L'editoriale dell'elefantino
La rivolta sociale che non c'è. Ecco perché non siamo la Francia
A differenza di Parigi, da noi i poveri restano a casa pure se gli tolgono il Reddito di cittadinanza. Zero proteste dopo la fine del sussidio
A parte le storie penose o atroci raccontate ai tg da persone colpite a tradimento dal taglio del Reddito di cittadinanza, vicende solitarie e liminari o familiari, tutte fonti di necessaria compassione in chi ascolta e vede; a parte rilievi di rigore di enti assistenziali e caritatevoli sui rischi di povertà di ritorno per un sussidio che viene di brutto a mancare in aree economicamente e socialmente depresse; a parte poche decine di manifestanti riuniti dall’ineffabile e battagliera schiera di Potere al popolo: a parte tutto questo non c’è aria di rivolta sociale dopo che molte decine di migliaia di famiglie, in specie a Napoli e nel centro-sud, sono state avvisate della fine draconiana del sussidio. Gira per l’aria una certa ansia, in particolare negli ambienti di governo, e i media in vario modo pucciano il biscotto nel dramma, ma il dramma non si manifesta come si sarebbe potuto pensare. Il primo appuntamento di protesta annunciato dalla Cgil è per ottobre, sa di mestieraccio, di atto dovuto prima della Finanziaria. Un po’ poco, un po’ tardi. L’estate militante del Pd e il descamisadismo con pochette di Conte e dei suoi non fanno notizia perché non prendono corpo nonostante l’occasione ghiotta. Che cosa voglia dire tutto questo non si capisce bene, e può essere che alla prima occasione utile le cose si rigirino nel senso della rivolta sociale, per adesso non è il caso.
Si parla delle pensioni, del fisco, dei salari della casta, delle diseguaglianze, di altri bonus in itinere, delle sorti tra magnifiche e periclitanti della produzione di ricchezza via pil, di tutto ma non dell’insurrezione di coscienze e corpi, famiglie e giovani, in nome del Reddito negato. La Francia prese fuoco per qualche centesimo di aumento ecoansiogeno della tassa sulla benzina, le periferie, il ceto medio lontano dall’affluente bonanza parigina, i barbari dei fuochi e dei presidi agli incroci stradali, con i loro gilet gialli, i loro Suv, i loro simboli di lotta e autoriconoscimento, espressero una protesta violenta che travolse il potere, occupò di sabato in sabato la capitale, e lo obbligò a varie retromarce e a pagare con il debito pubblico il debito sociale inevaso, e questo a colpi di cortei, cazzotti sul muso, bombe molotov, tecniche di guerriglia e di sopraffazione della polizia, a furia di incendi di municipi e stalking alle residenze dei parlamentari e dei ministri. Qui un pubblico popolare vasto e definanziato con un sms dopo la grande illusione grillina del 2018, dopo la campagna sulla dignità e l’assistenza pubblica universale e l’avvio atteso ma mancato al lavoro, dopo una presa in carico rivelatasi importante negli anni della pandemia, una roba che sembrava eternizzata come quasi tutto ciò che è a debito “buono” o cattivo in questo paese, bè, questo pubblico non si fa vedere, sembra che non ci sia, pratica una tollerante attesa, evita perfino di protestare in forme visibili e imbarazzanti per l’ordine pubblico, pure allertato e messo sull’avviso con parole allarmate dalle autorità. Eppure in Campania si videro all’opera i disoccupati organizzati, i forconi, in altri tempi la rivolta o la sua pantomima contro lo stato assente o che si assenta erano ordinaria pratica e straordinaria follia.
Forse, a parte casi specifici, il segreto dalla pace popolare nonostante tutto, e prescindiamo dal generale Agosto, è nella struttura e nella vera funzione sociale del Reddito di cittadinanza, che evidentemente era o è, per come fu concepito dai grillini e per quel che ne resta, l’integratore benvenuto e mal gestito di una economia familiare e in nero, un collante ambiguo e percepito come strutturalmente temporaneo nella foresta assistenziale, e nessuno credette all’annuncio dal balcone, la fine della povertà, prima di tutto i poveri.