Niente deep state, meglio il segreto
La norma non ferma i dossieraggi, ogni complotto ha il suo contro. La cattiva aria di Perugia e i limiti della trasparenza democratica
Tira un’arietta malsana intorno all’inchiesta di Perugia sui presunti dossieraggi del deep state a carico di figure pubbliche di spicco, avviata dalla denuncia di Guido Crosetto, ministro della Difesa, dopo un articolo di giornale (Domani) che spiattellava i suoi redditi legittimi ma fino ad allora riservati in un contesto di possibile intorbidamento della formazione del nuovo governo. Da noi ogniqualvolta si allude a un complotto, un complotto o controcomplotto è in corso. La faccenda della P2 dovrebbe averci insegnato che il segreto massonico, per riprovevole che sia, è sempre meglio della trasparenza democratica intesa come un assoluto. Si fanno più pasticci, manovre politiche e carriere dubbie nella lotta per la trasparenza che nel segreto della loggia. Infatti il fascismo bandì logge e partiti, che spesso si intersecavano nello stato liberale, e predicò una trasparenza morale che non esisteva, era opaca. Detta questa enormità e verità, anche in memoria del grande Francesco Cossiga, nostro dimenticato eroe scespiriano, ecco perché nella faccenda non si vede il chiaro che si vorrebbe, e il solito Pasquale, in questo caso il tenente Striano Pasquale, trasferito all’Aquila in fretta e furia, potrebbe essere la pedina incolpevole di un gioco più grande di lui, di chi scrive e di chi legge.
La questione è semplice. Attraverso norme e procedure abbiamo segretato e per così dire militarizzato gli apparati di indagine fiscale. Abbiamo esteso l’uso delle intercettazioni e dei famosi trojan oltre la misura del possibile. Perfino un giornalista abituato a spacciare le balle dei falsi o menzogneri pentiti e collaboratori di giustizia, come il giovane Ciancimino e un certo Avola, ora si lamenta del trojan in nome del diritto di espressione e della libertà di stampa, ora che la sua pubblicistica è messa in discussione dal giro dei suoi amici magistrati e giornalisti, alcuni dei quali siedono in Parlamento, altri cantano nei matrimoni (copyright Giuseppe Sottile). Pare che il capo della Direzione antimafia dal maggio del 2022, Giovanni Melillo successore di Federico Cafiero De Raho, improvvisatosi grillino nel frattempo, si sia accorto che nei traffici riservati tra Bankitalia e apparati di indagine, nella gestione delle segnalazioni speciali antiriciclaggio, ci fossero eccessivi margini di discrezionalità nelle ricerche, che si prestavano al famoso dossieraggio, e abbia posto riparo instaurando protocolli meno inadeguati. Potrebbe in teoria dirci di che cosa si era accorto precisamente, e magari chiamare in causa il venerato predecessore, ma per ragioni istituzionali non lo farà. Fossi un qualunque tenente Pasquale, gli chiederei conto, ma sapendo che non avrei soddisfazione.
La politica, dice un confidente e molto democratico Luigi Manconi, il sociologo Manconi, deve superare un complesso di inferiorità verso gli apparati, riprendersi la sua autonomia e imporre la necessaria trasparenza. Buoni propositi, ma è la politica che ha reso possibile l’estendersi di un segreto utile come la trasparenza opaca, ed è in nome del moralismo fiscale che certe libertà e disinvolture giustizialiste nella battaglia contro il possibile criminale che è in noi, in ogni nostra dichiarazione e movimentazione bancaria, si sono introdotte nei protocolli ante-Melillo. Intanto che la politica si riprende la sua superiorità, si spera evitando che il Copasir faccia ulteriore confusione, e lasci lavorare il procuratore di Perugia senza interferenze e chiasso, si potrebbe dare il via alla riforma Nordio, finora solo predicata. I segreti non sono popolari, sebbene senza una certa dose di segreti la vita sia impossibile per chiunque. Quello bancario è la bestia nera della gente perbene, e si capisce. Quello investigativo è la balla che tutti sanno, e da lì arrivano i dossieraggi potenziali. Noi stiamo ancora a discutere, mentre avanza la chiacchiera postpiduista di sempre, dell’abuso d’ufficio. Il deep state non esiste, ma è un incubo utile per complottisti e anticomplottisti, che sono in genere la stessa pasta d’uomo.