si decapitano i vertici e si mette sotto tutela il Comitato scientifico, cosa mai vista prima del 1945. Non è un caso, si parte dalle agenzie culturali del Paese”. Gli studenti del Centro in presidio e le opposizioni avevano pensato che l’emendamento fosse stato accantonato la sera prima. Su Repubblica, la scrittrice Chiara Valerio, a proposito della “fast-propaganda” di governo, aveva parlato di “modello di business di chi non riesce a costruire ed assestare cultura perché non ne ha la pazienza, l’immaginazione, la tenacia e gli strumenti”. “Blitz della Lega”, accusano oggi le opposizioni, con riferimento alla modifica dell’emendamento suddetto (che ha abbattuto la tentazione astensionista di Forza Italia). “Emendamento teppistico”, lo definisce il deputato dem Orfini: “E’ un pessimo film senza neanche il fascino dei B-Movie”.
Accusati di “bulimia di posti”, i parlamentari di FdI avevano taciuto. Ieri però parlava, dal partito della premier, il presidente della commissione Cultura della Camera e co-firmatario dell’emendamento Federico Mollicone: “Nessuna lottizzazione, quanto vera valorizzazione del merito e ampliamento delle finalità del Centro. Ricordo che la precedente governance venne indicata dal ministro Dario Franceschini…” (risposta di Franceschini: “Ecco i due Cda che ho nominato io. Tutti possono valutare se i nomi fossero o meno garanzia di autorevolezza e indipendenza. Cda 2017: Felice Laudadio Presidente; Nicola Giuliano, poi Giancarlo Giannini; Aldo Grasso poi Roberto Andò; Carlo Verdone. Cda 2021: Marta Donzelli Presidente; Cristiana Capotondi, Guendalina Ponti, Andrea Purgatori”).
Restano sul campo i dubbi: ma il Centro di cinematografia è o non è come la Rai, che d’indipendenza dalla politica non ha mai potuto parlare? Ed è o non è un’istituzione che, al di là della battaglia sulle nomine, deve arrivare a una fase di sburocratizzazione? Intanto di nomi (anzi di nome, il suo) parlava, qualche giorno fa, intervistato da questo giornale, il regista Pupi Avati: “Io direttore del Centro sperimentale perché sono di destra? Ma se sono Pupi Avati! Ho alle spalle oltre 50 anni di carriera, ho fatto 54 film. Non voglio sembrare presuntuoso, ma vedermi associato a FdI mi fa ridere”.