L'intervista

De Maria: “Dalla Gpa ai migranti, non ci appiattiamo su Schlein”. Così Bonaccini scuote il Pd

Gianluca De Rosa

"Dopo le primarie la gestione unitaria è stata la scelta giusta, lo chiedeva la nostra gente. Ma non rinunceremo al nostro punto di vista", ci dice il deputato dem

“Il tema dell’immigrazione e dei rapporti con i paesi dall’altro lato del Mediterraneo c’è tutto ed è giusto provare a fare qualcosa: con il nord Africa dovremmo costruire insieme un rapporto economico di crescita”. Andrea De Maria, deputato del Pd, portavoce della mozione di Stefano Bonaccini durante l’ultimo congresso, smentisce l’idea che il partito abbia abbandonato l’idea di lavorare lì da dove i migranti partono. Insomma, De Maria, sta aprendo al piano Mattei di Giorgia Meloni? “Macché”, si schermisce l’ex sindaco di Marzabotto. “Come ha detto anche Bonaccini l’altro giorno, dall’accoglienza alla gestione dei flussi il governo ha fallito, d’altronde  Meloni voleva fare i blocchi navali e ora ha una posizione più realista, ma non è credibile”. E voi del Pd però che cosa pensate? Rispetto ai tempi di Minniti le cose sembrano cambiate, non è più necessario, con accordi con i paesi africani, tentare di regolare il numero degli sbarchi clandestini? “Avere buone relazioni bilaterali con quei paesi è importantissimo, e non solo per le migrazioni, ma quando si fanno accordi è necessario fare qualcosa di più ambizioso, chiedendo anche il rispetto dei diritti umani”.

De Maria alcune settimane fa era a Cesena dove è stata battezzata “Energia popolare”, il nuovo correntone del governatore emiliano che cercherà di unire tutte le anime del partito che lo hanno sostenuto al congresso. “Intorno a Stefano – dice – è nata una nuova area politica larga e aperta che consente di superare la vecchia organizzazione correntizia e che contribuirà a costruire la proposta del nuovo Pd”.  
“Non ci sarà un appiattimento su Schlein”, assicura De Maria. “Ci sarà una dialettica, ma sempre costruttiva, fatta di idee e proposte, non di veti pregiudiziali. Per questo ho sempre sostenuto la scelta della gestione unitaria del partito, è il modo giusto di rispondere a quello che ci chiede la nostra gente, ma questo non significa rinunciare al nostro punto di vista: quello di una sinistra di governo, capace anche di sollecitare su alcuni temi”.


C’è chi lamenta, almeno finora, una certa mollezza: la dialettica è stata sacrificata sull’altare della gestione unitaria? “L’obiettivo  è quello di riuscire fare sintesi tra idee diverse che a volte ci sono in un grande partito”. Eppure le divisioni non mancano. Sulla gestazione per altri per trovare una linea comune sono state necessarie diverse riunioni. “E’ un tema delicato, la segretaria ha una posizione personale diversa da quella che alla fine abbiamo convenuto: siamo contrari alla folle proposta della destra di farne un reato universale, ma vogliamo che in Italia rimanga non consentita”. Anche sul termovalorizzatore voluto a Roma dal sindaco Roberto Gualtieri ci sono divergenze. Alla responsabile Ambiente della segreteria, Annalisa Corrado, non piace. “Vero – ammette De Maria – ma la segreteria non si è opposta,  penso Gualtieri abbia fatto benissimo e stia facendo il bene di Roma”.


 Intanto sembra si parli solo  del salario minimo: il Pd si è adagiato su una battaglia  grillina? “No”, dice De Maria “è una proposta scritta molto bene. Altrettanta forza però adesso va messa sulla sanità, con una proposta di legge per vincolare il 7,5 per cento del Pil al finanziamento del fondo sanitario nazionale, oggi  è la prima vera frontiera della giustizia sociale”. C’è poi il tema del terzo mandato, la legge lo vieta per sindaci e governatori. I retroscena parlano di un fronte trasversale – da Luca Zaia a Vincenzo De Luca – che vorrebbe eliminare il limite. “Personalmente – dice De Maria – sono favorevole a cancellarlo, ma va inserito in una riforma istituzionale più complessiva”. A proposito di riforme, un pezzo di Pd   era favorevole all’autonomia differenziata, adesso contrastare la riforma è una priorità, cos’è successo? “Se si ragiona prima sui livelli essenziali di prestazione noi ci siamo, ma la bozza Calderoli non prevede questo”. Rinunciate quindi alle riforme istituzionali? “Tutt’altro:   sono una storica battaglia del Pd, ma serve fare un ragionamento complessivo come accadde ai tempi della riforma Renzi, mentre il governo dà la sensazione di usare l’argomento per offrire a ciascun partito la propria bandierina”.

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