L'editoriale dell'elefantino
Contro i piagnoni dell'ecoansia (ministro compreso)
Piange la ragazza al Festival di Giffoni, dice che la terra brucia e sente di non avere futuro. Piange anche Pichetto Fratin, anche lui ha paura per figli e nipoti. Ma figli e nipoti se la caveranno senza di noi, senza questo pettegolezzo climatico ossessivo
Al Festival di Giffoni, dedicato ai giovani, una bella ragazza con tono accorato e sincero si dice affetta da ecoansia, esordisce così, proprio così, con una dichiarazione di impronta giornalistica, poi piange al microfono, dice che la terra brucia, che la sua Sicilia brucia, che sente di non avere un futuro, che non vuole avere figli, che non sa niente del clima ma non capisce come si possa pensare a un orizzonte di dieci, quindici anni, e piange ancora, rivolta al ministro dell’energia Pichetto Fratin, alla platea commossa, e infine gli domanda se non abbia anche lui paura del futuro per i suoi figli e per i suoi nipoti. Il ministro che fa? Piange anche lui, parla del dubbio che sarebbe la sua forza, chissà, esita, gigioneggia, forse la ragazza ha ragione, s’intende a visionare il clip, anche lui ha paura per figli e nipoti, anche lui ha ecoansia, e s’interrompe, la voce si incrina, poi la recita collettiva, il coro tragico di Giffoni, finisce su un tono di demoniaca stupidità collettiva, di emozionalismo sensazionalista. Che vergogna, che profondissima vergogna.
Ci sarebbe da fare una class action contro l’Onu, l’ebollizione di quel Guterres, contro chi nasconde gli incendiari sotto lo scirocco, contro i giornali di merda, contro le tv di merda, contro un’atmosfera demenziale e criminale di incitazione alla paura, contro gli influencer dell’apocalisse, contro chi trasforma luglio nell’inferno dantesco, contro chi spande odio per l’umanità vera, quella che operosamente ci mantiene in vita con il lavoro, l’industria, l’impiego dell’energia, mentre professoroni e premi Nobel che dissentono vengono presi per mattocchi, e si fa l’elogio della “maestà del potere che ridenomina le cose”, le imbruttisce, le rende idolatricamente testimoni del fallimento del mondo, e intanto l’anticiclone africano se ne va, torna il sogno delle Azzorre, fa meno caldo, come sempre avviene e è avvenuto al passaggio dal solleone alla prima rottura dei tempi, l’uomo c’entra niente, meno di zero, è una canna che ha smesso di pensare (come direbbe un orripilato Pascal) e la CO2 che è in natura e sparacchia le sue cartucce climatiche come le pare diventa un mostro spielbergiano, un ritrovato commerciale green che mette ecoansia, cresce una generazione di frustrati del clima, si diffonde la nevrosi o sindrome di Greta Thunberg.
Ministro Fratin, ma non le è bastato il professor Crisanti con le sue perizie sulla strage di massa indotta dal governo a Bergamo? Che fa, si mette anche lei sulla scia dei guru del green washing, di quell’apparato tecnico-scientifico universale che è molto peggio del complesso militare-industriale? Alla ragazza doveva rispondere che comprendeva i suoi sentimenti, ma a ciglio asciutto, perché ci vedeva il riflesso di un idolo dei nostri tempi, l’opinione, la fuffa, la chiacchiera, e che forse avrebbe dovuto pensare alla storia, all’Ucraina, ai pericoli veri che corre l’Europa, doveva farsi un’iniezione di spirito cosacco, reggere botta come fanno gli eroi, dissipare la paura con uno sforzo di conoscenza, altro che questo insopportabile chiagni e fotti, e vai con le notizie crisantine sui morti di calore, sul pianeta che se ne va, sulla calotta polare che doveva già essere sciolta da anni secondo i profeti di sventura con le isobare in mano agitate come spade fiammeggianti.
Ci sono tante cose su cui piangere, compresi gli incendiari, e tanti fenomeni climatici allarmanti da arginare con la cura del territorio, il riparo di sempre dall’acqua e dai fenomeni elettrici, invece di piangere su un incubo collettivo, su un pensiero dominante obbligatorio, su una palese manifestazione di sostituzione stupida della menzogna alla realtà. Si tiri su, caro ministro. La sua colpa è inesistente. Se c’è, è la colpa di compiacere l’ecoansia per figli e nipoti che se la caveranno senza di noi, senza il pettegolezzo climatico ossessivo, senza Crisanti, senza incendiari annidati al limite dei boschi e delle redazioni di giornale.