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il piano

La revisione del Pnrr rischia di pesare sui conti o di ritardare alcune opere

Marco Leonardi

La soluzione è andare avanti con il piano e finanziare con altre fonti i progetti in ritardo. D'ora in poi le scuse per il governo sono finite

La revisione del Pnrr ha un grosso pregio: che perlomeno il governo non ha più scuse, il nuovo Piano è del nuovo esecutivo e non si possono più dare colpe a quelli precedenti. E neanche dire che la Commissione Ue mette degli ostacoli che prima non metteva perché, non solo si è finalmente fatta la proposta di revisione di tutto il Piano, ma si è preteso anche di cambiare 10 obiettivi su 27 della quarta rata poco prima di richiederne il pagamento. La sensazione è che fino alle elezioni europee siano tutti interessati, inclusa la Commissione, che tutto vada bene per il Piano italiano, altro che ostacoli aggiuntivi.  

Non è ancora detto che la Commissione accetterà tutte le revisioni, né della quarta rata né della revisione complessiva. Il regolamento dice che i cambiamenti sono possibili solo se l’obiettivo è oggettivamente irraggiungibile. I comuni, che sono i destinatari della maggior parte dei tagli (13 miliardi su 16), non pare siano d’accordo che tutti quegli obiettivi siano effettivamente irraggiungibili. Quei soldi per i comuni (13 miliardi) andranno trovati altrove, perché è impensabile non finanziare progetti che in molti casi sono già iniziati. Qui si pone una contraddizione per chi ha sostenuto che il Pnrr originario aveva chiesto e ottenuto troppi finanziamenti: che questa nuova versione del “Piano Meloni” allarga il perimetro del Pnrr e richiede l’emissione di più debito, non meno (e a tassi che non sono quelli di favore delle emissioni di Eurobond). 

 

Se si finanziano le opere sulla programmazione del Fondo sociale di sviluppo e coesione (Fsc) 2021-2027, che dopo un anno ha trovato la luce, quello è debito pubblico italiano. Si dirà che quelle spese erano comunque nel tendenziale dei conti pubblici, ma i fondi ordinari si spendono al 30 per cento mentre i fondi Pnrr si dovrebbero spendere quasi al 100 per cento e con tempi molto più veloci. La revisione del Piano comporta o maggior debito o, peggio, il fatto che le opere dei comuni siano parcheggiate con i tempi dei fondi ordinari e si facciano con estrema lentezza o forse mai. Se si rinuncia alla disciplina dei tempi e delle procedure del Pnrr, la capacità di spesa dei comuni italiani non migliorerà mai perché il Fsc non ha tempi di realizzazione vincolanti: i comuni ottengono il rimborso quando e se si spende, quindi forse mai. Tra l’altro non è detto che le regioni, cui toccano gran parte dei fondi Fsc (32 miliardi per ora), siano d’accordo a mettere la pezza sul buco lasciato da Fitto. Le regioni si sono sempre lamentate di non essere abbastanza coinvolte nel Pnrr e ora dovrebbero coprire il buco, si veda la Puglia che dovrebbe pagare la decarbonizzazione dell’Ilva con il suo Fsc invece che con il Pnrr.

 

Quale era l’alternativa? Una revisione andava fatta, come in tutti i paesi, ma la via principale prevista dai regolamenti Pnrr è che gli obiettivi che non si raggiungono per meno di uno scostamento accettabile del 5 per cento sono soggetti a un taglio forfettario della rata. Il forfeit si calcola come valore unitario di ogni investimento: il valore unitario dei progetti finanziati a fondo perduto (grant) è pari a circa 237 milioni di euro (68,9 miliardi diviso 291 investimenti), mentre quello relativo ai progetti finanziati con prestiti (loan) è pari a 519 milioni di euro (122,6 miliardi diviso 236 investimenti).  Ma questi sono valori massimi che si riducono per gli investimenti più piccoli come quelli dei comuni e per il parziale raggiungimento del progetto. Alla fine non sarebbero tagli esagerati.

Una implicazione è che la mancata piena attuazione di un investimento non determina necessariamente la perdita del suo corrispettivo valore economico. In alcuni casi potresti avvantaggiarti dal punto di vista finanziario se decidi di rinunciare a parte di un investimento oppure di finanziarlo con altri fondi ma solo limitatamente a quella (piccola) parte del progetto che non sei riuscito a portare a termine con il Pnrr. Accettare limitati tagli alle rate e andare avanti spediti è una soluzione più lineare dell’azzardata proposta di revisione del governo che tagliando i fondi ai comuni finanzia i sussidi per le bollette che normalmente dovrebbe coprire con la legge di bilancio. Tra l’altro il ritardo sulle rate Pnrr rischia di creare problemi alla finanza pubblica a corto di entrate. Bisogna invece andare avanti con il Piano e finanziare con altre fonti complementari quelle parti dei singoli progetti che non si riescono a fare in tempo. Ma bisogna finanziarle ex post, dopo aver esperito ogni tentativo, compreso quello di utilizzare il vincolo temporale del Pnrr per migliorare le procedure di spesa per investimenti dei comuni.  

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