(foto Ansa)

ed io tra voi

“I soldi non dipendono da me”. Gli imbarazzi di Figliuolo nella baruffa tra Meloni e Bonaccini

Valerio Valentini

La premier Meloni a tutti i sindaci romagnoli che si lamentano per la mancanza di fondi dice: "Parlatene con il commissario". Ma il generale si difende: serve prima un piano articolato

Gli amici, per sdrammatizzare un po’, gli hanno mostrato anche i meme che lo vorrebbero altrimenti “commissario”: “Al posto di Mancini, come ct della Nazionale, il generale Figliuolo”. E lui ne ha riso. Sobriamente, s’intende, come si conviene. E sempre sobriamente, però, ha condiviso un certo malessere per ritrovarsi esattamente dove temeva di finire: preso nel mezzo, in una baruffa tutta politica tra Giorgia Meloni e Stefano Bonaccini.

E’ un po’ come l’eroe triste della canzone di Aznavour. Io, l’alpino con la penna sul cappello, tra di voi. Solo che qui non c’è nessun terzo incomodo a osservare l’intesa tra la sua lei e l’altro. Semmai c’è il soldato tutto d’un pezzo che un po’ prova a stiepidire la tensione, un po’ si barcamena come può per non lasciarsi travolgere dalla baruffa di mezza estate tra la premier e il presidente emiliano. “Ed io, tra di voi, capisco che ormai, la fine di tutto è qui”? Forse non necessariamente la cosa va messa in termini così tragici. 

 

Certo è che, come spiega Massimo Isola, sindaco di quella Faenza travagliata dall’alluvione di maggio, “a questo gioco di Meloni per cui tutte le complicazioni vanno scaricate su di lui, su Figliuolo, non ci stiamo”. Non ci sta neppure Bonaccini, evidentemente. Che tra le molte “strambe” ragioni addotte dalla premier per giustificare quelle che il presidente del Pd ritiene “inadempienze del governo”, ha trovato “strambissima” quella per cui la capa di FdI confuta la tesi dei mancati contributi agli amministratori e alle comunità locali dicendo che “abbiamo già stanziato 4,5 miliardi”, per cui, insomma, di che lamentarsi? “Come se stanziare, di per sé, equivalga a spendere”, sorride amaro Bonaccini. “Da quando con gli stanziamenti si riparano i canali e si ricostruiscono le case?”. Né può tranquillizzare il governatore, e qui si arriva agli imbarazzi di Figliuolo, il fatto che proprio all’alpino di Potenza Meloni abbia rimbalzato le lagnanze dei sindaci romagnoli.  Come a dire: “Vedetevela con lui”. Se non fosse che con lui Bonaccini aveva già sollevato quei problemi, ed era fine luglio, per sentirsi rispondere che “in quanto commissario, io ho funzioni operative, non di spesa”. Insomma, non dipende da Figliuolo, e questo è pur vero, la  scelta sulle poste di bilancio. 

 

Da lui dipende, invece, il trovare ora una soluzione, un equilibrio su cui, per quanto precario, la complicata opera di ricostruzione possa camminare. E certo l’aver convocato una riunione operativa per il 24 agosto, a vacanze smaltite, non è stata una mossa apprezzata dai sindaci. “Dieci giorni? Un’enormità”. Dallo staff del generale, certo, fanno notare che “è inutile fare incontri se prima non si appronta un piano articolato”, e per quello ci vuole tempo. Ma è inevitabile che lassù, in Romagna, sbuffino che “di tempo ce ne vorrebbe meno se avessimo un commissario a tempo pieno”. E questo no, Figliuolo non può esserlo, costretto com’è in un doppio ruolo che farebbe vacillare anche i più solidi. Responsabile supremo della ricostruzione e capo del Covi, il Comando interforze che dirige e coordina tutte le operazioni militari, in Italia e all’estero. Quando Meloni lo scelse, i malumori dalle parti delle alte gerarchie della Difesa – condivise in parte anche dal ministro Guido Crosetto – furono dissimulate a stento. E forse anche perché dietro quel suo atto di abnegazione assoluta – “Sissignora, obbedisco!” – ci fu chi vide la mossa ambiziosa di un generale che, dopo la campagna vaccinale con Draghi, puntava a dare un’ennesima dimostrazione di affidabilità che gli possa valere, al prossimo giro di nomine, l’apoteosi verso il vertice dell’Esercito o, perché no, la promozione a Capo di stato maggiore della Difesa.

Prima, però, c’è l’Emilia: un campo di battaglia da cui difficilmente, in tempo brevi, Figliuolo potrà tornare col dispaccio di “missione compiuta”. E questo in una situazione normale. Figurarsi con la zuffa politica che si preannuncia. 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.