Il commento
La tassa sugli extraprofitti è controproducente. I riformisti non cedano al populismo
L'imposta straordinaria voluta dal governo colpirà sopratutto le piccole banche dei territori. Le forze progressiste evitino di accodarsi per facili consensi. Ci scrive il deputato del Pd
“In questi giorni mi sono posto la domanda riguardo cosa ci avrebbe detto Beniamino Andreatta rispetto alla decisione del Governo di tassare i profitti delle banche. L’uomo del divorzio tra Bankitalia e Tesoro, ne sono certo, sarebbe stato un feroce critico del provvedimento preso dal Governo e della condotta pavida del suo successore. E avrebbe posto dei paletti riguardo a chi, pur non facendo parte della maggioranza, de facto considera giusto quel provvedimento in quanto “equo”. La prima domanda che ci dobbiamo porre è: quale è la soglia di profitto giusto? È un punto che vale per le banche come per qualsiasi settore economico. Energia in primis. Possiamo pensare che la decisione spetti al Governo? No. È più corretto chiedersi se quegli extra profitti sono stati realizzati in un regime di autentico mercato oppure no. L’imposta straordinaria voluta da Meloni e Salvini colpisce il margine d’interesse escludendo perciò le commissioni, i dividendi ed i proventi finanziari. L’effetto paradossale e folle è quello di colpire le banche che svolgono principalmente attività di concessione del credito, quelle che sostengono maggiormente il sistema economico delle imprese e delle famiglie. Come le banche di credito cooperativo che da questa decisione presa alla chetichella escono doppiamente mazziate. Siamo ben lontani dai tempi della Lega attenta alle banche dei territori (probabilmente ha influito la tragica vicenda di Crediteuronord, la loro banca). Perché le BCC doppiamente colpite? è presto detto: nel primo caso con il conteggio dell’extra profitto sul margine di intermediazione perché riduce le risorse a disposizione delle attività mutualistiche e cooperative che trovano la loro collocazione nel Conto Economico tra i costi sotto il margine di intermediazione e che caratterizzano le banche di credito cooperative rispetto ad una banca ordinaria. la seconda perché, per i limiti alla distribuzione dei dividendi, il maggior onere della nuova tassa non pesa sugli azionisti (attraverso minori dividendi) ma sulla patrimonializzazione delle BCC.
Prendendo poi come riferimento l’anno 2021 come anno “ottimo” il Governo fa finta di dimenticarsi che quelli erano anni anomali con i tassi di interesse sotto lo zero.
Siamo quindi di fronte a un provvedimento semplicemente demagogico e controproducente che ha minato fortemente la credibilità internazionale dell’Italia, paese ad elevato debito pubblico. Provvedimento che, da autentici riformisti, dobbiamo dire con forza e coraggio che non avremmo mai attuato. Certamente non in questo modo così picaresco.
Da riformisti dobbiamo evitare i facili richiami che ci vengono da un populismo che anima alcune forze del c.d. “Campo largo”. Da uomini e donne che hanno governato questo Paese pagando prezzi altissimi in termini di consenso non può mai venire meno un preciso e forte richiamo alla serietà che la cosa pubblica richiede evitando facili scorciatoie volte a un consenso populista tutto da dimostrare. La lezione, la coerenza di Andreatta ci vengono una volta di piu in aiuto in queste occasioni.
On Gian Antonio Girelli (Pd)
Deputato alla Camera