Le piroette
San Carlo Fuortes, va al San Carlo e gli dicono pure grazie
Finisce alla guida del Teatro che aveva promesso di non guidare e lo ringraziano pure. Che storia!
San Pietro era solo il suo stagista. “Io sovrintendente del San Carlo di Napoli? Non ci sono le condizioni”, “Lasciata la Rai per avere il San Carlo? Falso”, “Io accordato con la destra? Non scherziamo”. L’accordo lo aveva infatti pure con la sinistra. Dopo due mesi dalle dimissioni di Carlo Fuortes, da ad Rai, Fuortes viene designato sovrintendente del Teatro San Carlo. Lo indica, ufficialmente, il sindaco Pd, Gaetano Manfredi, dopo una legge del governo Meloni (che ha sollevato il sovrintendente in carica) e tutto con la ceralacca del ministro della Cultura, Genny Sangiuliano. Da oggi Fuortes è San Carlo, ma pure Don Carlos e canta: “E’ tutto amore/ chi a una sola è fedele/ verso l’altro è crudele”. Monogami, pentitevi! Non avete idea di cosa lasciate.
Era dunque grande teatro ogni sua piroetta. La Rai? “Non me ne vado”. Quando una mattina di fine maggio, Fuortes ha rassegnato le dimissioni, comunicate all’Ansa (prima di comunicarle al Mef) si è pure indignato perché “non posso accettare il compromesso di condividere cambiamenti di linea editoriale”. Vabbé, sono cose che si dicono. Insieme al ministro della Cultura, Sangiuliano, il Brancaleon vien da Napoli, aveva studiato una legge di interesse nazionale. Semplice: mettere un limite d’età (70 anni) ai manager culturali stranieri. Chi ha superato quel limite decade, cassato, via, sul gommone della Elkann Trasporti. Alla Scala c’è attualmente Dominique Meyer, al Maggio Fiorentino c’era Alexander Pereira (dimesso) e a Napoli, al San Carlo, il francioso Stéphane Lissner. Fuortes confida alla destra: “Ma lo sapete che gli stranieri possono percepire la pensione nel loro paese e fare pure i sovrintendenti in Italia? Disparità”. Sangiuliano voleva abbracciarlo. Norma patriottica. Legiferiamo. Ci siamo perduti alcuni episodi precedenti. Essenziali. La destra, per mandare via Fuortes dalla Rai, gli propone come grissino il Maggio Fiorentino. Lui: “Un mi garba. Voglio La Scala di Milano”. A Milano, il sindaco Sala e tutti i Monsieur Elkann, la crema della borghesia, rispondono a Sangiuliano e Fuortes: “Se permettete, ghe pensiamo noi”. Bocciato. Orbene, rimane il San Carlo che Fuortes conosce. Ne era già stato il sovrintendente. Sangiuliano si vede già in prima fila, ogni fine settimana. Ma affinché una grande recita riesca serve la dissimulazione. Si diffonde questa idea (malevoli) che Fuortes abbia trattato lo scambio. Lui: “Mi offendete”. Si eclissa. I direttori dei giornali non vogliono credere: “Ha un piano. Non va al San Carlo. Indaghiamo”. I giornalisti: “Direttore, credici, ci va. Ci va. Ci ha intortato”. Il direttore: “Siamo di fronte a un invincibile, c’è qualcosa sotto. Non fermiamoci alla superficie”. Il sindaco di Napoli, Manfredi, che è la sinistra illuminista, riflette e dice al governo: “Prima vedere decreto convertito in legge, poi io dare nomina a Fuortes”. Il decreto viene convertito il 4 luglio. Lissner, nel frattempo, minaccia il ricorso al Tribunale dei diritti del sovrintendente. Manfredi intervistato il 9 luglio, alla domanda, “sindaco, sindaco, ma chi paga nel caso Lissner vinca la causa di lavoro?”, risponde: “Calma. La sentenza arriverà, se va bene, tra un paio d’anni. Il comune di Napoli non pagherà nulla. Fuortes ha le competenze”. Ci siamo. Ieri. Il Cda del San Carlo viene convocato. Si compone di cinque consiglieri. Uno, Riccardo Realfonzo, rappresenta la Regione Campania. Bisogna sapere che il governatore De Luca non ha mai amato Lissner e in particolar modo la direttrice generale Emmanuela Spedaliere. La Regione, al San Carlo, destina circa 12 milioni anno, ma l’anno scorso già meno. De Luca, che in Italia ormai è un semipresidente del Consiglio, non vuole fare un favore alla destra. Manfredi gli spiega che Fuortes è il migliore. Fuortes si affida alla sapienza di Manfredi. A Pompei, raccontano che pure Riccardo Muti, che al Teatro di Roma, vite fa, non si era proprio lasciato benissimo con gli orchestrali (erano gli anni di Fuortes al comando) perori la causa di Fuortes con De Luca. A Napoli, invece, gli azzeccarbugli: “Servirebbe un bando, caro sindaco”. Il sindaco: “Non abbiamo tempo”. De Luca, alla fine, ordina: “Asteniamoci”. La nomina passa. Sipario alzato: “Io, Manfredi, in qualità di… propongo … Fuortes sovrintendente. Il dottore ha dato la sua disponibilità”. Oggi Sangiuliano bollina il decreto di nomina. Il primo settembre Fuortes si insedia. Ovviamente non parla “perché non sarebbe serio”. Percepirà la stessa cifra di ad Rai, 240 mila euro. Forse perfino qualche spicciolo in più. La critica lo acclama: ha piegato il governo Meloni, esiste una legge che porta il suo nome, si è fatto indicare dalla sinistra, ma con decreto di destra. Lo ringraziano tutti per aver accettato. Ha vinto. Non è lui che ha tradito qualcuno. E solo il resto del mondo che ha sposato un Don Giovanni.