"Meloni, la grillina. Su giustizia, banche e salario minimo fa tre regali a Conte". La versione di Renzi
"Giorgia ha fatto vivere un grande compleanno al leader del M5s", dice l'ex premier. "La verità è che è populista dentro, e non può andare troppo a lungo contro la sua natura. E con la tassa sugli extraprofitti degli istituti di credito mette a rischio il suo rapporto coi mercati alla vigilia di un autunno turbolento"
Sarà come dice lui, che cioè “alla propria natura non si può sfuggire, troppo a lungo”? A rose is a rose is a rose, dunque: che stia qui, nel celebre verso di Gertrude Stein, la spiegazione di questa recrudescenza di demagogia meloniana? “C’è che la premier è populista. Populista dentro”. Matteo Renzi ne è convinto. E a sentirsi chiedere un giudizio sulle norme licenziate lunedì dal Cdm, il leader di Italia viva risponde illuminando una ricorrenza: “Alla vigilia del compleanno di Conte”, che cadeva ieri, “Giorgia ha deciso di fare tre regali a Giuseppi: su salario minimo, tasse alla banche e intercettazioni”. Ma c’è anche altro da segnare sul calendario. E qui si scherza meno: “Perché alla vigilia di un autunno turbolento, con la norma insensata sugli extraprofitti bancari la premier si gioca la benevolenza dei mercati”.
E forse è anche per questo, allora, che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, s’è guardato bene dal metterci la faccia, su quel provvedimento. Per Renzi, che s’è ritagliato mezz’ora di tempo dalla sua vacanza dolomitica per commentare le ultime notizie di politica coi suoi parlamentari, questo passaggio rischia di essere un punto di svolta, e di rottura, da non sottovalutare. “Perché finora, con le sue scelte prudenti in materia di bilancio, Meloni s’era saputa guadagnare un’apertura di credito da parte degli analisti finanziari”. E ora? “E ora, per inseguire l’agenda del populismo, forse per non concedere spazio di manovra su quel terreno a Matteo Salvini, compie una scelta che rimette in discussione questo rapporto”. Piazza Affari, a modo suo, ha dato del resto il suo responso. Tutti i titoli bancari giù del 6, dell’8, del 10 per cento. E questo per un provvedimento che, se davvero gli annunci di Salvini vanno presi per buoni, ma chissà, darà forse 3 miliardi di gettito ulteriore, una tantum. Bell’affare.
Ma non c’è solo questo nel “regalo di compleanno di Meloni a Conte”. Secondo Renzi “c’è anche il salario minimo”. Deputati e senatori di Iv lo avevano contattato proprio per questo, anzi: per sapere cosa ne sarebbe stato dell’invito che la premier aveva rivolto a tutte le forze d’opposizione per discutere del tema. Appuntamento fissato per venerdì alle 17. Ma Renzi non ci sarà. “Ho spiegato a Giorgia che non vado, perché la ritengo un’idea sbagliata, specie per come è stata definita”. Non c’entra granché, dice l’ex premier, con quello “che anche alcuni di noi avevano prospettato”. Troppo alto il rischio di compromettere la contrattazione collettiva, sbagliato, “anzi sbagliatissimo”, il ricorso a fondi pubblici per aiutare le imprese ad alzare i salari. “Non a caso è una proposta che ha, come prima firma, quella di Giuseppe Conte. Mostrandosi pronta a discuterla, Meloni la legittima, e legittima il ruolo di Giuseppi”.
Il quale, dal canto suo, non può che gradire. “E ci mancherebbe: è normale che rivendichi il risultato, trascinandosi dietro anche il Pd” prosegue Renzi. “Il leader del M5s non avrebbe potuto sperare in un compleanno migliore. Anche perché, oltre a queste due sciocchezze, Meloni gli ha riservato un terzo regalo”. E qui il riferimento è alla norma sulle intercettazioni presentata da Carlo Nordio. “Una misura sciagurata”, sentenzia Renzi, che pure per il Guardasigilli nutre stima sincera e che però, dovendo giudicare il provvedimento, rimanda al tweet – “sintesi perfetta” – del calendiano Enrico Costa. Eccolo: “Nel decreto di ieri firmato Nordio, ma scritto dai magistrati, sono state ampliate le possibilità di fare intercettazioni telefoniche, ambientali, compresi i trojan. Hanno reso la norma applicabile anche ai procedimenti in corso per sanare le intercettazioni inutilizzabili”. La chiosa di Renzi è lapidaria: “E’ evidente, dalla nomina di Bonafede in poi, che sulla giustizia l’agenda sovranista e quella grillina coincidono terribilmente”.